Dall’Oil&Gas alla geotermia: il know how BHGE al servizio della sostenibilità

Per la multinazionale radicata in Toscana è possibile mutuare le innovazioni derivate dalle esperienza nel settore degli idrocarburi «adattandole alle specificità dell’ambito geotermico»

[6 Febbraio 2018]

Baker Hughes, a GE company (BHGE), è una multinazionale sbocciata dalla recente fusione tra Baker Hughes e il business Oil & Gas di General Electric, che in Italia opera principalmente attraverso il Nuovo Pignone di Firenze – e non solo nel sopracitato settore  Oil & Gas. Intervenendo sulle pagine di Rienergia il senior sales operations manager di BHGE, Massimo Stolzuoli, non a caso descrive «quanto importante e delicato sia il nesso tra energia e clima» soffermandosi in particolare sul ruolo della geotermia.

«Tra le rinnovabili, la sorgente geotermica – osserva Stolzuoli – ha degli indubbi vantaggi: permette sviluppi di impianti di media taglia minimizzando la superficie occupata e quindi non necessita delle grandi estensioni che sono invece tipiche, ad esempio, di impianti fotovoltaici della medesima potenzialità; fornisce energia elettrica in modo programmabile non essendo dipendente da variabili atmosferiche molto volatili (a differenza di fonti primarie come il solare e l’eolico). Guardando in particolare all’Italia, la geotermia si conferma sicuramente un settore strategico per i nostri territori: importante sia per i risultati raggiunti finora, sia per le prospettive future affrontando la sfida tecnologica dello sviluppo di impianti geotermoelettrici sempre più sostenibili e compatibili con l’ambiente».

Su questa frontiera si muovono ad esempio gli impianti geotermici basati sul Ciclo Rankine Organico, che Stolzuoli descrive come «un particolare ciclo termodinamico chiuso che si avvale di un fluido di lavoro basso-bollente che evapora in pressione anche con sorgenti calde inferiori a 200°C»; si tratta in definitiva di un «ciclo “chiuso”, che non genera emissioni gassose nell’atmosfera, in cui il fluido geotermico è completamente re-iniettato nel giacimento. Garantisce, infine, un minimale impatto visivo e acustico». Soluzioni che BHGE osserva molto da vicino.

Pur non essendo quello geotermico il core business di Baker Hughes, infatti, per BHGE è comunque possibile operare in tale ambito «mutuando le innovazioni derivate dalle esperienza in oil & gas e adattandole alle specificità anche dell’ambito geotermico» nei vari ambiti della filiera produttiva.

«Si parte dallo studio del sottosuolo – snocciola Stolzuoli – per andare a progettare ed ottimizzare perforazioni altamente produttive avendo sviluppato serie di scalpelli come le serie KymeraTM o VangardTM adatti alle alte temperature tipiche dei giacimenti geotermici, oppure l’impiego di motori di fondo pozzo e sistemi di perforazione direzionale come Auto-TrackTM Xtreme. Di particolare importanza sono poi i sistemi di monitoraggio della perforazione (LWD e MWD) dove l’elettronica è stata progettata per resistere ad ambienti particolarmente sfidanti o le pompe sommerse ESP della serie CENetic che garantiscono alta affidabilità ed efficienza. Per quanto riguarda l’impianto di produzione elettrica, BHGE può mettere a disposizione turbine a vapore efficienti e affidabili e compatibili con i fluidi più aggressivi, nonché macchine ad espansione per cicli Rankine Organici. Altra componente critica sono i compressori per l’estrazione dei gas incondensabili o per la loro reimmissione nel giacimento. BHGE è infatti leader mondiale per macchine per la compressione e reiniezione adatte ad alte pressioni, alte temperature e fluidi corrosivi».

È puntando alle migliori tecnologie disponibili sul mercato, declinate in base alle caratteristiche (e dunque alle esigenze) dei singoli territori e delle specifiche risorse geotermiche da coltivare, che lo sviluppo sostenibile in ambito geotermico potrà progredire ancora. «Ad oggi – argomenta infatti Stolzuoli – la geotermia copre poco più dell’1% della produzione di fonti rinnovabili a livello mondiale ma ha un enorme potenziale ed è un tassello fondamentale in un equilibrato sviluppo del mix energetico nel nostro Paese. È questa una eccellente opportunità per sviluppare un modello di compatibilità ambientale e, al contempo, per creare redditività e ricadute economiche sul territorio, valorizzando anche la filiera della tecnologia italiana». Una «opportunità» che vede la Toscana posizionarsi in prima fila.