C’è ancora speranza, possiamo ancora saldare il nostro debito col pianeta prima del 2050
Dal sovrasfruttamento alla guerra in Ucraina: il cibo al centro del nostro deficit ecologico
Oggi cade l’Earth overshoot day: per i prossimi 156 giorni metteremo in atto un furto di risorse intergenerazionale
[28 Luglio 2022]
Quest’anno stiamo rubando 156 giorni alle generazioni future. Oggi, 28 luglio, è l’Earth overshoot day: l’umanità ha ormai esaurito tutte le risorse biologiche che il pianeta rigenererà nel 2022. Da domani fino alla fine dell’anno vivremo in deficit ecologico, esaurendo le risorse eccedenti quelle che sono state rigenerate.
In altre parole, quest’anno abbiamo utilizzato il 75% in più di risorse di quelle che gli ecosistemi del nostro mondo possono rigenerare, l’equivalente di “1,75 Terre”. Il superamento è avvenuto in modo costante dagli anni ’70, con la data che è arrivata sempre prima, facendo crescere un enorme debito ecologico.
La nostra incapacità di vivere nei limiti del nostro unico pianeta è al centro delle sfide più scottanti dell’umanità. La persistenza del sovrasfruttamento, ormai da oltre mezzo secolo, ha portato a un enorme declino della biodiversità, a un eccesso di gas serra nell’atmosfera e ad eventi meteorologici estremi tra cui ondate di calore, siccità, incendi boschivi e inondazioni. Il sovrasfruttamento comporta anche un accresciuta competizione per il cibo e l’energia, che viene messa a nudo e peggiorata dalla guerra in Ucraina, causando instabilità e inflazione in tutto il mondo.
Tutti questi sintomi del vivere in deficit ecologico colpiscono più duramente i più vulnerabili, aggravando la disuguaglianza che divide le nostre società e lasciando indietro milioni di persone. I nostri figli e nipoti dovranno affrontare queste crisi ambientali e sociali e tutte le sofferenze che ne derivano. Partecipare a un deficit ecologico sostenuto nel tempo è quindi di fatto un furto intergenerazionale.
La crescente crisi della sicurezza alimentare ne è un drammatico esempio. Già prima dell’attacco all’Ucraina, il nostro sistema alimentare globale veniva spinto al collasso da pratiche eccessive, miopi e distruttive.
Il Global footprint network ha dimostrato che 3 miliardi di persone vivono ad oggi in Paesi che consumano più cibo di quello che possono produrre, e generano un reddito inferiore alla media mondiale. Nonostante la fame e la malnutrizione diffuse in tutto il mondo, i sistemi con cui produciamo, trasportiamo e consumiamo cibo sono afflitti da rifiuti e pratiche agricole dannose che riducono la nostra capacità di crescere e produrre, che accelerano il riscaldamento globale e che alimentano l’insicurezza e l’instabilità alimentare intorno al globo. Il nostro sistema alimentare sta rendendo il futuro dei nostri figli più pericoloso e insicuro.
Ma c’è speranza. Nulla del deficit ecologico è inevitabile. Il nostro pianeta può sostenerci a lungo termine, se viviamo entro i suoi confini ecologici. Se, ad esempio, riducessimo della metà gli sprechi alimentari, attraverso una combinazione di azioni di azioni da parte di governi, famiglie e industrie, sposteremmo indietro la data dell’Earth overshoot day di 13 giorni. La data potrebbe essere anticipata di altri due giorni se aumentassimo l’uso della intercoltura, dove gli alberi vengono coltivati insieme ad altre colture, migliorando la qualità del suolo e riducendo le emissioni di carbonio. Anche filiere più corte e locali sono utili a questo scopo.
Tali risparmi possono essere raggiunti attraverso i modi in cui alimentiamo il nostro mondo, costruiamo le nostre città e interagiamo con la natura. Molte soluzioni sonogià a nostra disposizione e altre ne seguiranno. Possiamo porre fine al sovrasfruttamento progettando le nostre società, se davvero lo vogliamo.
Fondamentale per questo è un cambiamento di mentalità. Per troppo tempo, anche i governi e le imprese più attenti all’ambiente hanno lavorato, con buone intenzioni, secondo la convinzione che sarebbe stato possibile risolvere i nostri problemi planetari attraverso politiche “meno dannose”. Ma non funziona così; la conseguenza non intenzionale è quella di abbassare le ambizioni e lasciare che i leader politici ed economici restino al di fuori dalla velocità e portata del cambiamento veramente necessarie.
Al contrario, abbiamo bisogno di approcci audaci che ci portino fuori dal deficit ecologico e in surplus ecologico rinnovando, reintegrando e rigenerando le nostre risorse naturali e il nostro mondo. In altre parole, azioni “net positive” in cui aziende e governi traggono vantaggio dando più di quanto prendono.
Ad esempio, l’Europa sta gradualmente eliminando le vendite di automobili con motori a combustione. Microsoft si è impegnata a rimuovere dall’atmosfera tutto il carbonio che l’azienda ha emesso da quando l’azienda è stata fondata nel 1975. Walmart mira a proteggere o ripristinare almeno 20 milioni di ettari di terra e circa 2,5 milioni di km2 di oceano entro i prossimi sette anni e mezzo. Danone si è impegnata a reperire il 100% degli ingredienti prodotti in Francia da agricoltura rigenerativa entro il 2025.
Queste entità stanno implementando un approccio lungimirante all’interesse personale, in un mondo caratterizzato dalla scarsità di risorse e dal cambiamento climatico. Altri hanno bisogno di recuperare il ritardo se sono interessati al proprio successo a lungo termine.
Se l’umanità riuscirà a posticipare la data dell’Earth overshoot day di 6 giorni all’anno, saremo fuori dal sovrasfruttamento prima del 2050. Accelereremo il nostro grande furto di risorse o abbracceremo un nuovo percorso basato sulla rigenerazione e sul vivere all’interno del budget ecologico del pianeta in cui viviamo? La scelta è nostra.
di Paul Polman* e Mathis Wackernagel**
*ex-amministratore delegato di Unilever
**fondatore del Global footprint network