Il 72% è favorevole alla realizzazione di impianti sul territorio provinciale

Da Belluno segnali positivi contro la sindrome Nimby che blocca le rinnovabili

«Dati che impongono di andare oltre una visione ideologica, troppo spesso utilizzata da gruppi minoritari che non rispecchiano le convinzioni della grande maggioranza della popolazione»

[14 Maggio 2021]

Le sindromi Nimby (non nel mio cortile) e soprattutto Nimto (non nel mio mandato elettorale) rappresentano uno dei principali ostacoli all’installazione di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile (e non solo).

L’ultimo censimento condotto sui fenomeni Nimby a livello nazionale parla di 317 opere di interesse pubblico bloccate lungo lo Stivale, e il  comparto industriale più contestato è proprio quello energetico (57,4%) con le opposizioni orientate in maniera preponderante verso gli impianti da fonti rinnovabili (55 quelli contestati, il 73,3% sul totale del comparto).

Contestazioni che è probabile aumenteranno ancora nei prossimi anni, dato che gli impegni contro la crisi climatica in corso necessitano di molti nuovi impianti sui territori; riflettendo sugli ostacoli allo sviluppo sostenibile del Paese, non a caso il presidente di Legambiente ha recentemente sottolineato la necessità di «fare in modo che con le migliaia di nuovi cantieri non si inauguri una stagione di guerre civili per le contestazioni sul territorio».

Una missione possibile, almeno a vedere dagli ultimi dati presentati nel corso del webinar Le energie rinnovabili nella provincia di Belluno, organizzato da Confindustria Dolomiti Belluno con la partnership di Elettricità futura e di Unimont, l’Università della montagna.

All’interno di un territorio che ha acquisito dolorosamente consapevolezza della crisi climatica con la tempesta Vaia, un campione rappresentativo dei cittadini è stato intervistato da Quorum YouTrend e offerto risposte incoraggianti.

Il 95% dei bellunesi ritiene che “un territorio dovrebbe puntare sulle sue risorse migliori per produrre la propria energia elettrica”. Tra le fonti più sostenibili, i bellunesi indicano il sole (72%), l’acqua (58%) e l’aria (44%), mentre tra le più dannose sono indicate il carbone (80%), il petrolio (65%), il gas naturale (16%). Solo una piccolissima minoranza (2%) considera acqua, sole e aria come fonte di energia dannosa per l’ambiente.

Purtroppo, in pochi continuano invece a considerare sostenibili altre importanti fonti rinnovabili come geotermia (10%) e biomasse (12%), basandosi in larga maggioranza 49%) sulle informazioni raccolte da giornali e internet, rendendo evidente problemi di comunicazione in merito alle fonti rinnovabili meno conosciute.

Ciò non toglie che, complessivamente, i dati raccolti restino incoraggianti. Dal sondaggio emerge infatti che il 72% dei bellunesi è favorevole alla realizzazione di impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile in provincia. Il 61% degli intervistati si è dichiarato favorevole all’installazione di impianti ad acqua fluente e il 58 per cento promuove l’idea di autorizzazioni straordinarie per sbloccare gli iter di autorizzazione ancora pendenti di tali impianti. Tra questi ultimi in molti evidenziano l’assenza di decisionismo da parte dei politici locali ed eccessivi ritardi burocratici.  Solo due bellunesi su dieci si dichiarano contrari o “poco favorevoli” a questo genere di impianti sul territorio.

«Sono dati significativi che impongono di andare oltre una visione ideologica, troppo spesso utilizzata artatamente da gruppi minoritari che, per l’appunto, non rispecchiano le convinzioni della grande maggioranza della popolazione che su questi temi – come evidenzia la ricerca – hanno maturato una visione compiuta e realistica, che nella maggioranza dei casi va anche oltre il famoso effetto Nimby», commenta Mauro Bez, presidente della sezione Territorio, ambiente ed energia di Confindustria Belluno Dolomiti.

«A parole siamo tutti favorevoli alla transizione ecologica, nei fatti però ci si oppone se gli impianti vengono realizzati vicino la nostra città – aggiunge amaro il presidente di Elettricità futura, Agostino Re Rebaudengo – Dovrebbe essere al contrario in quanto le rinnovabili generano profondi benefici per il territorio. Raggiungere il target di decarbonizzazione (riduzione del 55% delle emissioni di CO2 al 2030) permetterà infatti al nostro Paese di risparmiare almeno 50 milioni di tonnellate di CO2 nel 2030, produrre 90.000 nuovi posti di lavoro e 100 miliardi di euro di investimenti. Le Regioni e gli enti locali avranno un ruolo centrale per la realizzazione dei nuovi impianti rinnovabili. Per questo è essenziale la ricerca presentata oggi volta ad approfondire le opinioni della comunità sui temi strategici per lo sviluppo green».