Situazione paradossale: aumenta il consumo globale di contenuti culturali, ma per i creativi è sempre più difficile lavorare

Cultura, Unesco: migliorare la protezione sociale ed economica per i creativi

Crollo senza precedenti di reddito e occupazione nel settore culturale

[9 Febbraio 2022]

Secondo l’Unesco, la pandemia di Covid-19  ha dimostrato «Il valore intrinseco del settore culturale e creativo in termini di coesione sociale e la sua capacità di generare risorse educative, benessere personale e crescita economica in tempi di crisi. Tuttavia, questa crisi globale ha anche messo in luce le sfide significative da affrontare per garantire la conservazione della diversità delle espressioni culturali in tutto il mondo, in conformità con la Convenzione dell’UNESCO del 2005 sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali».

E il nuovo rapporto “Re|Shaping Policies for Creativity” dell’Unesco  dimostra invece che «Gli aiuti allo sviluppo dedicati alla cultura e al tempo libero sono in calo» e che, «Nonostante il continuo aumento del flusso di beni e servizi culturali a livello mondiale, sono stati compiuti pochissimi progressi per ridurre le forti disparità tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo. Persistono disuguaglianze molto forti anche all’interno dei settori culturali e creativi, in particolare quelli affrontati da molte donne».

Quindi, nonostante il mondo sia sempre più virtualmente connesso. i singoli individui entrano sempre meno in contatto con la diversità delle espressioni culturali nel mondo e l’Unesco evidenzia che questo avviene «In un momento in cui è chiaro che la diversità è un elemento strutturante per la coesione sociale e la pace tra i popoli. Questa situazione limita la capacità del settore culturale, che rappresenta il 3,1% del PIL mondiale e il 6,2% dell’occupazione mondiale, di stimolare una crescita economica sostenibile nei Paesi in via di sviluppo».

L’Unesco stima che nel 2020 la sola pandemia abbia causato la perdita di 10 milioni di posti di lavoro nelle industrie creative e che il valore aggiunto lordo globale nelle industrie culturali e creative sia diminuito di 750 miliardi di dollari. Nei Paesi con dati disponibili, i ricavi delle industrie culturali e creative sono diminuiti del 20 – 40%.

Ma il rapporto fa notare anche che «Negli anni precedenti la pandemia di Covid-19, il calo della spesa pubblica globale per le industrie creative ha causato un crollo senza precedenti del reddito e dell’occupazione in questo settore. Le già precarie condizioni di lavoro di molti artisti e professionisti della cultura si sono ulteriormente deteriorate. La copertura previdenziale per gli artisti era già insufficiente in molti paesi, ma la pandemia ha davvero rivelato la vulnerabilità dei lavoratori nei settori culturale e creativo».

I lockdown del Covid-19  hanno fatto emergere un paradosso fondamentale: «E’ aumentato il consumo globale di contenuti culturali da parte delle persone e la loro dipendenza da essi, mentre allo stesso tempo coloro che producono arte e cultura trovano sempre più difficile lavorare».

Ernesto Ottone R. vicedirettore generale per la cultura dell’Unesco. Aggiunge: «Dobbiamo ripensare a come costruire un ambiente di lavoro sostenibile e inclusivo per i professionisti della cultura e delle arti che svolgono un ruolo vitale nella società, in tutto il mondo».

Il rapporto invita i governi a «Fornire agli artisti e ai professionisti della cultura una protezione economica e sociale simile a quella già goduta da persone che lavorano in molti altri settori» e, ad esempio, propone di prendere in considerazione «L’introduzione di un salario minimo nel lavoro culturale, nonché migliori regimi pensionistici e indennità di malattia per i lavoratori autonom»i.

Pur riconoscendo che il passaggio accelerato di contenuti culturali e spettacoli alle piattaforme digitali offre nuove opportunità, il rapporto sottolinea l’urgente necessità di «Progettare sistemi di remunerazione più equi per gli artisti il ​​cui contenuto viene consumato online. Le entrate digitali non compensano il forte calo delle entrate causato dall’assenza di eventi dal vivo».