Nel frattempo le installazioni di nuovi impianti avanzano col contagocce

Crescita record per le rinnovabili italiane, ma solo in Borsa

Marangoni (Althesys): «Sulla scia degli obiettivi climatici nella Ue e delle opportunità del Recovery fund, non sorprende che la finanza guardi a questo settore»

[10 Settembre 2021]

Per la prima volta dal lancio nel 2008, l’Irex index ha superato quota 21mila punti mettendo a segno un nuovo record storico per le rinnovabili in Borsa.

Elaborato da Althesys, l’indice segue la performance delle small-mid cap pure renewable quotate su Borsa Italiana e costituisce pertanto il benchmark di riferimento per tracciare le performance finanziaria del comparto energie rinnovabili in Italia: in tutto comprende 14 titoli, con una capitalizzazione di 3.690 milioni di euro.

Più nel dettaglio, l’Irex index si è mantenuto nettamente in rialzo per tutta la prima metà dell’anno, in un rally che lo ha portato a crescere del 12,8% da gennaio ad oggi. In luglio e agosto la crescita è stata del 24%, staccando nettamente sia il Ftse All Share, che nello stesso periodo è cresciuto poco più del 4%, sia il Ftse Italia Energia dedicato al segmento Oil&Gas, che ha invece guadagnato appena l’1%.

«Sta crescendo l’interesse degli investitori per i titoli delle energie rinnovabili e della smart energy – commenta Alessandro Marangoni, economista di Althesys – Già nel 2020 l’indice Irex ha registrato una crescita del 62,2%, overperforming rispetto sia all’Ftse All Share sia all’Ftse Oil&Gas. Nonostante la difficile situazione congiunturale, le società dell’Irexc nel 2020 hanno continuato ad investire, come mostrano i dati del nostro Annual report: 20 operazioni per circa 480 MW nel 2020. Oggi, sulla scia degli obiettivi climatici nella Ue e delle opportunità del capitolo green del Recovery fund, non sorprende che la finanza guardi a questo settore, dove eolico e fotovoltaico sono ormai maturi e profittevoli, mentre nuove tecnologie come batterie, mobilità e idrogeno offrono grandi prospettive di sviluppo».

Ma non è tutto oro quel che luccica. Le rinnovabili hanno dimostrato di essere capaci di realizzare importanti flussi di cassa nel medio periodo e gli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione contenuti nel Pnrr lasciano presagire un mercato in grande espansione per le aziende del settore, ma di fatto le installazioni di impianti industriali necessari per catturare le energie rinnovabili presenti in Italia stanno stentando non poco. Neanche gli incentivi bastano più per superare le sindromi Nimby & Nimto che, insieme a una burocrazia asfissiante, bloccano le installazioni di rinnovabili.

Lo schema d’incentivazione varato col decreto Fer 1 nel 2019 aveva previsto incentivi per l’installazione di 4GW l’anno (circa la metà di quanto sarebbe ora necessario per raggiungere gli obiettivi al 2030) ma coi primi 5 bandi (sui 7 totali previsti dal decreto) solo il 29% della nuova potenza incentivabile è stata effettivamente allocata: si tratta di appena 1,7 GW, di cui 600 MW nei registri (cioè per impianti inferiori ad 1 MW). Di fatto tra il 2021 e il 2030 sono necessari almeno 7,5 GW/anno di rinnovabili per raggiungere gli obiettivi Ue, ma ora arriviamo a malapena a 0,8 GW/anno, con un ritardo medio delle procedure autorizzative in Italia pari a circa sei anni rispetto al limite di due anni stabilito dall’Europa.

Finora gli interventi legislativi messi in campo dal Governo per superare l’empasse, come il decreto Semplificazioni, non hanno dato i risultati sperati. Ma la speranza è l’ultima a morire.

«Dopo il via libera del Consiglio dei ministri, il 5 agosto scorso, allo schema di decreto che si occupa, tra l’altro, di potenziare i regimi di sostegno alle energie rinnovabili, il Governo – commentano da Althesys – punta ora ad adottare, entro sei mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, nuovi decreti di incentivazione con registri e aste su base quinquennale per impianti di grossa e piccola taglia e incentivi diretti all’energia autoconsumata come comunità energetiche e di autoconsumo collettivo. Tuttavia, visto che l’ultimo bando dell’attuale decreto ministeriale chiuderà ad ottobre, si prospetta un nuovo rallentamento dei cantieri. Per superare poi le numerose opposizioni provenienti dalle comunità locali, il decreto accentra a livello statale la competenza per regolamentare le aree idonee e non idonee con la ripartizione della potenza installata fra Regioni e Province autonome, stabilendo che in tali aree il parere paesaggistico, pur obbligatorio, non è vincolante e tutti i termini del procedimento sono ridotti di un terzo».