Il coronavirus non è affatto una livella

Covid-19 e disuguaglianze. Bankitalia: riduzione redditi «due volte più ampia» per i più poveri

Visco: «Finita la pandemia avremo livelli di debito pubblico e privato molto più alti e un aumento delle disuguaglianze, non solo di natura economica»

[29 Maggio 2020]

Durante la presentazione della Relazione annuale sul 2019 di Bankitalia, il governatore Visco si sofferma sugli effetti della crisi economica dovuta alla pandemia in corso: la perdita di Pil che l’Italia subirà quest’anno oscilla tra il -9 e il -13%, una recessione profonda i cui impatti però non saranno distribuiti uniformemente sulla popolazione. Nel mare d’incertezza in cui siamo immersi «una cosa è sicura – osserva Visco – finita la pandemia avremo livelli di debito pubblico e privato molto più alti e un aumento delle disuguaglianze, non solo di natura economica».

I primi segnali nell’aumento delle disuguaglianze sono già visibili per quanto riguarda la distribuzione dei redditi, che nel primo trimestre 2020 si sono ridotti in modo sensibile. «La diminuzione – spiega la Relazione di Bankitalia – dovrebbe essere stata rilevante per i lavoratori dipendenti e ancora più marcata per gli autonomi, anche se con forti differenze che riflettono la diversa incidenza dei provvedimenti restrittivi sulle attività. In generale, gli autonomi sono più concentrati nei settori interessati dai provvedimenti di sospensione adottati in marzo e che potrebbero risentire di una persistente debolezza della domanda nei mesi futuri. La quota di occupati in settori oggetto di restrizioni, o impegnati in mansioni che possono meno facilmente essere svolte a distanza, sarebbe stata maggiore per i nuclei familiari con i livelli più bassi di reddito equivalente da lavoro».

Come risultato delle tendenze in atto c’è un aumento delle disuguaglianze che colpisce i più poveri: «Nel complesso, per le famiglie che prima dell’emergenza sanitaria erano nel quinto più basso della distribuzione, la riduzione del reddito sarebbe stata due volte più ampia di quella subita dalle famiglie appartenenti al quinto più elevato».

Più nel dettaglio, nel primo trimestre del 2020 la disuguaglianza della distribuzione del reddito netto equivalente da lavoro, misurata dall’indice di Gini per i nuclei con capofamiglia di età inferiore ai 64 anni e in cui non si percepiscono redditi da pensione (il 58% del totale) sarebbe «aumentata di circa due punti percentuali al 37%, toccando il valore massimo dal 2009, anno di inizio della serie storica utilizzata».

Su questo scenario catastrofico è intervenuto un ampliamento degli ammortizzatori sociali, perpetrato in primis attraverso i cosiddetti decreti Cura Italia e Rilancio.

Il primo ha esteso gli strumenti di integrazione salariale in costanza di rapporto di lavoro alla quasi totalità dei lavoratori dipendenti del settore privato (i beneficiari potenziali sono passati da circa 11 a 13,5 milioni); ha inoltre introdotto un bonus temporaneo di 600 euro netti, assegnato ai lavoratori stagionali del turismo e, a prescindere dalla sospensione o riduzione dell’attività, ai dipendenti a tempo determinato dell’agricoltura e ai lavoratori autonomi e parasubordinati. Il Dl Rilancio un poi varato un ulteriore strumento temporaneo di sostegno (Reddito di emergenza) destinato alle famiglie in condizioni di disagio non beneficiarie di altri sussidi; in aprile un milione di nuclei ha ricevuto il Reddito o la Pensione di cittadinanza, per un importo medio pari a 540 euro.

Ma tutto questo non basta. Secondo le valutazioni di Bankitalia gli ammortizzatori «dovrebbero essere in grado di ridurre in misura rilevante l’incremento della disuguaglianza nella distribuzione dei redditi da lavoro dovuto all’emergenza sanitaria: l’indice di Gini, calcolato considerando anche i trasferimenti, scenderebbe al 35% nell’ipotesi che tutti i potenziali beneficiari degli ammortizzatori ne abbiano effettivamente usufruito. Nel medio termine sussiste però il rischio che l’emergenza Covid-19 accentui le disuguaglianze, sia per la maggiore presenza di lavoratori a basso reddito nei settori con più elevato rischio di contagio e con minore possibilità di lavoro a distanza, sia perché gli ammortizzatori sociali offrono un sostegno di natura temporanea, a fronte di ripercussioni potenzialmente durature sulla capacità reddituale dei lavoratori più coinvolti».

Ecco dunque emergere la necessità di irrobustire ulteriormente gli strumenti di welfare e al contempo di introdurre misure di sviluppo sostenibile – a partire dalle risorse che l’Ue sta predisponendo – che possano creare lavoro e assicura una più equa ripartizione delle risorse tra i cittadini. «Sarà essenziale – chiosa Visco – mettere bene a frutto le risorse mobilitate per superare le difficoltà più gravi, predisporre, da subito, le condizioni per il recupero di quanto si è perso, usare bene il progresso tecnologico per tornare a uno sviluppo più equilibrato e sostenibile, che generi occupazione e consenta anche di ridurre, con la necessaria gradualità ma senza timori, il peso del debito pubblico sull’economia».

L. A.