Anev: «Accanimento incomprensibile»

Contro la crisi energetica del gas il Governo ha deciso di colpire le rinnovabili

Coordinamento Free: «Si tratta di una scelta precisa, penalizzare le rinnovabili per favorire le fossili»

[24 Gennaio 2022]

L’impennata nel costo delle bollette che stanno subendo famiglie e imprese italiane è legata a doppio filo con il prezzo del gas (cresciuto del 723% rispetto a fine 2019), eppure il Governo ha deciso di lenirlo colpendo le rinnovabili: ovvero il principale strumento a disposizione, oltre alla leva dell’efficienza energetica, per risolvere il problema in modo strutturale.

Il decreto Sostegni ter approvato dall’ultimo Consiglio dei ministri individua infatti altri 1,7 mld di euro circa per calmierare le bollette nel primo trimestre 2022, mettendo in campo tre interventi principali ed altri accessori.

Guardando agli interventi principali, sono annullate le aliquote relative agli oneri generali di sistema applicate alle utenze con potenza disponibile pari o superiore a 16,5 Kw; alle imprese energivore che hanno subito un incremento del costo per KWh superiore al 30% rispetto al primo trimestre 2019 viene riconosciuto un credito di imposta, pari al 20% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed utilizzata nel primo trimestre 2022; infine, si colpiscono gli eventuali extraprofitti maturati dai produttori di energia rinnovabile.

Come spiegano dal Governo, a partire «dal 1° febbraio 2022 e fino al 31 dicembre 2022, sull’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW che beneficiano di tariffe fisse derivanti dal meccanismo del Conto energia, non dipendenti dai prezzi di mercato, nonché sull’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonte idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica che non accedono a meccanismi di incentivazione tariffaria per differenza, è applicato un meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell’energia affidato al Gse, il Gestore dei servizi energetici».

Si tratta di una misura che è destinata a raccogliere un quantitativo modesto di risorse, dato che la larga parte dell’energia rinnovabile viene venduta con contratti a lungo termine – dunque quella attesa nel trimestre in corso è già stata venduta a prezzi più bassi rispetto a quelli corrente –, ma in compenso si presta a ricorsi e soprattutto dà un segnale politico potente: «Colpire le rinnovabili», dichiara il Coordinamento Free.

«Prima di tutto – argomenta il Coordinamento – le risorse arrivano esclusivamente dalle aste dell’Emissions trading che dovrebbero servire per la transizione ambientale e con le quali, invece, si fa cassa senza alcun criterio “ambientale”. È una scelta di campo precisa, penalizzare le rinnovabili per favorire le fossili. Non si fa menzione nel decreto, infatti, né degli extra profitti dei produttori di energia elettrica che utilizzano il gas per i quali,  avendo contratti di approvvigionamento a lungo termine tuttora in vigore, nei qual esistono precisi criteri di indicizzazione, è possibile calcolare con precisione l’extraprofitto, né dei produttori di gas che sono i veri beneficiari di questa esplosone del prezzo di mercato».

Sulla stessa linea l’Associazione nazionale energia del vento (Anev) che parla di una beffa che si aggiunge al danno: «All’incomprensibile accanimento contro le fonti pulite proposto, si aggiunga che la causa dell’elevato costo dell’energia elettrica è l’aumento del gas, e che proprio chi produce energia elettrica con tale fonte inquinante non verrà colpito dall’intervento».

Il contentino ambientalista arriva invece con gli interventi accessori (visti gli importi), che dovrebbero prevedere da una parte il completamento della commissione via Pniec-Pnrr per provare ad accelerare l’iter autorizzativo dei nuovi impianti rinnovabili, e dall’altra una limatura ai sussidi ambientalmente dannosi (Sad) pari 105,86 mln di euro annui; peccato che queste sovvenzioni pesino ogni anno sulle casse pubbliche per importi ben più ingenti, ovvero i 19,7 mld di euro annui censiti dal Governo stesso (che peraltro ha fermato la pubblicazione di nuove analisi ai dati 2018, nonostante l’art. 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221 preveda un aggiornamento a cadenza annuale).