Morassut: «Per spendere in modo efficace le risorse del Recovery plan occorrerà una governance trasparente»

Come migliorare e rendere più verde il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)

Ronchi: «Ci sarebbero almeno tre possibilità» per aumentare le risorse destinate alla green economy

[19 Gennaio 2021]

La proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è stata approvata la scorsa settimana dal Governo, ma è ancora molto lontana dalla propria forma definitiva: la proposta è attesa al confronto parlamentare e con le parti sociali, e ieri dall’Eurogruppo è già arrivato un primo monito da parte del commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni.

«Il piano italiano di Recovery – ha dichiarato l’ex premier – è ampiamente convergente con i nostri obiettivi e politiche generali, ma come molti altri deve essere discusso e rafforzato dal punto di vista delle riforme, delle raccomandazioni Ue, dei dettagli sul calendario e degli obiettivi che vogliamo raggiungere. Abbiamo una base molto buona ma dobbiamo lavorare per rafforzarla».

Uno dei punti focali del Pnrr è rappresentato dalla missione “rivoluzione verde e transizione ecologica”, che assomma risorse per 68,9 miliardi di euro. Si tratta della più corposa tra le 6 missioni in cui si articola il Pnrr, ma anche su questo fronte ci sarebbe molto da migliorare: ad esempio in merito agli investimenti nel comparto idrico, quello delle fonti rinnovabili e sulla gestione dei rifiuti importanti stakeholder di settore sono già intervenuti per spiegare quello che ancora non va.

Ci sono criticità sia per quanto riguarda il pur importante quantitativo di risorse stanziate per la green economy, sia – forse soprattutto – sugli strumenti per la messa a terra effettiva degli investimenti.

Per quanto riguarda l’ammontare delle risorse, come osserva Edo Ronchi «per “la rivoluzione verde e la transizione ecologica, il Piano stanzia circa 69 miliardi, dei quali però solo 36 sono per nuovi progetti. Circa 31 miliardi di Next Generation EU sono, infatti, destinati a sostituire finanziamenti già stanziati per progetti già in essere (per arrivare al totale sono conteggiati anche altri finanziamenti europei già stanziati). In sostanza  per nuovi progetti, per tutte le numerose e impegnative tematiche della transizione ecologica, dei fondi nuovi di Next Generation sarebbero disponibili solo 6 miliardi l’anno, in media, fino al 2026 […] Ma la carenza maggiore per l’effettiva priorità del Green deal in questo Piano si riscontra nella ripartizione delle risorse per finanziare nuovi interventi».

Ad esempio, per l’ex ministro dell’Ambiente – oggi alla guida della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – con le misure finanziate da questo Pnrr «si resta molto lontani» dalle misure necessarie per  arrivare alla riduzione del 55% delle emissioni climalteranti al 2030, come stabilito dall’Ue; anche per l’economia circolare «gli stanziamenti previsti da questo Piano (250 milioni l’anno  per la realizzazione di nuovi impianti e l’ammodernamento degli impianti  esistenti di riciclo e altri 330 milioni l’anno per la transizione all’economia circolare) sono largamente inadeguati».

Che fare dunque? Per Ronchi «ci sarebbero almeno tre possibilità: distribuire fra tutte e 6 le missioni in modo più equo i 66 miliardi di finanziamento dei progetti in essere, concentrati per ben 31 nelle misure della transizione ecologica, lasciando così più risorse di Next Generation EU disponibili per nuovi progetti di questa missione; ridurre la gamma degli interventi per concentrare maggiori risorse sulle priorità del Green Deal; usare una parte del prestito del Mes per coprire almeno una parte dei 18 miliardi previsti per la salute e liberare così parte delle risorse di Next Generation EU per altre destinazioni».

Ma le criticità, come già accennato, non riguardano solo le risorse individuate ma forse soprattutto la capacità di spenderle e bene. Sul tema si è soffermato ieri, sempre a margine dell’Eurogruppo, proprio il direttore generale del Mes Klaus Regling, riaffermando che solo un «giusto equilibrio tra riforme e investimenti e un uso corretto del Recovery può garantire che la spesa pubblica porti crescita».

Una consapevolezza che non sembra estranea all’esecutivo, come mostra oggi la posizione esplicitata dal sottosegretario all’Ambiente Roberto Morassut nel corso del tavolo “I pagamenti ecosistemici per la valorizzazione del capitale naturale. Verso le linee guida”, organizzato dall’associazione Transizione ecologica solidale (Tes): «Per spendere in modo efficace le risorse del Recovery plan occorrerà una governance trasparente che metta allo stesso tempo alla prova il sistema, le amministrazioni centrali e locali, le normative, tutti punti deboli, compresa la progettazione». Un problema arcinoto per il nostro Paese, ma adesso per risolverlo è necessario passare dalla teoria alla pratica, e alla svelta anche.