Nel 2050 numerosi ghiacciai sotto i 3.000 metri saranno estinti

Cnr, sulle Alpi la crisi climatica corre più veloce tra il bosco e i ghiacciai

L'ambiente periglaciale è più sensibile al riscaldamento globale, con impatti ecologici, turistici e sull’idroelettrico

[23 Dicembre 2021]

Lo studio Evolution of temperature indices in the periglacial environment of the European Alps in the period 1990-2019, appena pubblicato da ricercatori dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irpi) sul Journal of Mountain Science, mostra che l’ambiente periglaciale alpino è particolarmente sensibile alla crisi climatica in corso.

«L’ambiente periglaciale alpino, nel trentennio 1990-2019 ha fatto osservare tassi di riscaldamento di 0,4 °C, 0,6 °C e 0,8 °C ogni dieci anni, rispettivamente per le temperature medie, massime e minime annuali – spiega Guido Nigrelli del Cnr-Irpi – Questi tassi di riscaldamento sono superiori a quelli osservati nello stesso periodo per le temperature medie sull’intera area alpina (0,3 °C ogni dieci anni) e a livello globale (0,2 °C ogni dieci anni)».

L’ambiente periglaciale alpino è dunque sensibile al riscaldamento climatico, così come importante dal punto di vista energetico, ecologico e turistico: «Molte centrali idroelettriche hanno i loro invasi artificiali di raccolta delle acque meteoriche e di fusione dei ghiacciai e delle nevi, localizzati proprio nelle aree periglaciali alpine”, prosegue il ricercatore del Cnr-Irpi. “Inoltre questo ambiente, in conseguenza dell’aumento della temperatura dell’aria e della conseguente contrazione dei ghiacciai e della degradazione del permafrost, è sempre più interessato da processi di instabilità naturale che coinvolgono i versanti rocciosi, mettendo a rischio vie alpinistiche attrezzate e sentieri di alta quota con ricadute anche sul turismo, una delle principali risorse economiche delle popolazioni montane».

In futuro molti ghiacciai potrebbero scomparire: «Nel 2050, sulle Alpi, numerosi ghiacciai sotto i 3.000 metri saranno estinti, lasciando il posto a zone periglaciali. In questo contesto potrebbero trovare spazio ulteriori infrastrutture e attività antropiche, alterando ulteriormente il già delicato equilibrio fra uomo e natura. Per adattarsi a questi cambiamenti e proporre forme di gestione del territorio più rispettose e sostenibili è indispensabile operare delle scelte basate su dati climatici ed ecologici aggiornati, come questo lavoro propone, per tutti gli ambienti di alta quota del mondo che stanno subendo cambiamenti simili».