Cnapi, la Regione dice no allo smaltimento di rifiuti nucleari in Toscana

«La realizzazione di un sito del genere è palesemente in contrasto con la vocazione agricola, turistica della Val d’Orcia e della Maremma». Ma non si avanzano proposte alternative, col rischio di avere il Deposito appena al di là del confine (e nessun vantaggio)

[7 Luglio 2021]

La Regione Toscana ha formalizzato la propria «contrarietà allo smaltimento di rifiuti nucleari in Toscana, in particolare in Val d’Orcia e in Maremma», ovvero le uniche due aree individuate come potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, secondo la Carta (Cnapi) pubblicata a inizio anno dalla Sogin con il benestare dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico.

Le osservazioni sono state inviate congiuntamente da Regione Toscana e dai Comuni di Trequanda, Pienza e Campagnatico, ovvero quelli direttamente interessati dalla Cnapi. «Capisco l’esigenza strategica del Governo di individuare un unico sito nazionale per lo smaltimento di materiale radioattivo, evitando così la programmazione di micro impianti dislocati su tutto il territorio nazionale, ma il nostro no – dichiara l’assessora all’ambiente Monia Monni – è il frutto dell’ascolto attento dei territori e di solide motivazioni tecniche che abbiamo puntualmente rappresentato. Sono certa che il Governo capirà  la nostra posizione».

Tra le osservazioni messe in fila dalla Regione si segnala che l’area individuata nei Comuni di Pienza/Trequanda costeggia il parco della Val’d’Orcia patrimonio dell’Unesco, mentre quella di Campagnatico si trova a 8 km dal Parco regionale della Maremma. Secondo la Regione inoltre i due siti individuati non distano sufficientemente dai centri abitati, né possiedono infrastrutture adatte al trasporto di rifiuti nucleari. Soprattutto «la realizzazione di un sito del genere – argomenta la Regione – è palesemente in contrasto con la vocazione agricola, turistica della Val d’Orcia e della Maremma».

Un no corale e a tutto tondo dunque, che segue formalmente alle posizioni già espresse dalle istituzioni locali subito dopo la pubblicazione della Cnapi. Resta un problema: il Deposito unico serve e dovrà essere realizzato in tempi stretti.

Al suo interno si gestiranno 78mila mc di rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese, provenienti non solo dallo smantellamento delle centrali ancora presenti benché inattive (50mila mc) ma anche quelli in arrivo ogni giorno dagli impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina (ad esempio in caso di sostanze radioattive usate per la diagnosi clinica o per le terapie anti tumorali) e dell’industria. Ovvero da comparti che coinvolgono tutti i cittadini, compresi quelli di Val d’Orcia e in Maremma.

La ritrosia a localizzare il Deposito nell’area di Campagnatico e soprattutto in quella di Pienza-Trequanda – patrimonio Unesco – è largamente comprensibile, ma oltre a dire no sarebbe necessario argomentare anche una posizione costruttiva, accompagnata da un adeguato coinvolgimento della cittadinanza.

«Il deposito non sarà un impianto pericoloso, lo sono invece gli attuali siti di stoccaggio presenti in tutta Italia», spiega da tempo Legambiente nazionale. Inoltre «il Deposito nazionale porta posti di lavoro e soprattutto maggiore sicurezza», argomenta il presidente della Commissione ecomafie Stefano Vignaroli.

Opporsi semplicemente alla realizzazione del Deposito potrebbe quindi portare a conseguenze assai spiacevoli: nel caso toscano, ad esempio, basta affacciarsi al di là del confine sud per averne un’idea.

Se infatti in Toscana ci sono solo due aree potenzialmente idonee individuate nella Cnapi, nel Lazio sono molte di più e molto vicine. Su 22 aree ricadenti nella provincia di Viterbo, 16 si trovano infatti lungo il confine toscano. Se in una di queste venisse realizzato il Deposito, i relativi investimenti economici (la Commissione ecomafie stima 900 mln di euro) e le ricadute occupazionali (4.000 posti di lavoro per la costruzione e 1.000 per la gestione) sarebbero concentrati sul territorio ospitante, mentre alla Toscana resterebbe solo un vicino ingombrante a “minacciare” turismo e agricoltura di qualità. Ne vale la pena?

L. A.