Clima, le decisioni Ue sul pacchetto “Fit for 55” sono «necessarie e inevitabili»

Coordinamento Free: «Stupiscono i primi commenti critici avanzati dal nostro Paese sulla risposta europea ai cambiamenti climatici»

[19 Luglio 2021]

Nell’ultimo anno, in media, in Europa le energie rinnovabili hanno coperto circa il 40% dei consumi elettrici, il 20% di quelli termici, il 10% di quelli nei trasporti. Siamo all’apice di un percorso che ha portato le emissioni di gas serra a ridursi del 24% dal 1990 (mentre in Italia sono calate solo del 19,4%), ma che impallidisce in confronto a ciò che resta da fare per lottare contro il clima che cambia.

L’obiettivo a lungo termine è l’azzeramento delle emissioni nette al 2050 – in modo da contenere il surriscaldamento globale entro i +2°C rispetto all’era preindustriale –, e per farlo la Commissione Ue ha fissato un obiettivo intermedio al 2030: -55% rispetto al 1990. Un obiettivo insufficiente secondo gli ambientalisti, ma che invece sembra far tremare i polsi al Governo italiano.

Tanto che il nuovo Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) in fase di elaborazione punta a target inferiore (-51% sul 1990), mentre il ministro Cingolani pare guardare più alle difficoltà che alle opportunità legate alla riconversione dell’automotive italiano all’elettrico. Eppure se la nostra industria perderà (anche) il treno della riconversione ecologica, l’Italia sembra destinata ad avvitarsi sempre più in una spirale depressiva sotto il profilo socioeconomico ancor prima che ambientale.

«Stupiscono i primi commenti critici avanzati dal nostro Paese sulla risposta europea ai cambiamenti climatici, in linea con le decisioni del Governo sulle semplificazioni, che pure dice cose importanti, come dimostrano i pareri contrari che in queste ore hanno bocciato i tentativi di parlamentari, di diversi gruppi, di rendere efficace il relativo decreto», commentano nel merito dal Coordinamento Free, ovvero la più grande associazione italiana nel campo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica del nostro Paese.

Secondo il presidente del Coordinamento, Livio de Santoli, la strada per traguardare gli obiettivi del Fit for 55 europeo sarà «ancora lunga in termini di negoziati con gli Stati membri, che non sono tutti allineati sulle proposte avanzate, cosa che è indice della necessità di approfondimenti negoziali. Anche se sulla quota di rinnovabili, aumento al 40%, ed efficienza energetica, aumento al 36% in termini di consumi finali, si poteva osare di più, il Coordinamento Free esprime soddisfazione per una presa di posizione chiara che fotografa una situazione ambientale non più accettabile. Sulla tassazione delle fossili, l’allargamento ai settori del trasporto su strada e del riscaldamento residenziale del meccanismo Ets e l’introduzione di una border tax sulla CO2, il Carbon border adjustment mechanism (Cbam), le scelte sono l’inevitabile conseguenza di voler completare il processo di decarbonizzazione entro il 2050».

Al tal proposito l’introduzione del Cbam appare come fondamentale per difendere le industrie europee dalla concorrenza di Paesi dotati di normative ambientali meno ambiziose di quella europea. «Proteggere il proprio mercato e non vanificare la lotta al cambiamento climatico attraverso il Cbam risulta decisivo, anche se occorrerà valutare con attenzione le emissioni di CO2 dei beni importati, soprattutto per i prodotti molto energivori, per evitare sanzioni da parte della Wto, ed evitare uno scontro commerciale con i Paesi che ne sarebbero maggiormente penalizzati (Cina, USA, ma anche paesi produttori di idrocarburi). Se non passa il Cbam, l’inevitabile carbon leakage travolgerà tutto. Va migliorato, perché diventi più praticabile, ma l’Ue deve avviare subito una trattativa seria mostrando su questo tema fermezza e concretezza», concludono dal Coordinamento Free.