Cingolani vuole risolvere la crisi energetica del gas con più gas

Greenpeace, Legambiente e Wwf: «Senza senso e logica. Per intervenire sulle bollette dei nuclei familiari sono due le strade da seguire»

[23 Dicembre 2021]

A fronte di una crisi energetica legata prevalentemente all’impennata dei prezzi del gas naturale, il ministro della Transizione ecologica cosa consiglia? Di legare il Paese ancora di più al gas, che soddisfa già il 40% di tutta la nostra domanda di energia e che importiamo per il 95% circa.

«Abbiamo deciso che era meglio comprare gas all’estero invece di utilizzare il nostro – dichiara Roberto Cingolani al Messaggero – E ci troviamo a dover potenziare le rinnovabili il più rapidamente possibile. Ma non si fa in due anni. Quindi nei prossimi 12-18 mesi dobbiamo muoverci anche in altre direzioni. Come quella di aumentare la produzione nazionale di gas con i giacimenti già aperti. Potremmo aumentare di una quantità non esagerata, magari raddoppiare i 4 miliardi di metri cubi attuali».

Una proposta «senza senso e logica» secondo Greenpeace, Legambiente e Wwf, che riportano i dati forniti nel merito proprio dal Governo. Le riserve certe di gas nel territorio italiano (tra sottosuolo e fondali marini) sono pari infatti a 45,8 miliardi di Sm3, mentre la domanda nazionale è di oltre 70 miliardi di Sm3 l’anno; questo significa che estrarre tutte le riserve certe di gas ci renderebbe indipendenti per poco più di 7 mesi. Dovremmo poi andare ad esplorare le riserve “probabili” (che con altri 45,9 mld di Sm3 potrebbero garantirci al massimo altri 8 mesi di autonomia) e quelle “possibili” da 19,9 mld di Sm3, non cambiando di molto il risultato.

«C’è infine da considerare che comunque il prezzo del gas non lo fa il Paese in cui si estrae o chi lo estrae, in un’economia di mercato, né è detto che tutto il gas estratto andrebbe sul mercato italiano», aggiungono gli ambientalisti. Per Cingolani invece «si possono fare degli accordi affinché venga utilizzato per aziende nazionali a un prezzo con il ministero vigilante», ma non fornisce dettagli sulle modalità di accordo o sui risparmi stimati con questa ipotesi.

Resta un problema oggettivo da risolvere: il costo per l’approvvigionamento di gas è passato dai 20,36 centesimi di euro a metro cubo nel primo trimestre del 2021, a 53,34 centesimi a mc in quest’ultimo trimestre, mentre nell’anno in corso la bolletta elettrica è cresciuta del 70% rispetto a quella del 2019.

«Per intervenire sulle bollette dei nuclei familiari è necessario intraprendere strade e percorsi del tutto diversi da quelli menzionati dal ministro Cingolani – dichiarano  Greenpeace, Legambiente e Wwf – Due le strade da seguire, in parallelo, se davvero si vogliono aiutare le famiglie ad abbattere i costi in bolletta. Da una parte eliminare tutti gli oneri di sistema impropri dalle bollette elettriche, anch’esse soggette a continui aumenti. Dall’altra è necessario intervenire sulla componente energia: per raggiungere questo obiettivo è urgente e obbligatorio investire nelle fonti rinnovabili, non solo attraverso le comunità energetiche, ma anche nei grandi impianti. Affianco a queste strutturare politiche di efficienza energetica, da qui al 2030, in grado di portare tutti gli edifici, residenziali e non, a ridurre i consumi di almeno il 50%».

Del resto come spiegano non solo gli ambientalisti ma anche Elettricità futura, ovvero la principale associazione confindustriale del settore elettrico, le rinnovabili sono già oggi le fonti energetiche più economiche e nel nostro Paese le potenzialità sono chiare: «Se oggi avessimo già raggiunto il mix di generazione elettrica previsto dal target Green deal al 2030 – ovvero il 72% di rinnovabili nel mix elettrico – la bolletta avrebbe un costo di 45 miliardi di euro. E l’Italia risparmierebbe 31 miliardi di euro ogni anno», dichiara il presidente di Elettricità futura, Agostino Re Rebaudengo.