Carabinieri scoprono discariche abusive per 24mila tonnellate nel nord Italia

I rifiuti venivano immessi nel circuito illegale con un falso codice per un possibile recupero di materia, mentre erano destinabili solo a discarica autorizzata o termovalorizzatore. Ma gli impianti sono sempre meno

[20 Ottobre 2020]

Le discariche abusive non hanno mai smesso di infestare il Paese, neanche nelle aree in grado di costruire una filiera di gestione rifiuti meglio strutturata come al nord: stamani i Carabinieri del Noe hanno messo in campo circa 400 uomini  per dare esecuzione a un’ordinanza di misura cautelare a carico di 16 persone emessa dal Gip del Tribunale di Milano nei confronti di 16 soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”, “gestione di rifiuti non autorizzata” e “realizzazione di discariche abusive in Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Come illustrano dal ministero dell’Ambiente le indagini,  che hanno avuto origine nel gennaio 2019, presumono l’esistenza di «un gruppo criminale» dedito alla gestione e smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti – costituiti da rifiuti indifferenziati urbani, da produzioni industriali e artigianali,  nonché Raee – stimati in oltre 24.000 tonnellate e provenienti prevalentemente da varie regioni del Nord Italia. Il modus operandi messo a fuoco dalle indagini prevede lo stoccaggio ed il successivo abbandono in capannoni industriali dismessi, dando luogo «alla creazione di numerose discariche abusive localizzate e sequestrate nei comuni di Milano, Lissone (MB), Origgio (VA), Lurate Caccivio (CO), Verona San Massimo, Pregnana Milanese (MI), Romentino (NO),  Castellazzo Bormida (AL) e Mossa (GO)».

L’iter giudiziario seguirà ora il suo corso, per stabilire l’effettiva colpevolezza dei soggetti colpiti dall’indagine: in questo caso è auspicabile massima severità nelle pene, perché le discariche abusive sono una grave piaga ambientale che è necessario debellare per poter inseguire ogni velleità di economia circolare.

Di per sé, l’indagine contribuisce però a mettere in evidenza la debolezza strutturale che caratterizza la (non) gestione dei rifiuti che produciamo. Come spiegano dal ministero, i rifiuti «venivano immessi nel circuito illegale utilizzando un falso codice dell’elenco europeo dei rifiuti (Eer) riferito prevalentemente a “plastica e gomma” oppure a” imballaggi di materiali misti”, cioè rifiuti su cui è ancora possibile un recupero di materia, in luogo del corretto codice corrispondente ai rifiuti che non presentano frazioni valorizzabili, e che possono quindi essere smaltiti solo in discarica autorizzata o termovalorizzatore».

Il problema di fondo è che di impianti autorizzati a gestire i rifiuti, ce n’è sempre meno. Nel mentre però continuiamo a produrre scarti, che come l’acqua seguono il percorso che offre meno ostacoli: spesso si tratta di quello illegale, come mostra la cronaca.

Come mostrano gli ultimi dati messi in fila da Assoambiente, i rifiuti crescono mentre gli impianti per gestirli addirittura diminuiscono. Anche le discariche, che dovrebbero rappresentare lo strumento necessario ma residuale per smaltire la nostra spazzatura, sono a rischio saturazione entro la fine dell’anno in ben 13 Regione, come dettaglia l’analisi Ambrosetti condotta con A2A nel merito. Lo stesso Ispra mette in evidenza una situazione allarmante sia per quanto riguarda la gestione dei rifiuti speciali sia quella dei rifiuti urbani.

Le ricadute dal punto di vista dell’illegalità sono evidenti. La Direzione investigativa antimafia per ben due volte, a gennaio e a luglio di quest’anno, ha messo in evidenza che «la cronica carenza di strutture moderne per il trattamento (rifiuti, ndr) potrebbe favorire logiche clientelari e corruttive da parte di sodalizi criminali». Eppure gli impianti restano prigionieri delle logiche Nimby e Nimto ormai largamente diffusi sui territori, paradossalmente tenendo lontani l’imprenditoria onesta in favore di quella illegale.