Auto elettriche? In Italia per installare una colonnina di ricarica servono 22 autorizzazioni

Motus-E: «Germania, Spagna, Francia, Belgio, Olanda e Regno Unito fanno registrare un incremento di vendite rispetto al 2021, mentre in Italia le immatricolazioni crollano»

[6 Giugno 2022]

Il nuovo focus mensile elaborato da Motus-E, l’associazione che raggruppa tutti gli stakeholders della mobilità elettrica, documenta che nell’ultimo mese risultano ancora in calo le immatricolazioni di auto elettriche in Italia, in primis a causa della lunga attesa della ripartenza dell’ecobonus che ha frenato il mercato.

In particolare, le immatricolazioni delle auto elettriche pure scendono del 12,74% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, per un totale di 4.472 unità immatricolate; mentre le Phev (ibride plug-in) diminuiscono del 3,69%, per un totale di 7.429 unità immatricolate. Se le auto Bev conservano la quota di mercato dei mesi precedenti (3,1%), le Phev vedono comunque la propria quota aumentare leggermente, a 6,1%.

«L’Italia conferma i suoi ritardi sul fronte dei veicoli elettrici rispetto agli altri mercati europei – evidenzia Motus-E – Germania, Spagna, Francia, Belgio, Olanda e Regno Unito fanno registrare un incremento di vendite Bev rispetto al 2021, mentre in Italia le immatricolazioni crollano. Ci aspettiamo che il mercato registri segni positivi nei prossimi mesi, dal momento che sono stati appena reintrodotti gli incentivi».

Ma gli incentivi non bastano, se l’infrastruttura di ricarica arranca, come messo in evidenza nei giorni scorsi nell’ambito del Festival dell’economia di Trento.

«È prioritario realizzare una forte rete di distributori in Italia per ricaricare le auto – ha spiegato a Trento Elisabetta Ripa, ad di Enel X Way – Il gruppo Enel è da anni che investe nella costruzione di infrastrutture di ricarica che ad oggi sono 15.000 in Italia. Non sono certo sufficienti e dobbiamo fare uno sforzo più corale e di sistema per diffondere i distributori in modo capillare in tutta Italia: bisogna collaborare con tutte le pubbliche amministrazioni, le imprese e il commercio, e serve semplificazione burocratica, visto che per realizzare una colonnina di ricarica servono ben 22 permessi. Dobbiamo cambiare inoltre regole anacronistiche: a Roma, ad esempio, ci vuole un marciapiede di 4 metri per una colonnina ed è impossibile per una città d’arte avere queste metrature».

Senza una concreta politica industriale di settore, invece, a rischiare non è solo il percorso di elettrificazione della mobilità ma anche la tenuta occupazionale dell’intero comparto automotive: «Un motore di un diesel ha circa 860 pezzi, mentre un motore elettrico – ha osservato nel merito Marco Bentivogli, coordinatore nazionale di Base Italia – è semplice da assemblare ed ha un processo produttivo automatizzabile con soli 100 pezzi. Il valore di un’auto elettrica è per il 40% la batteria. La prima batteria è stata costruita in Scandinavia e, ad oggi, zero in Italia (inoltre, siamo settimi in Europa per produzione di colonnine e più in basso per le colonnine a ricarica veloce). Per quanto riguarda la possibile perdita di posti di lavoro se non si fanno subito politiche di compensazione e di trasferimento di nuove competenze, molti perderanno il lavoro».