Al via la nuova campagna di comunicazione “Libera l’energia, segui il vento”

Anev, l’eolico in Italia è bloccato dai veti: serve «una profonda transizione burocratica»

I dinieghi oramai costanti delle Soprintendenze e le lungaggini del processo autorizzativo hanno comportato un calo dell’installato dell’80%

[25 Marzo 2021]

Non c’è transizione ecologica senza una pubblica opinione che la sostenga: eppure oggi il dilagare delle sindromi Nimby e Nimto rappresenta uno degli ostacoli primari alla penetrazione sul territorio italiano degli impianti alimentati dalle energie rinnovabili (che in teoria piacciono sempre di più, ma che in pratica i cittadini conoscono ancora molto poco). Problemi cui si abbinano una sfiancante ipertrofia legislativa e una burocrazia respingente: un mix letale che, senza correttivi, porterebbe l’Italia a raggiungere gli obiettivi climatici fissati al 2030 con oltre mezzo secolo di ritardo.

“Libera l’energia, segui il vento” è lo slogan della nuova campagna di comunicazione lanciata da Anev – l’Associazione nazionale energia del vento – per sensibilizzare cittadini ed istituzioni sui vincoli che ad oggi impediscono all’eolico di dare il suo indispensabile contributo alla decarbonizzazione del Paese.

Come spiegano dall’Anev, i dinieghi oramai costanti delle Soprintendenze e le lungaggini del processo autorizzativo hanno comportato, negli ultimi nove anni, il passaggio dai 1.200 MW eolici autorizzati nel triennio 2012/2014, ai 750 MW eolici nel triennio 2015/2017 e ai soli 125 MW nell’ultimo triennio 2018/2020, un calo dell’installato dell’80%.

Per cambiare marcia «è necessario attuare una profonda transizione burocratica», sottolineano dall’Anev. Il tema della linearità e trasparenza dei processi autorizzativi è centrale nelle battaglie dell’Associazione, che chiede da anni di ricondurre le tempistiche medie degli iter per la realizzazione degli impianti eolici, oggi pari a oltre 5 anni, ai 6 mesi previsti dalla normativa. I pareri discordanti tra decisori, il Ministero dei Beni culturali da una parte e il vecchio Ministero dell’Ambiente e il Ministero dello Sviluppo Economico dall’altra, hanno portato negli anni al blocco del settore.

Oggi la nascita del ministero della Transizione ecologica e il nuovo strumento in seno alla Presidenza del Consiglio, il Cite, dovrebbero aiutare a dirimere tali questioni. Ma è indispensabile mettere rapidamente alla prova le buone intenzioni.