Wwf e l’Alleanza delle cooperative pesca puntano a migliorare il ddl Salvamare

Ambientalisti e pescatori insieme per ripulire il mare dai rifiuti

«Allo stato attuale i rifiuti accidentalmente pescati sono considerati come prodotti dalle navi e dunque classificati come rifiuti speciali». Col risultato che spesso vengono ributtati in mare

[2 Novembre 2020]

Era l’aprile 2019 quando il Consiglio dei ministri approvava il ddl Salvamare, presentato dal ministro Costa per coinvolgere i pescatori nella raccolta dei rifiuti sempre più presenti nelle nostre acque: ancora oggi però l’iter legislativo non è concluso, una situazione di stallo che almeno consente di aprire uno spazio per migliorie. Per questo il Wwf e l’Alleanza delle cooperative pesca hanno scritto congiuntamente ai ministri Costa e Bellanova, per chiedere correttivi al ddl oggi in esame al Senato.

Correttivi necessari per favorire la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti pescati accidentalmente in mare durante le attività di pesca: «Allo stato attuale – spiegano ambientalisti e pescatori – i rifiuti accidentalmente pescati sono considerati come prodotti dalle navi e dunque classificati come rifiuti speciali. Una classificazione che introduce un regime troppo complicato a carico delle imprese di settore, costringendo i pescatori a dover sopportare inutili oneri amministrativi e gestionali».

Col risultato che, allo stato dell’arte, spesso i rifiuti accidentalmente raccolti nelle reti finiscono per essere gettati in mare: sarebbero infatti i pescatori ad essere considerati come “produttori” del rifiuto speciale e chiamati a pagarne lo smaltimento. L’associazione ambientalista e i rappresentanti della pesca chiedono invece di qualificare con chiarezza i rifiuti accidentalmente pescati come rifiuti urbani – la cui gestione rientra nell’ambito della privativa comunale – come già il legislatore ha fatto alla Camera per quelli pescati nelle acque interne, così da favorire la raccolta e dare un contributo concreto alla pulizia dei mari.

Ecco dunque che, secondo Wwf e pescatori, è necessario stabilire regole precise dal recupero al trasporto fino allo smaltimento dei rifiuti, da definire anche con appositi accordi o convenzioni, garantendo la completa tutela ambientale e sanitaria, per i pescatori e il pescato, ma soprattutto occorre attrezzare i porti italiani con sistemi di raccolta o punti di deposito. Ad oggi invece vige «un sistema di raccolta oggi deficitario se non del tutto assente se si pensa alle acque interne. La battaglia per un mare più pulito passa anche da regole più semplici che agevolino il compito dei pescatori di ‘sentinelle’ del mare».

Le iniziative virtuose che già sono state sperimentate sul territorio nazionale però non mancano, a partire dall’esperienza toscana di Arcipelago pulito che ha ispirato proprio il ddl Salvamare: partita nel 2018 a Livorno, i “pescatori spazzini” in sei mesi hanno raccolto 18 quintali di rifiuti (in un ammontare pari a circa il 6% del pescato) che poi grazie a una filiera integrata sono in parte stati avviati a riciclo  (i dati forniti da Revet parlano di un 20% dei rifiuti pescati) e per la rimanente parte avviati a smaltimento.