Marangoni: «I costi della transizione vanno confrontati con quelli dell’inazione»

All’Italia servono investimenti da 145 miliardi di euro contro la crisi energetica e climatica

Re Rebaudengo: «Il passaggio alle rinnovabili è la soluzione strutturale più efficace per uscire dal loop di crescita dei prezzi dell’elettricità»

[28 Ottobre 2021]

Per capire come mai le nostre bollette – e non solo – stanno vivendo una fase di forti rincari è necessario osservare in primis da dove arriva l’energia che consumiamo: la domanda italiana è soddisfatta per il 73,4% dalle importazioni, imperniate sui combustibili fossili, e nel resto dell’Ue non va molto meglio.

Come spiegato nei giorni scorsi dalla presidente von der Leyen, l’Europa attualmente «importa il 97% del petrolio, il 44% del carbone e il 90% del gas. Ciò rende la nostra economia estremamente vulnerabile alle fluttuazioni dei prezzi nei mercati energetici globali. Per contro, i costi di produzione delle energie rinnovabili sono rimasti stabili. Anzi, negli ultimi anni sono addirittura diminuiti».

Nonostante questo, ad oggi le rinnovabili coprono appena il 20% della domanda di energia italiana, un dato che dovrà raddoppiare entro il 2030 per traguardare i nuovi obiettivi climatici dell’Ue, che puntano a ridurre le emissioni climalteranti del 55% rispetto al 1990.

Farlo rappresenta non un costo, ma un investimento. Più nel dettaglio, secondo quanto emerso ieri a Ecomondo durante il convegno Fare i conti con la transizione energetica, tutti i Paesi sono in ritardo sulla riduzione delle emissioni: «L’Ue è andata più veloce del resto dei Paesi Ocse, ma deve comunque accelerare il ritmo di 2,5 volte rispetto agli ultimi cinque anni, se intende arrivare a emissioni nette zero al 2050. L’Italia segue la tendenza europea, ma il suo ritmo è di recente rallentato, e deve ormai moltiplicare per tre lo sforzo per arrivare all’obiettivo, con investimenti stimati al 2030 sui 145 miliardi di euro e con un benefico effetto sul Pil e sull’occupazione».

Sta qui la risposta strutturale all’aumento delle bollette, che sono legati alla pressione su tutti i mercati delle materie prime causata dalla ripresa economica più rapida delle attese, con prezzi in crescita e offerta bassa, con una situazione finanziaria in Cina critica e con comportamenti degli investitori divisi fra la speculazione e la paura del futuro.

«I costi della transizione vanno confrontati con quelli dell’inazione: è importante sottolinearlo – ribadisce Marangoni -. Non affrontare la sfida climatica vuol dire incorrere in danni sociali ed economici difficili da stimare, ma sicuramente molto ingenti: fino al 5% del Pil – spiega Alessandro Marangoni, economista e ceo di Althesys – Al momento le due cose da fare con massima priorità sono aumentare la penetrazione delle fonti rinnovabili nel mix energetico, in particolare quelle elettriche, ed elettrificare i consumi finali come mobilità e riscaldamento degli ambienti».

In Italia, ad esempio, già oggi con l’attuale quota di rinnovabili del 37% nel mix elettrico, le emissioni di un’auto elettrica risultano – nell’intero ciclo di vita – del 55% inferiori rispetto ai veicoli a carburante fossili; benefici che sono destinati a crescere insieme alla penetrazione delle rinnovabili nel mix di generazione elettrica.

«In questo momento in cui l’aumento dei prezzi delle commodity fossili desta non poche preoccupazioni, emerge con estrema evidenza che i vantaggi della decarbonizzazione vanno ben oltre la necessità di rispondere al cambiamento climatico, si estendono alla stabilità e alla competitività dei costi dell’approvvigionamento di energia. Il passaggio alle rinnovabili è la soluzione strutturale più efficace per uscire dal loop di crescita dei prezzi dell’elettricità, come sottolineato anche dalla Commissione europea», aggiunge da Ecomondo il presidente di Elettricità futura Agostino Re Rebaudengo.

In questo contesto, l’obiettivo del comparto elettrico italiano è chiaro: installare almeno 70 GW di nuovi impianti per la produzione di energia rinnovabile al 2030, necessari a raggiungere il 72% di rinnovabili nel mix elettrico, mettendo in campo investimenti pari a 100 miliardi di euro con 90mila nuovi posti di lavoro correlati.

Il problema è che «negli ultimi anni siamo riusciti a installare solo 1 GW all’anno. Dobbiamo davvero tutti cambiare passo, altrimenti l’obiettivo dei 70 GW lo raggiungeremo nel 2090», sottolineano da Elettricità futura. Come fare?

«Per le Regioni – concludono dall’associazione confindustriale – ripartirsi la costruzione dei 70 GW significa ripartirsi i benefici. Si tratta quindi di Opportunity sharing e non di Burden sharing. Per non perdere questa opportunità occorre che il Governo approvi, entro la fine dell’anno, il nuovo Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) in linea con il target -55%; le Regioni concordino tra loro, sempre entro la fine dell’anno, la ripartizione dei 70 GW da realizzare; le Soprintendenze non ne ostacolino la realizzazione (anche i nuovi impianti infatti, evitando gli effetti distruttivi del cambiamento climatico, concorrono alla tutela del paesaggio)».