Fp-Cgil: «Chi ha pagato maggiormente il concordato sono stati i lavoratori di Livorno»

Aamps, dai danni del concordato al futuro (anche impiantistico) che resta da scrivere

Articolo Uno, Casa Livorno, Futuro!, Pd: «Aamps ora potrà entrare da subito in Retiambiente, contribuendo a costruire l’economia circolare toscana»

[26 Aprile 2021]

Il Comune di Livorno ha comunicato, sul finire della scorsa settimana, che è ormai prossima la fine anticipata del concordato intrapreso dall’azienda nel 2017 e che dunque si anticipa l’ingresso formale della società all’interno di Retiambiente (il gestore unico dell’Ato Toscana costa, operativo dal gennaio di quest’anno). È dunque il momento sia di bilanci, sia di prospettive.

«È il momento di fare i conti con la realtà e con quanto concretamente accaduto, andando oltre la retorica», dichiara nel merito Giovanni Golino, segretario generale Fp-Cgil provincia di Livorno, storicamente contraria alla scelta del concordato: «I fatti dimostrato che la scelta del concordato fu un errore, basta ricordare che alle tre classi dei creditori sono state riconosciute percentuali altissime del proprio credito, di fatto si è trattato di una ristrutturazione del debito, che è esattamente quanto richiedevano la Fp-Cgil Livorno e i lavoratori. Non rivendicavamo la ricapitalizzazione dell’azienda, anzi, noi chiedevamo che avvenisse per via extra giudiziaria, e se fosse stata ascoltata la nostra richiesta, per i creditori ci sarebbe stata almeno pari soddisfazione e in più si sarebbero risparmiati gli altissimi costi del concordato, superiori al milione di euro».

«Il costo del concordato però – aggiunge Golino – non è stato solo economico, è stato anche occupazionale, sociale e salariale. La scelta del concordato ha comportato la perdita di decine di posti di lavoro, 8 lavoratori precari di Aamps furono lasciati a casa, due aziende con circa 40 dipendenti dell’indotto fallirono, per i lavoratori a tempo indeterminato arrivarono lettere di licenziamento e demansionamenti. Non solo, a tutti i lavoratori venne tagliato il salario; sicuramente possiamo dire che chi ha pagato maggiormente il concordato sono stati propri i lavoratori di Livorno. Grazie al lavoro sindacale e agli accordi stretti con la nuova governance aziendale scelta dall’attuale amministrazione comunale, abbiamo ridato salario ai lavoratori, abbiamo fatto nuovi concorsi, e stabilizzato 76 posti di lavoro a tempo indeterminato, da sommare ai primi 33 di quei giorni di lotta sindacale, per un totale di 109 posti di lavoro stabili e in questo nuovo quadro aziendale Aamps è riuscita ad anticipare l’uscita dal concordato».

Se di per sé è difficile inquadrare i pagamenti ai creditori soddisfatti dal concordato come una nota negativa – in media Aamps ha pagato l’87% di quanto doveva ad altre imprese, ad altri lavoratori –, certo è che all’epoca il concordato venne presentato dalla Giunta grillina del Comune di Livorno come un modo per salvare l’azienda senza mettere le mani “nelle tasche dei cittadini”, una ricostruzione che dopo anni di distanza si fa sempre meno solida.

«Su indicazione dei tecnici il sindaco Nogarin nel 2015 – ricordano oggi dalle forze di maggioranza in Comune, Articolo Uno, Casa Livorno, Futuro!, Pd – aveva optato per una ricapitalizzazione di Aamps poi, all’improvviso, a Livorno arrivò un gruppo di persone inviate da Grillo e Casaleggio che in pratica esautorarono l’allora primo cittadino di Livorno per imporre il concordato in continuità come soluzione ai guai dell’azienda labronica. Quando si fa un concordato, solitamente i creditori si accordano per una cifra che difficilmente supera il 40% di ciò che uno deve avere. Incredibilmente, il concordato impostato dai 5 Stelle alla fine ha fatto avere alle banche e agli altri creditori una cifra pari all’87%. In più, l’operazione ha determinato spese accessorie per oltre un milione di euro. Ma soprattutto ha ingessato e bloccato per cinque anni l’azienda che non ha più potuto costruire il proprio futuro. In contemporanea i soldi per onorare il concordato sono stati presi direttamente dalle tasche dei cittadini livornesi, ribaltando i crediti inesigibili Tia nella Tari – che in quegli anni è cresciuta del 12% –  con i cittadini coscienziosi e puntuali nei pagamenti che si sono trovati a ripagare anche le quote di chi era moroso». Si tratta di oltre 11 milioni di euro, senza dimenticare gli incrementi della Tari patiti anche dalle imprese locali.

Adesso però è tornato il momento di guardare avanti: «Aamps ora potrà entrare da subito in Retiambiente e guardare con fiducia al futuro, contribuendo a costruire l’economia circolare toscana», concludono le forze politiche. Di più: «Aamps potrebbe entrare in Retiambiente addirittura come socio di maggioranza, quindi con un notevole peso decisionale dentro la holding», come già ricordato dall’assessore Simoncini. Ma da grandi poteri derivano sempre grandi responsabilità, e su questo fronte Livorno dovrà rispondere in particolare per quanto riguarda la dotazione impiantistica necessaria. Se verrà confermata, come pare, la decisione di spegnere al 2023 l’ultimo inceneritore rimasto attivo nell’Ato Costa – quello di Livorno, appunto – dove andranno i rifiuti indifferenziati e gli scarti non riciclabili delle raccolte differenziate o dei processi di riciclo stessi?

Al momento, in carenza di alternative – sul gassificatore ipotizzato nella raffineria Eni di Stagno ad ora non ci sono novità – il piano industriale di Retiambiente approvato lo scorso novembre ipotizza l’invio di 90-100mila tonnellate l’anno di rifiuti fuori dal territorio dell’Ato. Ovvero, il turismo dei rifiuti: la soluzione più insostenibile di tutte.