Ronchi: «Ciò che più servirebbe non è una modifica costituzionale, ma una Legge per la protezione del clima»

In Italia la difesa del clima è già un diritto costituzionale

Secondo il presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick «applicando la Costituzione italiana sarebbe già possibile riconoscere la protezione del clima e quella delle future generazioni, così come è avvenuto con la pronuncia della Corte tedesca»

[6 Ottobre 2021]

Lo scorso 29 aprile, con una storica sentenza, la Corte costituzionale tedesca ha censurato la Legge sul clima adottata dalla Germania a fine 2019, che prevedeva un taglio delle emissioni del 55% al 2030 (rispetto al 1990), costringendo così il Governo tedesco a rivedere al rialzo le proprie ambizioni in materia di lotta al cambiamento climatico al 2030 e indicando le ulteriori misure e tappe intermedie per arrivare alla neutralità climatica al 2050.

In Italia ci sarebbero le condizioni per un intervento del genere, annoverando la tutela del clima fra i diritti costituzionali e inviolabili delle nuove generazioni, che saranno quelle più colpite dagli impatti della crisi climatica? Secondo quanto emerso nel corso di un seminario organizzato da Italy for Climate, in collaborazione con l’Università Bocconi, la risposta è affermativa.

Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte costituzionale italiana, ha infatti spiegato che «anche applicando la Costituzione italiana sarebbe già possibile riconoscere la protezione del clima e quella delle future generazioni, così come è avvenuto con la pronuncia della Corte tedesca».

Una pronuncia che, di fatto, si basa su tre capisaldi come illustrato dal presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile (e già ministro dell’Ambiente) Edo Ronchi.

Una prima riconducibile al principio di giustizia intergenerazionale, che si ritrova chiaramente nel passaggio della sentenza che recita: “Alle generazioni presenti non dovrebbe essere consentito di consumare gran parte del budget di CO2, con un onere di riduzione relativamente lieve, se ciò lascia alle generazioni successive un onere di riduzione radicale”.

Una seconda motivazione si ritrova nella minaccia rappresentata dal cambiamento climatico alla libertà individuale: “Praticamente ogni tipo di libertà – scrive, infatti, la Corte – potrebbe essere condizionata da queste future riduzioni obbligatorie, perché quasi tutti gli aspetti della vita umana sono ancora associati all’emissione di gas serra e quindi sono minacciati dalle restrizioni drastiche che si dovranno fare dopo il 2030”.

La terza motivazione è da ricondurre al fatto che la crisi climatica sia una crisi globale non può essere, come affermano alcuni, motivo di inazione da parte di un singolo Paese: “Lo Stato non può evadere la sua responsabilità puntando sulla riduzione dei gas serra in altri Stati” recita ancora l’Alta corte.

Tornando al caso specifico italiano, non sarebbe quindi necessario realizzare modifiche costituzionali per assicurare una più efficace tutela del clima, con maggiore attenzione a non scaricare sui giovani i maggiori costi di un rinvio degli interventi: una modifica costituzionale richiederebbe peraltro tempi, solitamente, non brevi e potrebbe avere esiti, sul piano dei contenuti, incerti o poco incisivi. 

«In Italia – conclude Ronchi – ciò che più servirebbe non è una modifica costituzionale, ma una Legge per la protezione del clima, presente invece in Germania (e appunto censurata dalla Corte costituzionale) in Francia, Spagna e Regno Unito. Una Legge che consenta al sistema Paese di assumere un target intermedio al 2030 ma anche, come ci insegna la lezione della Corte costituzionale tedesca, di definire un percorso credibile verso l’obiettivo della neutralità carbonica entro metà del secolo, indicando specifiche roadmap per i diversi settori, coinvolgendo Regioni ed enti locali in questo percorso, e istituendo un organo tecnico, indipendente dalla politica, che monitori i reali progressi e vigili espressamente sul rispetto della Legge».