Il divieto di caccia sui terreni percorsi da incendi non è modificabile

Sentenza della Corte costituzionale boccia la pasticciata legge della Regione Liguria

[27 Giugno 2022]

Fra le varie misure per la ricostituzione degli equilibri ecologici nelle aree percorse da incendi, l’articolo 10 della legge n. 353/2000 e successive modifiche prevede al comma 1° il divieto di caccia per un periodo di dieci anni: «Sono altresì vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia». Ma l’articolo 46, comma 5°, della legge regionale Liguria n. 4/1999 vietava per  “tre anni l’esercizio dell’attività venatoria, qualora la superficie bruciata sia superiore ad ettari uno”.

Con l’’importante sentenza n. 144 del 13 giugno 2022 su attività venatoria e incendi, la Corte costituzionale. ha dichiarato illegittima la previsione, respingendo le argomentazioni difensive della Regione Liguria, alcune particolarmente singolari, come quelle che fanno riferimento «alle caratteristiche climatiche e vegetazionali regionali, che consentono una rapida ripresa della vegetazione stessa, così da cancellare in pochi anni le tracce del passaggio del fuoco e consentire il rinnovamento della fauna» o alla «soglia dimensionale minima per far scattare l’operatività del divieto di caccia, non incidendo sulla consistenza della fauna l’incendio di un’area inferiore ad un ettaro» che si basano su criteri scientifici che nessuno conosce.
La Corte Costituzionale ha affermato chiaramente che «Per giurisprudenza costante … , l’ambiente «delinea una sorta di materia “trasversale”, in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando [invece] allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale (sentenza n. 407 del 2002)» (sentenza n. 158 del 2021), e le Regioni, nell’esercizio delle loro competenze, sono tenute al rispetto delle prescrizioni statali e possono adottare norme che interferiscono con la tutela ambientale solo se elevano lo standard di protezione previsto dalla legislazione nazionale, che funziona, quindi, da limite minimo di salvaguardia dell’ambiente, legittimando interventi normativi regionali solo nel senso dell’innalzamento della tutela (ex multis, sentenze n. 291 e n. 7 del 2019, n. 174 e n. 74 del 2017)».
Inoltre, secondo la sentenza, «La norma censurata … non rispetta il limite prescritto dallo Stato e, riducendo la durata del divieto di caccia sui territori percorsi da incendi da dieci a soli tre anni, finisce con l’abbassare lo standard di protezione ambientale fissato, nell’esercizio della competenza esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., dall’art. 10 della legge n. 353 del 2000, al fine di garantire la ricostituzione del bosco e della fauna (sentenze n. 281 del 2019 e n. 303 del 2013».

Per finire, la pasticciata legge regionale ligure, ispirata dai soliti consiglieri regionali leghisti e di Fratelli d’Italia che rappresentano la lobby dell’estremismo venatorio, «Non prevede un’estensione minima riferita al divieto di caccia» che permetta di attuare la misura di salvaguardia e ricostituzione ambientale per i terreni percorsi dal fuoco. W Quindi, non ci può essere nessuna deroga regionale alle misure statali finalizzate alla ricostituzione degli equilibri ecologici nelle aree percorse dal fuoco.

La Corte Costituzionale ricorda che La competenza residuale regionale in materia di caccia non può, quindi, derogare alla legge n. 353 del 2000 che, in quanto volta alla protezione ambientale, si impone al legislatore regionale nell’esercizio delle proprie competenze; conseguentemente, l’art. 46, comma 5, primo periodo, della legge reg. Liguria n. 4 del 1999 va dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Al contrario, l’obbligo di tabellazione previsto dalla norma censurata trova riscontro nel comma 2 dell’art. 10 della legge n. 353 del 2000, che rimette ai Comuni l’obbligo di censire i soprassuoli percorsi dal fuoco e, comunque, non condiziona il divieto di attività venatoria, limitandosi a prescrivere un adempimento in carico alla pubblica amministrazione funzionale alla individuazione delle aree percorse dal fuoco. Ne consegue la non fondatezza della questione sollevata sull’art. 46, comma 5, secondo periodo, che prevede l’obbligo di tabellazione dei boschi percorsi da incendi.
Per questi motivi, la Corte Costituzionale «1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 46, comma 5, primo periodo, della legge della Regione Liguria 22 gennaio 1999, n. 4 (Norme in materia di foreste e di assetto idrogeologico), come aggiunto dall’art. 1 della legge della Regione Liguria 7 ottobre 2008, n. 35, recante “Modifica alla legge regionale 22 gennaio 1999, n. 4 (Norme in materia di foreste e di assetto idrogeologico)”; 2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 5, secondo periodo, della legge reg. Liguria n. 4 del 1999, come aggiunto dall’art. 1 della legge reg. Liguria n. 35 del 2008, che prevede l’obbligo di tabellazione dei boschi percorsi da incendi, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione all’art. 10, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 353 (Legge-quadro in materia di incendi boschivi), dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe».