Dopo 500 anni il Vaticano ripudia la Dottrina della scoperta che ha giustificato il genocidio dei popoli indigeni

Calí Tzay, relatore speciale Onu sui diritti dei popoli indigeni: tutti gli Stati seguano l’esempio del Vaticano

[7 Aprile 2023]

Nella Nota sulla “Doctrine of Discovery”, pubblicata il 30 marzo dal Dicastero per la cultura e l’educazione e dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, il Vaticano esamina attentamente la storia della Chiesa e la sua associazione con la dottrina della scoperta, che è stata invocata da varie potenze coloniali contro le popolazioni indigene, in diverse parti del mondo, per giustificare l’espropriazione della loro storia e la sottovalutazione e l’eliminazione delle loro culture.

La nota riconosce che le bolle papali su cui le potenze coloniali appoggiarono le loro pretese, vecchie di 500 anni e utilizzate per giustificare il sequestro delle terre indigene da parte delle potenze coloniali, «Non riflettevano adeguatamente la pari dignità e i diritti delle popolazioni indigene» e che le potenze coloniali manipolarono quei documenti per «Giustificare atti immorali contro di esse che furono perpetrati, a volte senza l’opposizione da parte delle autorità ecclesiastiche». La nota ripudia la dottrina della scoperta perché non faceva parte dell’insegnamento della Chiesa Cattolica ed è la logica consguenza di quanto scritto da  Papa Francesco nella sua Enciclica Laudato Si’: «E’ indispensabile prestare speciale attenzione alle comunità aborigene con le loro tradizioni culturali… Per loro, infatti, la terra non è un bene economico, ma un dono di Dio e degli antenati che in essa riposano, uno spazio sacro con il quale hanno il bisogno di interagire per alimentare la loro identità e i loro valori».

Il cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale ha sottolineayo che «Non è una curiosità storica, ma una “Nota formale”, frutto di un processo non facile nell’ambito del dialogo e dell’ascolto richiesti dal Papa, che non vuole rinnegare i “passi sfortunati” del passato ma riconoscerli e inquadrarli nel loro contesto storico e anche negli effetti oggi».

E Czerny ha ricordato che a chiedere il ripudio della cosiddetta “Dottrina della Scoperta” sono stati proprio i popoli indigeni: «La Nota denuncia e respinge questa idea della Scoperta e spiega come le Bolle o i Decreti del 1400 non esprimano in alcun modo la fede, dottrina o magistero della Chiesa, la quale rifiuta ogni parola o azione che non riconosce la dignità umana. Importante riconoscere che la richiesta è stata ed è di una chiarificazione formale e perciò la Nota ha un tono formale. Se uno vuole ascoltare la parola della Chiesa in tono pastorale, non bisogna cercarlo nella Nota ma bisogna ascoltare le omelie e i discorsi di San Giovanni Paolo II (1984) e di Papa Francesco (2022) quando hanno visitato il Canada. Il messaggio è lo stesso, ma il registro è diverso. Ad esempio, nel luglio 2015, in Bolivia – io ero lì, grazie a Dio – Papa Francesco, ripetendo Giovanni Paolo II, ha chiesto alla Chiesa di “inginocchiarsi davanti a Dio e implorare il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli e delle sue figlie”. I molti gravi peccati commessi contro i popoli indigeni dell’America in nome di Dio durante la cosiddetta conquista».

E’ un ripensamento che viene da lontano, lento e diffuso, e Czerny  sottolinea che già nel 1537 Papa Paolo III scrisse la Bolla Sublimis Deus nella quale affermava: «Definiamo e dichiariamo che i cosiddetti indiani e tutti gli altri popoli non siano in alcun modo privati della loro libertà o del possesso dei loro beni».

Ma la svolta è arrivata con la visita di Papa Francesco in Canada nel luglio 2022  e infatti la Confederazione delle First Nations canadesi ha accolto «Con favore il ripudio della Dottrina della Scoperta da parte del Vaticano, Un altro passo significativo nel nostro cammino verso la riconciliazione». Nel loro comunicato, le First Nations ricordano che quando hanno accolto il Papa  nelle loro terre «La richiesta più importante è stata quella dell’annullamento della Doctrine of Discovery. Ascoltare le scuse di Francesco è stato un primo passo importante verso la guarigione».

La conferenza episcopale del Canada evidenzia che «Nel corso dei secoli numerose e ripetute dichiarazioni della Chiesa e dei Papi hanno sostenuto i diritti e le libertà delle popolazioni indigene. I Papi in tempi recenti hanno chiesto perdono in diverse occasioni per gli atti malvagi commessi dai cristiani contro i popoli indigeni, La “Dottrina della Scoperta” non fa parte dell’insegnamento della Chiesa cattolica, che, in particolare, le Bolle del Quattrocento non sono mai state considerate espressioni della fede cattolica e non riflettono adeguatamente la pari dignità e i diritti dei popoli indigeni. Mai più si utilizzino strumenti coercitivi verso altri».

Anche i vescovi cattolici di Aotearoa – Nuova Zelanda, «Sostengono con forza il ripudio da parte del Vaticano del concetto dell’era coloniale della “Dottrina della Scoperta” utilizzato dalle potenze europee per appropriarsi di molte terre dai loro proprietari indigen”. I presuli hanno attentamente considerato negli ultimi anni gli appelli dei leader Māori affinché la Chiesa cattolica rifiutasse la “Dottrina della Scoperta’”. Nel XXI secolo aborriamo il tipo di convinzione che un gruppo di persone sia superiore a un altro e lo rifiutiamo in modo assoluto. Rivolgendosi, poi, ai leader Māori che hanno chiesto di rifiutare la Dottrina e a tutti in neozelandesi, i vescovi ribadiscono «Il nostro rifiuto in modo assoluto e senza riserve. Una tale Dottrina non ha posto nel nostro mondo e non dovrebbe far parte di alcun discorso sulle direzioni future di questo Paese».

Anche secondo i vescovi statunitensi «Mai più la comunità cristiana potrà lasciarsi contagiare dall’idea che una cultura sia superiore alle altre»ed esprimono «Preoccupazione e sollecitudine pastorale per i popoli nativi e gli indigeni che hanno sperimentato enormi sofferenze a causa dell’eredità di una mentalità colonizzatrice.

In una nota, monsignor Paul S. Coakley, arcivescovo di Oklahoma City e segretario della Conferenza dei vescovi cattolici Usa esprime «Rammarico e dolore per tutti i momenti in cui “i cristiani, comprese le autorità ecclesiastiche, non si sono opposti pienamente alle azioni distruttive e immorali delle potenze coloniali concorrenti. Negli anni però, negli Stati Uniti il dialogo tra i vescovi cattolici e i leader delle tribù ha illuminato ulteriori aspetti di questa dolorosa storia. Come Chiesa  è importante capire pienamente come le nostre parole siano state usate e abusate per giustificare atti che sarebbero aborriti da Gesù Cristo».

José Francisco Calí Tzay, relatore speciale Onu sui diritti dei popoli Indigeni ha accolto con favore il rifiuto da parte del Vaticano della “Dottrina della scoperta”, sottolineando che «La dottrina della scoperta è ancora una ferita aperta per molti popoli indigeni in tutto il mondo. Deve essere affrontata  come parte di un processo di riconciliazione tra i popoli indigeni e gli Stati coloniali».

Secondo Calí Tzay, «Il Vaticano ha riconosciuto gli effetti dannosi della colonizzazione, compreso il dolore sofferto dalle popolazioni indigene e ha accolto con favore l’appello di Papa Francesco ad abbandonare la mentalità colonizzatrice e promuovere il rispetto e il dialogo reciproci. La Santa Sede ha compiuto un passo importante verso la riconciliazione e la guarigione con i popoli indigeni rifiutando tutti i concetti che non riconoscono i loro diritti umani intrinseci. La dottrina è stata riconosciuta come un diritto unilaterale delle potenze coloniali europee di rivendicare sovranità e diritti superiori sulle terre e le risorse dei popoli indigeni sulla base della loro presunta mancanza di civiltà e religione».

E il relatore speciale Onu sottolinea che nonostante appartenga a una storia sanguinosa e genocida di 500 anni fa, «La dottrina continua ad avere un impatto negativo sul pieno godimento dei diritti umani da parte delle popolazioni indigene in alcuni Paesi. La Dottrina della Scoperta fornisce una base legale per privare unilateralmente i Popoli Indigeni dei loro diritti al titolo e alla proprietà delle loro terre e territori tradizionali da parte degli Stati che continuano a usare questa teoria legale come parte della loro legge nazionale, legislazione e giurisprudenza, in particolare in relazione alle controversie sulla terra. Questa è stata una delle cause profonde del trauma intergenerazionale subito dalle popolazioni indigene, che attualmente si manifesta in alti tassi di suicidio tra i giovani indigeni, sovrarappresentazione delle popolazioni indigene nel sistema della giustizia penale, violenza sproporzionata contro le donne e ragazze indigene e la discriminazione razziale».

Calí Tzay ha concluso: «Esorto tutti gli Stati che ancora abbracciano e applicano la “Dottrina della Scoperta” a seguire l’esempio del Vaticano nel ripudiare formalmente il decreto e rivedere tutta la giurisprudenza e la legislazione che si basano su di esso».