Stoviglie in plastica monouso, Federdistribuzione pronta all’addio entro il 30 giugno 2020

Negli oltre 15mila punti vendita e supermercati associati acquistano 60 milioni di persone ogni settimana. Ma con quali prodotti verranno sostituite?

[30 Maggio 2019]

Dopo l’iniziativa di Unicoop Firenze sui prodotti in plastica monouso è l’intero comparto di Federdistribuzione – con oltre 15mila punti vendita sparsi lungo lo Stivale e un parco clienti da 60 milioni di persone alla settimana –  a prendere posizione in merito: «Elimineremo le stoviglie in plastica monouso dai nostri punti vendita ben prima che entri in vigore la legge», dichiara il presidente Claudio Gradara facendo riferimento alla direttiva Ue approvata a marzo, che pone restrizioni sul mercato delle plastiche monouso entro il 2021 ma che è ancora in attesa di essere adottata all’interno dell’ordinamento normativo italiano.

«Con le imprese associate abbiamo preso un impegno preciso – dettaglia Gradara – Dal 1° luglio di quest’anno affiancheremo ai prodotti in plastica monouso altri prodotti in materiale riciclabile (ma anche gli attuali imballaggi in plastica monouso sono avviabili a riciclo, ndr) e compostabile, offrendo una concreta alternativa ai clienti, ed entro il termine massimo del 30 giugno 2020 tutte le stoviglie in plastica monouso usciranno definitivamente dai nostri scaffali. Non escludo che alcune aziende possano anticipare questi tempi».

Si tratta di un impegno importante e di ampio impatto sulla filiera della distribuzione organizzata italiana, ma non è ancora chiaro se e come le plastiche tradizionali monouso verranno sostituite con altri prodotti monouso in altri materiali. Come noto infatti la direttiva introduce nuovi e più sfidanti obblighi per l’avvio a riciclo di alcuni prodotti in plastica, per il maggior impiego di plastica riciclata, e proibisce l’immissione al consumo di alcune categorie di beni monouso come posate, piatti, cannucce, agitatori per bevande e bastoncini per palloncini.

L’obiettivo dichiarato è quello di  porre un freno all’inquinamento provocato dai rifiuti marini – in larga parte composti da materiali plastici – che ormai affollano i nostri mari, ma per raggiungere il target non è sufficiente sostituire i prodotti in plastica tradizionale monouso con, ad esempio, gli stessi prodotti in bioplastica compostabile; un punto sul quale si è espressa chiaramente anche l’industria di settore. «Le bioplastiche – ha sottolineato nei giorni scorsi Marco Versari, presidente di Assobioplastiche – sono prodotti che forniscono soluzioni a specifici problemi, pensati per essere gestiti nel circuito del compostaggio industriale. Non sono la soluzione all’abbandono dei prodotti in mare o in altri ambienti, e nessuno ha mai tentato di accreditarle come tali».

Ciò non toglie che, quando possibile, sostituire la plastica tradizionale con quella biodegradabile permette di fare a meno di una risorsa non rinnovabile come il petrolio, oltre a ridurre gli impatti ambientali in caso di dispersione dei rifiuti nell’ambiente, ma per affrontare il problema alla radice occorre ridurre i beni monouso – di qualsiasi tipo – immessi sul mercato a favore di quelli durevoli, e soprattutto evitare che i rifiuti vengano dispersi nell’ambiente. Al contrario occorre conferirli negli appositi contenitori, in modo che una volta differenziati possano essere avviati a riciclo attraverso impianti industriali dedicati (la cui presenza sul territorio è dunque imprescindibile) e diventare infine nuovi prodotti da re-immettere sul mercato, anziché spazzatura galleggiante nei nostri mari.