Chi sono, come spendono e dove prendono tutti questi soldi

Sempre più ricchi: lo 0,004% della popolazione mondiale possiede il 13% della ricchezza

Riempiono a malapena una città italiana di media grandezza, ma valgono il doppio del Pil Usa

[20 Novembre 2014]

Nonostante la crisi economica, o per meglio dire anche grazie ad essa e alle sue dinamiche, l’elitaria popolazione mondiale dei super ricchi gode di salute eccellente. A misurarne le dinamiche stavolta ci pensa la banca svizzera Ubs in tandem con Wealth-X, all’interno del World Ultra Wealth Report 2014; per poter dare consistenza fisica a questi individui e alle loro ricchezze, proviamo ad andare al di là della consueta cortina di numeri.

Si immagini la città di Padova, e si svuoti dei suoi 209.678 cittadini. Si rimpiazzino ora con altrettanti abitanti, e se ne aggiunga giusto qualcuno in più: quanto basta per arrivare a quota 211.275 persone. Avremmo ora concentrato in una città capoluogo di provincia italiana una ricchezza pari a 29,7mila miliardi di dollari, poco meno del doppio dell’intero Pil statunitense (17mila miliardi), la singola economia più grande del mondo.

Tale è la ricchezza che concentrano nelle loro mani i cosiddetti Uhnw (Ultra-high-net-worth), ovvero coloro che dispongono pari almeno a 30 milioni di dollari. Si dividono in 183.810 uomini e 27.465 donne – prevalentemente statunitensi, poi europei, poi asiatici –, e sono in costante crescita. Nell’ultimo anno la loro ricchezza è aumentata del 7%, circa il doppio del tasso di crescita dell’economia mondiale.

Cosa se ne fanno di tutti quei soldi? Secondo il World Ultra Wealth Report gli svaghi non mancano. Tutti insieme in un anno spendono qualcosa come 40 miliardi dollari in auto, 23 miliardi dollari nel settore dell’aviazione privata, 22 miliardi dollari dedicati agli yacht e 8 miliardi in alcolici. Il mercato del lusso generalmente inteso fa naturalmente molto affidamento sugli Uhnw, che da soli sono in grado di assorbirne il 19%.

I super ricchi non compongono davvero una comunità unitaria, tuttavia la loro è una classe sociale – ma la lotta tra classi non doveva sparire? – relativamente omogenea. Di norma anche i loro amici sono ricchi, e nella ristretta cerchia dei 7 più intimi c’è almeno un altro plurimilionario.

Messi tutti insieme gli Uhnw riempiono a malapena una città italiana di media grandezza, ma il loro peso specifico è altissimo. I super ricchi rappresentano lo 0,004% della popolazione mondiale, ma posseggono il 13% di tutta la ricchezza in circolazione. E secondo il rapporto Ubs, per il 17% l’hanno del tutto ereditata. Una situazione che trova un corrispettivo anche nel peculiare contesto italiano.

Come recentemente sottolineato da Luciano Gallino su la Repubblica, la quota salari sul Pil, cioè «la parte di reddito che va ai lavoratori rispetto a quella che va ai profitti e alle rendite finanziarie e immobiliari» è diminuita dal 1990 al 2013 «di circa 7 punti, dal 62 per cento al 55. Si tratta di oltre 100 miliardi che invece di andare ai lavoratori vanno ora ogni anno ai possessori di patrimoni, dando un contributo di peso all’aumento delle disuguaglianze di reddito e di ricchezza». Una tendenza che ha molto a che fare col progressivo indebolimento dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e che secondo il sociologo torinese troverà seguito anche nel Jobs Act.

È forse superfluo ricordare che non c’è niente di illegale in quest’abnorme concentrazione di ricchezza nelle mani di pochissimi individui – o, almeno, il rapporto Ubs non scende a tale livello di dettaglio negli affari degli Uhnw –, ma dopo più di un lustro di crisi economica non è  peregrino domandarsi quanto sia giusta ed efficiente una tale distribuzione della ricchezza. Non può esserci economia più sostenibile senza una società più equa, e un tetto massimo alla ricchezza materiale è uno dei punti imprescindibili di un programma che guardi con favore, nel lungo periodo, a un’economia di stato stazionario.

L’economista francese Thomas Piketty, nella sua poderosa opera dedicata all’aumento della disuguaglianza nel XXI secolo, conclude con la proposta di istituire una tassa progressiva sui redditi da capitale a livello mondiale. Qualcosa a oggi apparentemente di tanto irrealizzabile quanto necessario, dato che «non esiste nessun processo naturale e spontaneo che permetta di evitare che le tendenze destabilizzatrici e che portano all’ineguaglianza con l’abbiano vinta durevolmente». La continua crescita della classe dei super ricchi, in assenza di scelte politiche contrarie, non ne è che la lampante dimostrazione.

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  • Wealth-X e UBS Mondo Ultra Wealth Report 2014