Perché Volkswagen lo ha fatto? 4 domande sullo scandalo delle emissioni ancora senza risposta

Come VW ha aggirato i test dell’EPA e perché se ne è accorta un’associazione indipendente

[24 Settembre 2015]

Ieri il Guardian ha pubblicato un’analisi sulle emissioni totali potenzialmente rilasciate dalle auto Volkswagen grazie all’imbroglio sulle emissioni, stimando che potrebbero aver prodotto fino a  un milione di tonnellate di inquinamento grazie ai dispositivi di disattivazione, l’equivalente delle emissioni di  tutte le centrali elettriche, i veicoli, l’industria e l’agricoltura della Gran Bretagna. L’Environmental Protection Agency  (EPA) ha accusato Volkswagen di aver installato il software truffaldino in circa 482.000 auto “clean diesel” prodotte dal 2009, comprese Jetta, Beetle, Golf e alcuni modelli Passat, ma dopo la Volkswagen ha ammesso che il problema riguarda almeno 11 milioni di veicoli venduti in tutto il mondo.

Lo scandalo è venuto a galla proprio nel momento peggiore: alla vigilia del viaggio di Papa Francesco negli Usa e dell’Assemblea dell’Onu sui cambiamenti climatici e a tre mesi della Conferenza delle parti Unfccc di Parigi, tutti avvenimenti durante i quali verrà evocata la responsabilità delle multinazionali nella difesa del clima e dell’ambiente. Ma allora perché Volkswagen lo ha fatto, perché ha messo in atto un sofisticato inganno che rischia di travolgere l’immagine di affidabilità dell’industria tedesca e che sta facendo crollare le sue quotazioni e quelle delle altre case automobilistiche?

Il giornale online statunitense ThinkProgress fa 4 interessanti domande e cerca di dare le risposte.

Perché Volkswagen lo ha fatto?

La risposta più probabile è che i “veri” dispositivi anti-inquinamento avrebbero avuto un impatto negativo sulla durata complessiva dell’auto, magari riscaldando maggiormente i motori  e logorando così più velocemente le auto, peggiorandone le prestazioni e la velocità.

Alec Gutierrez, senior market analyst per l’automotive di Kelley Blue Book, ha detto a ThinkProgress, che «Volkswagen si era ritagliata una nicchia nel mercato automobilistico per offrire auto con risparmio di carburante ad alto livello di prestazioni. Con VW, tutto fascino della loro auto TDI, parlandone non solo come analista ma anche come proprietario, raddoppia. E’ incredibilmente nel consumo di carburante: erano una sorta di specie  leggendaria per il tipo di economia di combustibile che erano in grado di mettere sul tavolo. Erano in grado di offrire un risparmio di carburante senza sacrificare le prestazioni. Penso che VW sperasse di raggiungere questo mix di consumi e prestazioni in una maniera che li ha costretti a cercare di aggirare il sistema».

Arvind Thiruvengadam, che insegna al Center for Alternative Fuels, Engines and Emissions (CAFEE) della West Virginia University, e che lavora al laboratorio che ha consegnato all’EPA le prime prove del trucco della    Volkswagen, si chiede se il ragionamento della multinazionale tedesca non vada oltre l’efficienza del carburante. «La mia curiosità in tutta questa cosa è: perché la Volkswagen ha  imboccato questa strada  rischiosa?  Il risparmio di carburante è solo la punta dell’iceberg. I moderni motori diesel contengono tanti componenti, E’ possibile che la Volkswagen abbia avuto ripetuti insuccessi di una parte particolare collegata ai controlli dell’inquinamento e pensò che barare gli abbia permesso di fare un lavoro più rapido. Ci sono così tanti fattori. Sono proprio curioso di sapere perché lo hanno fatto.”

Perché i test dell’Epa non avevano scoperto la Volkswagen?

L’EPA è l’agenzia ambientale Usaa che, dopo aver minacciato di non dare l’approvazione ai modelli di auto VW nel 2016, ha ottenuto che la Volkswagen confessasse, ma non è stata l’Epa ad accorgersi per prima del trucco della casa automobilistica tedesca. L’imbroglio è cominciato ad emergere quando alcuni centri di ricerca indipendenti hanno cominciato ad esaminare le prestazioni di guida negli Usa di auto  diesel fabbricate in Europa. L’International Council on Clean Transportation (ICCT), una Ong indipendente, in collaborazione con CAFEE, ha testato tre auto: una BMW, una VW Passat e un VW Jetta. Il paradosso, come spiega Thiruvengadam, che ha partecipato alla ricerca, è che «Il punto era in realtà a dimostrare che era possibile per le auto diesel viaggiare in maniera pulita. Quando abbiamo iniziato questo studio, non era destinato a testare questi veicoli per vedere se fossero truccati».

Lo scopo di CAFEE era quello di testare le auto nelle reali condizioni di guida in California, perché questo Stato Usa pone particolari condizioni di guida sia per il territorio che per il traffico. Prima che CAFEE iniziasse i suoi test, il California Air Resources Board (CARB) ha chiesto di collaborare, offrendosi di eseguire i test sulle emissioni di base dei veicoli in un laboratorio.

Quando i ricercatori di CAFEE hanno esteso i test del laboratorio CARB alle prove di guida reale, si sono trovati di fronte a qualcosa di sorprendente: mentre la BMW funzionava allo stesso modo in laboratorio e su strada, mentre le auto Volkswagen su strada  mostravano emissioni molto più elevate: da 30 a 40 volte superiori, secondo Thiruvengadam che sottolinea: «Era un modello molto strano. Di solito vediamo  differenze tra mondo reale e laboratorio, ma mai ad una grandezza di 30 a 40 volte».

Ma perché CAFEE è stato in grado di scoprire un problema che i test EPA non avevano visto? Dipende dal modo in cui vengono testate le auto: «Normalmente, le autovetture sono testate in controlled settingsi – spiegano i ricercatori – il telaio della macchina viene posto su rulli e portato attraverso una serie di condizioni specifiche simulate, come circolare su una strada o guidare nel traffico». I test dell’EPA sono così specifici che per la Volkswagen è stato “facile” «insegnare lle sue auto quando comportarsi in modo più pulito».

John German, senior fellow for the ICCT ha spiegato ancora a ThinkProgress:  «Quando si fanno gli standard, perché abbiano criteri accettabili, è necessaria la ripetibilità. Si progetta il test in modo che sia ripetibile», ma per le auto, al contrario dei veicoli pesanti,  l’EPA non chiede che siano testate su strada, una differenza che nasce da uno scandalo simile alla fine degli anni ’90, quando l’EPA capì che alcuni produttori di camion programmavano i motori diesel perché risultassero più puliti nei test di laboratorio che su strada. Ma fino ad ora l’EPA non si era presa la briga di collaudare i veicoli leggeri su strada. Per Thiruvengadam, «Il ragionamento dell’Agenzia è stato che i test di laboratorio fossero completi così e che testare  così tante condizioni specifiche non fosse necessario. Ma le condizioni di laboratorio sono anche più facili da progettare  e aggirare. La mia ipotesi è che non avessero affrontato prima questo specifico scenario, e avessero fiducia nella buona fede dei produttori di non aggirare la procedura di collaudo.. e VW è stata in grado di passare sotto il radar». Così, facendo semplicemente un test di guida delle auto su strada, CAFEE si è trovato tra le mani uno scandalo gigantesco, che i test dell’EPA non avevano visto

Quanto potrebbe essere diffuso questo trucco?

Thiruvengadam dice che «Non è chiaro quanto possa essere diffusa di questo tipo di truffa, sia all’interno della Volkswagen che in tutta l’industria automobilistica. Penso che si più probabile di no, la Volkswagen è semplicemente cattivo soggetto che ha sfruttato una falla nel sistema di test sulle emissioni dell’EPA. Abbiamo testato una BMW e una VW e  la BMW si è comportata bene in termini di risparmio di carburante e di emissioni». Anche German la pensa così: «Non è l’hardware. La BMV ha dimostrato che una macchina può fare bene sia per quanto riguarda il risparmio di carburante che per le emissioni. Si può fare».

Ma Gutierrez sottolinea: «Non sarei sorpreso se altri veicoli di nicchia in segmenti stravaganti dell’industria automobilistica avessero usato le tattiche della Volkswagen per aggirare le normative sulle emissioni. Ma non penso che il problema sia molto diffuso tra i produttori tradizionali» e fa notare che le prestazioni delle auto sono molto livellate e che «Non si vede nessun altro come VW che sta portando avanti queste straordinarie affermazioni di prestazioni e consumi».

Ora cosa succederà?

Volkswagen ha già annunciato che non venderà più i motori diesel messi sotto accusa dall’’EPA e potrebbe trovarsi a pagare una multa di 37.500 dollari per ogni auto non conforme al Clean Air Act, il totale potrebbe arrivare a 18 miliardi di dollari, nel 2014 la Volkswagen ha avuto un bilancio di 12 miliardi di dollari, il danno economico sarebbe enorme.

Il trucco della Volkswagen potrebbe anche avere un impatto su come  le auto vengono testate negli Usa. L’Unione europea chiede già prove su strada a partire dal 2017, qualcosa di simile potrebbe probabilmente accadere negli Stati Uniti. Gutierrez  pensa che alla fine lo scandalo servirà: «Certamente al di là delle possibili implicazioni finanziarie e l’impatto sul marchio Volkswagen, per l’industria in generale vorrei sicuramente vedere l’industria mettere una maggiore enfasi sui test nel mondo reale per le emissioni e numeri del risparmio di carburante. E’ più che probabile che l’EPA riesaminerà la sua procedura di test, anche solo per aggiungere un breve tragitto in auto intorno al parcheggio per testare le condizioni nel mondo reale».

Ma sulla scia dello scandalo Volkswagen e di quelli che nel 2014 hanno colpito Hyundai e Kia, che avevano esagerato sul reale risparmio di carburante, le agenzie di regolamentazione potrebbero non essere le uniche a guardare con maggior sospetto i produttori di auto. «Penso che ci sarà un bel po’ più scetticismo da parte dei gruppi di azione dei consumatori o anche solo da parte dei proprietari di auto, che cercheranno di provare e testare davvero le cose per conto proprio – conclude Gutierrez – Forse, è possibile che in alcuni prevalga la sensazione che la fiducia è andata in pezzi e i consumatori saranno meno disposti a prendere sul serio le pubblicità dei produttori».