In Italia povertà e insicurezza alimentare per il 22,3% della popolazione

Un‘indagine delle università di Pisa e della Tuscia

[4 Febbraio 2022]

Secondo lo studio “The Economic Perspective of Food Poverty and (In)security: An Analytical Approach to Measuring and Estimation in Italy”, pubblicato su Social Indicators Research da Stefano Marchetti dell’università di Pisa e Luca Secondi dell’università della Tuscia a partire dall’Indagine sulla Spesa delle Famiglie italiane del 2017 dell’Istat, «In Italia le persone a rischio di povertà alimentare o insicurezza alimentare sono il 22,3% dell’intera popolazione, un tasso che varia a livello regionale dal 14,6% dell’Umbria, al 29,6% dell’Abruzzo, al 18,7 % della Toscana, con elevati livelli di disuguaglianze soprattutto per quanto riguarda ortaggi, carne e pesce».

La ricerca pubblicata su Social Indicators Research fa parte di una serie di studi sulla povertà che alcuni degli statistici dell’Università di Pisa portano avanti da diversi anni, facendosi promotori e membri dal 2015 del Centro Interuniversitario di Ricerca e Servizi sulla Statistica Avanzata per lo Sviluppo Equo e Sostenibile – Camilo Dagum.

Marchetti, professore di statistica del Dipartimento di economia e management dell’Ateneo pisano sottolinea che «L’indagine non riguarda la povertà assoluta, cioè l’impossibilità di comprare un dato paniere di beni alimentari, ma la povertà relativa, ovvero coloro che hanno una capacità di spesa per alimenti al di sotto di una certa soglia media che in Italia si attesta intorno ai 162 euro procapite, cifra che varia da regione a regione e da ricalibrare nel caso di famiglie numerose».

Inoltre, accanto a questo indice i due ricercatori hanno stimato l’insicurezza alimentare degli italiani, condizione che si ha quando la quota della spesa per il cibo supera il 40% della spesa totale e dalla loro analisi emerge che «In Italia questa condizione riguarda il 3,6% della popolazione, circa 2 milioni di persone, con un massimo in Calabria (9,7%) e un minimo in Veneto (0,9%), Friuli (1,2%) e Toscana (1,5%)».

Marchetti ricorda che «Destinare una quota elevata della propria spesa al solo cibo denuncia una difficoltà a sostenere le spese per la casa, la salute e i servizi di base necessari, mettendo le persone a rischio di esclusione sociale, questo naturalmente richiede interventi e politiche economiche volti a consentire condizioni di vita più eque e sostenibili per l’intera popolazione, specie se consideriamo che la ricerca traccia un quadro pre-pandemia e che il Covid-19 potrebbe aver incrementato le disuguaglianze a livello nazionale».