Esperti Onu: il Food Systems Summit emargina i diritti umani e favorisce le multinazionali

La soluzione sono l'agroecologia e il rispetto dei diritti umani, dell’ambiente e del lavoro

[24 Settembre 2021]

Tre esperti dei diritti umani dell’Onu, Michael Fakhri, relatore speciale per il diritto all’alimentazione, David Boydrelatore speciale per i diritti umani e l’ambiente, e Olivier de Schutter, relatore speciale per la povertà estrema e i diritti umani, si sono detti  profondamente preoccupati che il Food Systems Summit Onu non sarà un “vertice popolare” come promesso e che lasci indietro le persone più emarginate e vulnerabili.

Secondo i tre esperti, che sono stati coinvolti nella preparazione del Summit, «Il Summit afferma di essere inclusivo, ma ha lasciato fuori molti partecipanti e oltre 500 organizzazioni che rappresentano milioni di persone e che si sentono ignorati e delusi. Nonostante l’uso occasionale del linguaggio sui diritti umani nel materiale del Vertice, i diritti umani non sono stati adeguatamente intrecciati durante i preparativi del Vertice. Il Vertice potrebbe purtroppo presentare ai governi i diritti umani come una politica facoltativa invece di una serie di obblighi legali».

Fakhri,Boyd e Schutter si chiedono: «Come è possibile che nei due anni necessari per preparare il Summit, gli organizzatori non abbiano affrontato in modo sostanziale la pandemia di Covid-19 e i suoi impatti socio-economici? Il vertice non fornisce alcuna guida specifica ai governi o alle persone su come trasformare i loro sistemi alimentari per superare l’attuale pandemia e la crisi alimentare. Prima che qualcuno si impegni in ciò che il Food Systems Summit sta proponendo, le persone e i governi devono prima discutere e valutare il Summit attraverso un processo inclusivo e multilaterale.

Gli esperti temono che ci sia il rischio che il Food Systems Summit «Serva il settore imprenditoriale più delle persone che sono essenziali per garantire la prosperità dei nostri sistemi alimentari come i lavoratori, i piccoli produttori, le donne e le popolazioni indigene. Non è un mistero. I sistemi alimentari mondiali attualmente violano i diritti umani, aggravano le disuguaglianze, minacciano la biodiversità e contribuiscono al cambiamento climatico. Una delle cause profonde di questi problemi è il fatto che le multinazionali hanno dominato sempre più i sistemi alimentari negli ultimi 60 anni. Gli Stati devono almeno proteggere i diritti delle persone dal potere delle imprese e garantire che le persone abbiano accesso a rimedi efficaci, e le imprese devono almeno rispettare i diritti umani delle persone. Ignorando le cause profonde e gli interessi acquisiti che stanno dietro l’aumento dei tassi di fame, malnutrizione e carestia, il Summit riflette solo lo status quo. Non lascia alle vittime delle violazioni dei diritti umani alcuna indicazione chiara su come superare la disuguaglianza, la violenza, lo sfollamento e il degrado ambientale causati dai sistemi alimentari mainstream».

Fakhri, Boyd e Schutter fanno notare che «Al contrario, un approccio ai sistemi alimentari basato sui diritti umani riterrebbe le corporations  responsabili. Risolverebbe squilibri di potere radicati per quanto riguarda l’accesso alla terra e all’acqua. E affronterebbe questioni fondamentali come il possesso della terra, i mercati equi e la privatizzazione e la monopolizzazione delle sementi».

Gli esperti delle Nazioni Unite ritengono che «Un focus globale sull’agroecologia sia uno dei modi migliori per garantire che i sistemi alimentari rispettino i diritti umani delle persone. Pensiamo che l’agroecologia dovrebbe essere un obiettivo primario perché parte dalla questione delle dinamiche di potere; inquadra il problema come una questione relativa all’accesso alle risorse e al controllo sul sistema alimentare. Una nuova ricerca suggerisce che se calcoliamo la produttività in termini di produzione totale per ettaro e non per un singolo raccolto, e in termini di input di energia rispetto alla produzione, l’agroecologia è spesso più produttiva delle tecniche industriali intensive. Le pratiche agroecologiche possono ridurre gli impatti ambientali e migliorare i mezzi di sussistenza per i piccoli agricoltori, comprese le donne, grazie alla ridotta dipendenza da costosi input esterni. L’agroecologia migliora la qualità dell’aria, del suolo e dell’acqua, consuma meno energia, riduce le emissioni di gas serra e migliora i pozzi di carbonio».

Gli esperti  sono anche preoccupati per le proposte per una nuova interfaccia scienza-politica da istituire sulla scia del Food Systems Summit, sia estendendo il mandato del Summit’s Scientific Group, sia istituendo un nuovo gruppo permanente o un meccanismo di coordinamento basato sul vertice. Per questo hanno esortato i governi del mondo a «Fare affidamento sul Committee on World Food Security (CFS) ampiamente riconosciuto e sul suo gruppo di esperti di alto livello che garantiscono un approccio ai diritti umani e un’ampia gamma di competenze».

Secondo Fakhri, Boyd e Schutter, «L’approccio alla scienza adottato dal Summit’s Scientific Group  esclude le voci di molti attori del sistema alimentare. Il Summit’s Scientific Group  è costituito quasi interamente da scienziati naturali ed economisti. Le valutazioni che ha condotto e commissionato non hanno preso sufficientemente in considerazione le conseguenze delle innovazioni sulle persone emarginate e povere; hanno posto le innovazioni tecnologiche al di sopra delle innovazioni sociali; e non sono stati aperti al controllo pubblico».

I tre esperti Onu concludono: «Vogliamo essere davvero chiari. Nella trasformazione urgentemente necessaria dei sistemi alimentari mondiali per eliminare la fame e proteggere il pianeta, gli Stati devono rispettare, proteggere e soddisfare i diritti umani, inclusi i diritti al cibo, a un ambiente sano e sostenibile e a un adeguato standard di vita. Questi sono obblighi legali, non opzioni politiche».