Stabilimenti a rischio incidente rilevante: in Italia sono 1142

[5 Luglio 2013]

Il territorio italiano più industrializzato è anche quello dove è più alto il rischio di incidente rilevante (Rir). In 4 regioni del nord Italia (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte) si trova oltre il 50% degli stabilimenti Rir presenti sul territorio nazionale (il 25% circa del totale concentrati in Lombardia). Comunque una consistente presenza si rileva anche in alcune regioni del centro-sud, come Sicilia, Lazio e Campania (ciascuna con poco più del 6%), Toscana (circa 5%), Puglia e Sardegna (circa 4%); la regione con il minor numero di stabilimenti Rir è la Valle d’Aosta con 6 stabilimenti. Complessivamente in Italia al 31 dicembre 2012, risultano ben 1142 stabilimenti a rischio di incidente rilevante. Questi in sintesi alcuni dati emersi dal Rapporto sul tema, realizzato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e dal ministero dell’Ambiente che è stato presentato oggi.

«Le recenti vicende che hanno interessato il rapporto tra industria, ambiente e salute dimostrano, una volta di più, la necessità dell’acquisizione e della diffusione con tempestività a tutti livelli (operatori, decisori, opinione pubblica) degli elementi conoscitivi sui fattori di pressione per il territorio connessi alla presenza di attività industriali-hanno spiegato gli estensori del documento- Il ministero dell’Ambiente e l’Ispra hanno predisposto, aggiornato ed utilizzato l’Inventario nazionale degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti, continuamente aggiornato dalle notizie che pervengono al Mattm, oltre che dai gestori degli stabilimenti “Seveso”, dal ministero dell’Interno-Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e Prefetture». Il Rapporto analizza il numero, le tipologie di stabilimenti presenti nei vari ambiti territoriali, i comuni con stabilimenti a rischio, i quantitativi di sostanze e preparati pericolosi presenti, il numero di stabilimenti ubicati entro 100 metri da un corpo idrico superficiale e dalla linea di costa e quantitativi complessivi di sostanze pericolose per l’ambiente detenute, la distribuzione territoriale della pericolosità sismica di sito associata agli stabilimenti.

Per ciò che attiene le tipologie più diffuse di stabilimenti a rischio di incidente rilevante, la prevalenza è degli stabilimenti chimici e/o petrolchimici (circa 25%), concentrati in particolare in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto, e poi i depositi di gas liquefatti, essenzialmente Gpl, per una percentuale di circa il 24% diffusi su tutto il territorio nazionale, in particolare presso le aree urbane.

I depositi di oli minerali, risultano particolarmente concentrati in prossimità delle grandi aree urbane del Paese con importanti porti industriali (Genova, Napoli, ecc.). Dalla tipologia di stabilimento si percepisce anche il tipo di sostanze e preparati pericolosi presenti, con una cospicua presenza di prodotti petroliferi (benzina, gasolio e cherosene) e di gas liquefatti estremamente infiammabili (Gpl e metano). Risulta consistente anche la presenza di metanolo ed ossigeno. Da questi primi dati si intuisce quale possa essere il potenziale pericolo per la popolazione insediata nelle aree urbane ma anche per le più vulnerabili matrici ambientali. Infatti circa il 22% dei 514 stabilimenti “Seveso”, che detengono prodotti petroliferi e sostanze classificati come pericolosi per l’ambiente in quantità superiori alle soglie di assoggettamento, è ubicato entro 100 metri da un corpo idrico superficiale o dalla linea di costa. Inoltre, il 46 % dei quantitativi di prodotti petroliferi notificati (circa 8.6 milioni di ton) sono detenuti entro 100 metri da un corpo idrico superficiale mentre il  40% (7.5 milioni di ton) entro 100 metri dalla linea di costa; oltre il 40 % dei quantitativi notificati di altre sostanze pericolose per l’ambiente (oltre 4.6 milioni di ton) sono detenuti entro 100 metri da un corpo idrico superficiale e circa il 42 %  (oltre 4.7 milioni di ton) entro 100 metri dalla linea di costa.

«Nel Rapporto è riportato anche il numero di stabilimenti, per ciascuna tipologia, relativi agli anni 2004, 2006 e 2010, per valutare gli effetti delle modifiche del campo di applicazione introdotte dai successivi decreti di recepimento nazionale delle Direttive europee- hanno spiegato da Ispra- Con l’entrata in vigore del D.lgs.238/05, infatti, si sono verificate variazioni consistenti del numero di stabilimenti assoggettati alla normativa Seveso per alcune specifiche tipologie di attività: in particolare, è aumentato significativamente il numero degli stabilimenti per il trattamento superficiale dei metalli (triplicato nel 2006 ed ulteriormente raddoppiato nel 2010), dei depositi di esplosivi (quasi raddoppiati), degli impianti di trattamento e recupero (più che raddoppiati), degli impianti di lavorazione dei metalli (aumentati del 50%). Si è riscontrata, contestualmente, una marcata flessione del numero dei depositi di oli minerali (passati da 271 nel 2004 a 110 nel 2012) e di quello delle centrali termoelettriche, più che dimezzate dal 2004 al 2010, ma a partire dal 2011 di nuovo in aumento a causa della nuova classificazione dell’olio combustibile denso utilizzato in alcune di esse».

Considerato che ogni provincia ha praticamente almeno un impianto Rir, si comprende come questa problematica sia diffusa sul territorio e non ascrivibile solo alle aree tipicamente industriali. L’analisi della suddivisione per comune vede in testa alla classifica Ravenna con 26 stabilimenti Rir, seguita da Venezia (con 15 stabilimenti) e Genova (14), con Livorno che si piazza al quinto posto (9 stabilimenti) a pari “merito” con Napoli e Brindisi. Il Rapporto Ispra completo è disponibile all’indirizzo www.isprambiente.gov.it