Il giornalismo è un bene pubblico, ma il business model dei mezzi di informazione si è rotto (VIDEO)

Unesco: è a rischio il nostro diritto fondamentale all'informazione. Il giornalismo indipendente sempre più sotto attacco

[11 Marzo 2022]

Un nuovo rapporto “Journalism is a public good: World trends in freedom of expression and media development; Global report 2021/2022”, pubblicato dall’Unesco,  esamina le tendenze globali in materia di libertà di espressione e sviluppo dei media dal 2016 al 2021 ed evidenzia che «La minaccia esistenziale che ora i social media rappresentano per la sopravvivenza stessa dei media professionali. Negli ultimi 5 anni, sia il pubblico delle news che i ricavi pubblicitari sono migrati in gran numero sulle piattaforme Internet».

Il rapporto rileva che «Google e Meta/Facebook ora assorbono circa la metà di tutta la spesa pubblicitaria digitale globale, mentre le entrate pubblicitarie globali dei giornali sono diminuite della metà negli ultimi 5 anni».

E l’Unesco sottolinea che il Covid-19 ha esacerbato la News Crisis: «La pandemia ha intensificato i trend esistenti al calo delle entrate pubblicitarie, alla perdita di posti di lavoro e alla chiusura delle redazioni». Il rapporto cita i dati dell’International Center for Journalists che mostrano che due terzi dei giornalisti si sentono meno sicuri nel proprio lavoro a causa delle pressioni economiche derivanti dalla pandemia».

Ma è lo stesso rapporto a far notare che durangte una pandemia, «Il giornalismo, in particolare il giornalismo investigativo, è un servizio salvavita in prima linea. Poiché i contenuti falsi relativi al Covid-19 si sono diffusi rapidamente sui social media, la chiusura delle redazioni e la riduzione dei posti di lavoro hanno creato un vuoto significativo nel panorama dell’informazione, in particolare nel sud del mondo». Secondo il COVID19 Infodemics Observatory, un’iniziativa della Fondazione Bruno Kessler, a settembre del 2020 «Circolavano su Twitter oltre 1 milione di post con informazioni imprecise, inaffidabili o fuorvianti relative alla pandemia».

L’Unesco fa notare che «Questa crisi economica arriva anche in un momento di crescenti minacce alla sicurezza dei giornalisti non solo da parte di governi e gruppi criminali, ma anche da lobby private e da alcuni membri del pubblico che si sentono sempre più incoraggiati a lanciare insulti e attacchi online». Un attacco che il rapporto riassume per punti:

Impunità per gli omicidi: dal 2016 alla fine del 2021, l’Unesco ha registrato l’uccisione di 455 giornalisti, morti per lavoro o durante il lavoro. Quasi 9 omicidi su 10 rimangono impuniti. Il tasso globale di impunità per l’uccisione di giornalisti alimenta un ciclo di violenza e ha un effetto raggelante su tutti i giornalisti.

La massiccia violenza online contro i giornalisti è un’altra tendenza nuova e in evoluzione, che colpisce in modo sproporzionato le giornaliste di tutto il mondo. Il discussion paper “The Chilling: Global trends in online violence against women journalists” pubblicato dall’Unesco nel 2021 ha rilevato che più di 7  giornaliste su 10 intervistate hanno subito violenze online. Un quinto ha riferito di aver subito violenze offline in relazione a minacce online.

Anche gli attacchi contro giornalisti che coprono proteste, manifestazioni e rivolte  sono preoccupanti: da gennaio ad agosto 2021, l’Unesco ha registrato questo tipo di attacchi in almeno 60 Paesi in tutte le regioni del mondo. Dal 2015 almeno 13 giornalisti sono stati uccisi mentre seguivano le proteste. 

L’Unesco evidenzia che «In molti Paesi, le leggi non proteggono a sufficienza i giornalisti da queste minacce. E, in alcuni casi, in realtà il quadro giuridico aumenta il rischio per loro. Dal 2016, 44 Paesi hanno adottato o modificato nuove leggi che contengono un linguaggio vago o minacciano punizioni sproporzionate per azioni come la diffusione di “notizie false”, “voci” o “diffamazione informatica”, portando all’autocensura. In 160 Paesi la diffamazione è ancora un reato. Quando la legge sulla diffamazione è penale, invece che civile, può essere utilizzata come motivo di arresto o detenzione, imbavagliando di fatto i giornalisti. I dati del Committee to Protect Journalists mostrano che 293 giornalisti sono stati incarcerati nel 2021, il totale annuale più alto degli ultimi tre decenni».

Per questo, l’Unesco esorta i governi a intraprendere un’azione politica in tre aree chiave per proteggere i media indipendenti e la sicurezza dei giornalisti: 1. Sostenere la redditività economica dei mezzi di informazione indipendenti rispettando nel contempo l’autonomia professionale dei giornalisti. I governi possono, ad esempio, offrire vantaggi fiscali alle testate giornalistiche indipendenti, in un modo che sia equo, trasparente e non comprometta l’indipendenza editoriale. 2. Sviluppare l’alfabetizzazione mediatica e informativa, per insegnare a tutti i cittadini la differenza tra informazioni affidabili e verificate e informazioni non verificate e incoraggiare l’opinione pubblica a ottenere informazioni da media indipendenti. 3. Promulgazione o riforma di una legge sui media per sostenere la produzione di notizie libera e pluralistica, in linea con gli standard internazionali sulla libertà di espressione, in particolare l’articolo 19 dell’International Covenant on Civil and Political Rights.

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  • Journalism is a public good. #WorldMediaTrends Global Report 2021/2022