I media danno molta più visibilità ai negazionisti climatici che a scienziati e ambientalisti

Negli Usa i comunicati stampa contro l’azione climatica hanno il doppio di probabilità di comparire sui giornali di quelli a favore. Una visione distorta del dibattito e delle forze in campo

[30 Luglio 2020]

Dallo studioIn climate news, statements from large businesses and opponents of climate action receive heightened visibility“, pubblicato su  Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da Rachel Wetts del Rachel Wetts del dipartimento di sociologia della Brown University, emerge che «quando le organizzazioni prendono posizione contro le azioni per combattere i cambiamenti climatici, ottengono una maggiore copertura sulle news rispetto a quelle pro-clima».

La Wetts ha analizzato quasi tre decenni di comunicati stampa riguardanti il cambiamento climatico e gli articoli comparsi sui media statunitensi e ha scoperto che «circa il 14% dei comunicati stampa che si oppongono all’azione climatica o negano la scienza alla base dei cambiamenti climatici hanno ricevuto una maggior copertura nelle news nazionali rispetto a circa il 7% dei comunicati stampa contenenti messaggi pro azione climatica».

Queste scoperte potrebbero aiutare a spiegare perché gli statunitensi sembrano meno preoccupati per l’incombente minaccia dei cambiamenti climatici rispetto all’opinione pubblica di altri Paesi occidentali, e perché la politica sui cambiamenti climatici Usa viene così spesso bloccata dal presidente di turno.

La Wetts sottolinea che «quando chiedi agli americani quali sono i problemi di cui si preoccupano di più, i cambiamenti climatici e l’ambiente sono sempre in fondo alla lista. Il modo in cui il cambiamento climatico è stato trattato dai media potrebbe aiutarci a capire perché c’è così tanto disimpegno pubblico su questo tema».

La ricercatrice dice di aver iniziato questo studio «nel tentativo di comprendere fino a che punto la copertura mediatica mainstream potrebbe influenzare le percezioni nazionali sui cambiamenti climatici». Per iniziare, ha valutato e classificato migliaia di comunicati stampa di aziende, organizzazioni ambientaliste, ricercatori scientifici, organizzazioni commerciali e del settore pubblico, pubblicati tra il 1985 e il 2013, per determinare se i comunicati sostenevano o si opponevano all’azione climatica. Poi, ha utilizzato un software di rilevamento sul plagio per scansionare il contenuto di tutti gli articoli di giornale sui cambiamenti climatici pubblicati da New York Times, Wall Street Journal e USA Today, i tre giornali Usa a più grande diffusione, per determinare quanti dei comunicati stampa aveva ricevuto una qualche copertura.

Mentre solo il 10% dei comunicati stampa rilevati da Wetts presentava messaggi anti-clima, erano proprio quelli che avevano una probabilità doppia di ottenere una copertura giornalistica rispetto ai comunicati stampa a favore dell’azione climatica, che erano molto più diffusi. Inoltre, la Wetts ha scoperto che i comunicati stampa delle grandi imprese avevano maggiori possibilità di comparire nelle news, così come i comunicati stampa di gruppi che rappresentano interessi commerciali: «Circa il 16% dei comunicati rilasciati da coalizioni commerciali e associazioni di categoria ha ottenuto una copertura, rispetto a circa il 9% di quelli di altri tipi di organizzazioni. Le opinioni delle grandi imprese e degli oppositori dell’azione climatica stanno ricevendo un’opportunità fuori dal comune per influenzare questo dibattito».

La Wetts è rimasta anche sorpresa nello scoprire che organizzazioni che si occupano di scienza e tecnologia – come IBM, l’American Academy of Arts and Sciences e il Lawrence Livermore National Laboratory – sono tra quelle che hanno meno probabilità di vedere le loro opinioni riportate dai media, con solo il 2,9% dei loro comunicati stampa che sono stati pubblicati in una qualche maniera: «Si penserebbe, semmai, che le aziende con una maggiore competenza scientifica ricevano una maggiore copertura sui giornali. Ma ho scoperto che è vero il contrario».

Il giudizio della ricercatrice sul rapporto della stampa statunitense (e non solo) con l’ambiente e il clima è durissimo: «I risultati sembrano supportare l’opinione popolare secondo cui le mainstream news organizations spesso fuorviano i lettori dando lo stesso peso ai due lati di una discussione, anche quando una parte non è così ampiamente credibile o manca di prove scientifiche. Sembra che i giornalisti debbano sempre includere voci opposte quando riferiscono dei cambiamenti climatici. Ma a volte danno alle voci degli oppositori un peso così grande da indurre i lettori a credere che il negazionismo climatico sia più di una posizione marginale. Una copertura delle notizie che dà lo stesso peso a coloro che si oppongono all’azione climatica non si limita a modificare la percezione dell’opinione pubblica, potrebbe anche indurre sostenitori e leader politici a modificare le azioni intraprese nella lotta ai cambiamenti climatici. I media stanno fornendo un’immagine distorta di come i diversi gruppi sentono questo problema. Questo può smorzare la volontà politica di agire sul cambiamento climatico, con conseguenze potenzialmente gravi per il modo in cui noi come società affrontiamo – o non riusciamo ad affrontare – questo problema».