Yemen: forti piogge e inondazioni sulla più grande e dimenticata crisi umanitaria del mondo

L’Onu fortemente preoccupata anche per il Tigray/Etiopia e per l’Afghanistan. Non arrivano gli aiuti umanitari promessi

[5 Agosto 2021]

Nel suo briefing quotidiano, l’United Nations Office for the coordination of humanitarian affairs (OCHA) ha rivelato che un’altra terribile calamità ha colpito la popolazione dello Yemen, piegata da anni di guerra scatenata dall’Arabia saudita, da siccità, colera e carestia:   «Nello Yemen, forti piogge e inondazioni hanno colpito almeno 28mila persone,  secondo le prime stime. I partner umanitari sul campo stanno conducendo valutazioni e fornendo assistenza, inclusi alloggi, cibo e assistenza sanitaria».

Intanto, negli ultimi giorni i casi di Covid-19 sono aumentati de probabilmente lo Yemen – che è preda da anni della più grande e dimenticata crisi umanitaria del mondo – sta entrando nella terza ondata della pandemia.  All’OCHA sottolineano che «Finora sono stati somministrati poco più di 310.000 vaccini, il che significa che solo l’1% della popolazione ha ricevuto la prima dose. Questo avviene in un contesto di terribili bisogni umanitari, conflitti e minaccia di carestia. Più della metà degli yemeniti sta affrontando livelli di crisi di insicurezza alimentare e 5 milioni di persone sono a un passo dalla carestia. Mentre il valore del rial yemenita continua a precipitare – scambiato a oltre 1.000 rial per dollaro in alcune aree – sempre più yemeniti vengono spinti sull’orlo della fame».

Se i donatori hanno intensificato il loro sostegno all’operazione umanitaria, l’HOCA fa notare che «Il piano di risposta umanitaria dello Yemen è attualmente finanziato per il 47% ( sono stati ricevuti 1,82 miliardi di dollari rispetto al fabbisogno di 3,85 miliardi di dollari). Ma la maggior parte di questi soldi finirà a settembre. Sono urgentemente necessari finanziamenti aggiuntivi e prevedibili in modo che le persone possano continuare a ricevere l’assistenza salvavita di cui hanno bisogno».

Dall’altra parte del Mar Rosso, il nuovo coordinatore dei soccorsi di emergenza dell’Onu, Martin Griffiths, ha concluso una missione di 6 giorni in Etiopia per cercare s di sbloccare l’arrivo di cibo e di altri rifornimenti assolutamente necessari nella regione/Stato del Tigray.

Griffiths ha detto che «Dobbiamo cambiare le circostanze che hanno portato al lento movimento degli aiuti: abbiamo bisogno che il conflitto si fermi»

Secondo l’OCHA, nel Tigray più di 5,2 milioni di persone in tutto il Tigray, pari a oltre il 90% della popolazione, necessitano di assistenza salvavita e tera queste ci sono 400.000 persone ormai alla fame. La scorsa settimana l’Unicef ha avvertito che nel Tigray più di 100.000 bambini potrebbero soffrire di malnutrizione pericolosa e rischiano di perdere la vita nei prossimi 12 mesi, un aumento di 10 volte rispetto al numero normale.

9 mesi di conflitto scatenato dal governo centrale etiope contro il Tigrayan People’s Liberation Front (TPLF) hanno avuto come risultato la sconfitta sul campo delle truppe federali, eritree e delle milizie amhara che avevano invaso il Tigray e hanno fatto estendere le conseguenze della guerra nei vicini Stati etiopi di Amhara e Afar, dove aumentano i bisogni umanitari.

L’Amhara è colpito a sua volta da altri conflitti regionali ed etnici, inondazioni improvvise e insicurezza alimentare, che sta aumentando il numero di sfollati interni nelle zone centrali di Gondar e Awi. E oltre 100.000 sfollati interni hanno attraversato il confine tra Amhara e Tigray e vivono in diversi campi profughi.

Ad Addis Abeba Griffiths ha incontrato il vice primo ministro e ministro degli esteri dell’Etiopia Demeke Mekonnen Hassen, i capi delle agenzie Onu e le ONG per discutere della spirale di guerra che sta portando l’intero Paese a un rapido declino. Ma prima il nuovo coordinatore dei soccorsi Onu aveva passato due giorni nel Tigray, dove ha toccato con mano una situazione terribile: «Ho incontrato persone nel Tigray che hanno perso tutto ciò che avevano, dopo aver dovuto fuggire dai loro villaggi o città, lasciando le loro case e fattorie. Ad Hawzen, ho visitato una famiglia la cui casa è stata bruciata e i raccolti sono stati saccheggiati.  E’ stato straziante vedere la portata della devastazione e le famiglie che, fino ad oggi, non hanno un posto dove vivere o cibo da mettere in tavola».

A Mekelle, la capitale del Tigray, e Freweyni, Griffiths ha parlato con donne che «Hanno subito “violenze inimmaginabili», comprese alcune che hanno riferito di essere state struprate per settimane dai soldati etiopi ed eritrei e «Sebbene queste donne abbiano bisogno di servizi completi e olistici, questo non è disponibile poiché la maggior parte dei centri sanitari non è funzionante».

L’alto funzionario dell’Onu ha detto che in un ospedale di Hawzen che ha visitato «Quasi nient’altro che i muri sono stati lasciati intatti; tutte le attrezzature e i medicinali devono essere sostituiti. E l’interruzione dei servizi essenziali, compreso l’accesso alle comunicazioni, al carburante e al sistema bancario, sta aggravando una situazione disperata».

Griffiths ha respinto con forza le accuse dei funzionari del governo etiope secondo le quali gli operatori umanitari sono prevenuti a favore dei ribelli del Tigray: «Le accuse generalizzate nei confronti degli operatori umanitari devono finire, devono essere supportate da prove se ce ne sono e, francamente, tutto questo è pericoloso. Mentre centinaia di migliaia di persone soffrono la carestia, siano autorizzati gli aiuti disperatamente necessari nella regione montuosa. Abbiamo bisogno di 100 camion al giorno che vadano nel Tigray per soddisfare i bisogni umanitari, Una cifra che corrisponde al bisogno calcolato e non è sovrastimato. Nei giorni scorsi nel Tigray sono entrati solo 122 camion».

Intanto. mentre intensificano gli sforzi di risposta ad Amhara e Afar, l’Onu e le organizzazioni umanitarie stanno anche assistendo milioni di persone vittime di conflitti, sfollamenti e siccità in tutta l’Etiopia. E Griffiths non vuole farsi condizionare dalle polemiche e dalla propaganda di Addis Abeba: «La mia priorità più alta è che ogni etiope che ha bisogno di assistenza la riceva».

Infatti, le agenzie Onu stanno supportando i partner dell’OCHA e le controparti del governo in tutta la regione/Stato dell’Amhara, dalla quale sono partiti l’attacco e milizie tribali contro il “nemici” del Tigray. Ma l’OCHA ha avvertito che «La limitata presenza umanitaria nella regione ha reso la risposta insufficiente e che i ripari di emergenza, il cibo e gli articoli non alimentari rimangono priorità chiave, insieme al preposizionamento di aiuti per salute, nutrizione, riparo e forniture.

A preoccupare profondamente l’OCHA è anche la situazione a Lashkargah, nel sud dell’Afghanistan, dove decine di migliaia di persone potrebbero essere intrappolate dai combattimenti tra l’esercito di Kabul e i Talebani. L’Agenzia Onu spiega che «I combattimenti in corso nelle province di Hilmand e Kandahar hanno portato allo sfollamento di civili in aree adiacenti più tranquille all’interno dei capoluoghi di provincia e dei distretti limitrofi. A Hilmand e Kandahar, ci sono segnalazioni di un aumento delle vittime civili, distruzione o danni alle abitazioni civili e alle infrastrutture critiche, compresi gli ospedali. Ospedali e operatori sanitari sono sopraffatti dal numero di feriti».

L’Onu e i suoi partner umanitari stanno valutando i bisogni e, se l’accesso umanitario viene consentito, cercano di portare aiuti. Il 1° agosto, a Kandahar oltre 2.000 persone sono state raggiunte con cibo, acqua, servizi igienico-sanitari e assistenza in denaro.   Ma «Dall’inizio dell’anno, quasi 360.000 persone sono state sfollate con la forza a causa del conflitto. Dal 2012 sono state sfollate circa 5 milioni di persone – denuncia l’OCHA – Gli attacchi alle strutture sanitarie nella prima metà dell’anno hanno privato 200.000 persone in Afghanistan dell’accesso alle cure di base».
L’Onu esorta le parti in conflitto a «Proteggere i civili, gli operatori umanitari e le infrastrutture civili, comprese scuole e ospedali, nel rispetto del diritto umanitario internazionale» e le invita a «Concedere agli operatori umanitari l’accesso per fornire assistenza senza interferenze, in conformità con i principi umanitari».

Agenzie Onu e ONG umanitarie si sono impegnate a rimanere per aiutare la popolazione civile e nel 2021, nonostante il peggioramento delle condizioni, hanno raggiunto quasi la metà dei quasi 16 milioni di persone oggetto di assistenza. Anche per l’Afghanistan, chiede ai donatori di finanziare urgentemente il piano di risposta umanitaria dell’Afghanistan, che richiede 1,3 miliardi di dollari ma ha ricevuto solo 485 milioni di dollari, il 38% dei finanziamenti promessi.