Venezia dopo l’acqua alta record: «Capire, per il futuro»

La riflessione programmatica del FAI - Fondo Ambiente Italiano

[20 Novembre 2019]

Oggi, presso Casa Bortoli a Venezia, si è riunito il Consiglio d’Amministrazione straordinario del FAI – Fondo Ambiente Italiano, il primo consiglio convocato fuori Milano nella storia della Fondazione, che ha approvato la eguente riflessione programmatica:

Il 12 novembre l’acqua alta ha ferito Venezia e spaventato i veneziani e il mondo intero. È stato l’assedio di un nemico a una città indifesa. Venezia non ha mai avuto mura, perché le sue mura sono le acque particolari che la cingono e la proteggono fin dalla fondazione. La sua difesa è la Laguna!

Un monito severo era scolpito nel marmo sul Palazzo dei Dieci Savi, sede del Magistrato alle Acque della Repubblica Serenissima dal 1501: “La città dei Veneti, per volere della Divina Provvidenza fondata sulle acque e circondata da una cerchia di acque, è protetta dalle acque in luogo di mura: e pertanto chiunque in qualsiasi modo oserà arrecar danno alle acque pubbliche venga condannato come nemico della patria e punito non meno gravemente di chi violasse le sante mura della patria. Il disposto di questo editto sia immutabile e perpetuo.”

Nel corso della storia Venezia ha dedicato la massima cura e i massimi esperti alla salvaguardia e alla conservazione della Laguna – si vedano gli accesi dibattiti, nel Cinquecento, tra Cristoforo Sabbadino Magistrato alle Acque, e il nobile intellettuale padovano Alvise Cornaro – perché la salute della Laguna era la salvezza della città.

Negli ultimi sessant’anni, al contrario, la Laguna è stata ignorata, devastata, abusata, e oggi è compromessa nella morfologia e nel funzionamento, cioè nel delicato sistema da cui dipende la sua salvezza. È come se le mura di una città fossero in rovina, e il nemico potesse sferrare il suo attacco quando vuole. L’acqua alta dei giorni scorsi ha colpito una città che non ha più nella Laguna il suo baluardo. Pertanto, se vogliamo salvare Venezia, dobbiamo rimettere al centro delle riflessioni e degli interventi proprio la Laguna, ricominciando a prendercene cura e impedendo ogni azione ulteriore che possa aggravarne la salute. Anzi, è forse tempo di pensare a come recuperare quanto si è perso di quel naturale sistema difensivo, con un nuovo approccio centrato non più sulle grandi opere infrastrutturali del Novecento, ma su una paziente e delicata “ricucitura” del tessuto lagunare, affidata a progetti di ingegneria ambientale.

Luigi D’Alpaos, Professore Emerito di idraulica all’Università di Padova e tra i massimi conoscitori della Laguna, ha definito il Canale dei Petroli, scavato nel 1960 tra la Bocca di Malamocco e Marghera, per il transito delle petroliere, “il più devastante impatto idraulico del Novecento”. Infatti è dimostrato che lo scavo di canali come quello menzionato e il passaggio incessante di grandi navi, prima mercantili e oggi anche crocieristiche, hanno fortemente accentuato la naturale erosione dei fondali e distrutto il tessuto morfologico della Laguna, trasformandola, soprattutto il centro, in un braccio di mare.

In cento anni la mappa del fondale lagunare è radicalmente cambiata, il paesaggio sommerso è stato stravolto. È sparita quella tipica ramificazione capillare di canaletti e bacini d’acqua, che articolavano e irroravano la Laguna fino ai suoi margini come un sistema venoso, garantendo la vita di un ecosistema del tutto eccezionale. È sparita gran parte delle barene – i tipici rilievi lagunari ricoperti di cespugli, sede di una straordinaria biodiversità – le quali erano periodicamente sommerse dall’acqua, mentre ora lo sono sempre. Oggi i tipici bassi fondali della Laguna sono generalmente spianati e notevolmente approfonditi: la profondità media all’inizio dell’Ottocento era di 40 cm, passata a 60 cm nel 1930, e addirittura a 150 cm oggi. Le conseguenze sono drammatiche: il regime delle correnti è stravolto e la Laguna non è più in grado di offrire una regolazione naturale del propagarsi delle maree, che ora avanzano molto più velocemente che nel passato, scorrendo nei grandi canali artificiali come su “autostrade dell’acqua alta”.

L’alterazione del sistema della Laguna ha un impatto costante e quotidiano sulla salute di Venezia, ma soprattutto espone le sue fragilità agli attacchi di fenomeni straordinari come l’acqua alta dei giorni scorsi, sempre più frequente negli ultimi decenni. Nei primi sessant’anni del Novecento le ondate di marea eccezionali, oltre i 120 cm, erano state 10; nei sessant’anni successivi, dal 1960 a oggi, se ne contano ben 101, dieci volte di più! L’ultima è stata l’acqua alta del 12 novembre, oltre i 180 cm, dovuta a una combinazione particolarmente sfavorevole di fattori meteorologici, che prima era straordinaria, mentre ora sta diventando ordinaria.

Il clima è cambiato, e il complesso e fragile ecosistema di Venezia risente in anticipo e con folgorante evidenza delle conseguenze, mostrandoci qui e ora, quel che altrove nel mondo potrebbe accadere domani o in un prossimo futuro. Il riscaldamento globale, causato dalle emissioni di gas a effetto serra, è la causa ormai dimostrata di eventi meteorologici violenti e imprevedibili, ma anche del più rapido innalzamento del livello del mare: un’altra minaccia per Venezia. Secondo studi internazionali (IPCC – Intergovernmental Panel on Climate Change) e nazionali (ENEA) l’intero Delta del Po è a rischio di allagamento entro il 2100: a Rovigo, Chioggia, Comacchio, Ravenna e Jesolo potrebbe toccare la stessa sorte di Venezia. L’aumento del livello del mare atteso per quella data – fino a un massimo di 140 cm nell’Adriatico settentrionale – modificherà irreversibilmente la morfologia attuale del territorio italiano. Così 5.500 km quadrati di pianura costiera potrebbero essere sommersi. In questa previsione apocalittica l’intero piano terra di Casa Bortoli, dove noi oggi siamo, finirebbe sott’acqua e lo stesso avverrebbe in gran parte della città.

In questi giorni Venezia ha riempito le pagine dei giornali, e si parla soprattutto di MOSE e Grandi Navi. Eppure anche il cittadino più informato difficilmente si orienta sulla natura vera del problema. Invece tutti dovrebbero capire cosa sta succedendo e come, forse, si potrebbe ancora salvare Venezia. Su tutto ciò le prime riflessioni del FAI sono tre:

  1. Serve una rivoluzione del punto di vista: salvare Venezia presuppone salvare la Laguna, perché la città è tutt’uno con la Laguna. Pertanto, scavare un altro canale – l’ipotizzato allargamento del Vittorio Emanuele – per collegare il futuro polo crocieristico di Marghera alla Stazione Marittima di Venezia, sarebbe un altro colpo inferto alla salute e alla salvezza di Venezia.
  2. Serve un diverso modello di sviluppo, perché quello finora imposto alla città si è rivelato fallimentare, obsoleto e dannosissimo. La Laguna è stata asservita prima a una visione essenzialmente industriale e oggi, dopo la crisi del porto industriale, al solo comparto crocieristico, con le conseguenze di uno svilimento ulteriore di Venezia a un’insensata Disneyland del turismo di massa. In questi termini si è espresso anche il Patriarca Francesco Moraglia. Il nuovo modello di sviluppo deve essere sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale, culturale ed economico, e fare leva sulle caratteristiche identitarie, naturali e storiche, della città e della sua Laguna, che non hanno confronti: tante città possono avere vocazione industriale, ma nessun’altra città ha il patrimonio umano, storico, artistico e paesaggistico di Venezia.
  3. Accogliendo il grido di dolore che giunge da Venezia, serve con efficacia e tempestività una gestione congiunta della Laguna, che garantisca la salute della stessa e la salvezza della città. Serve inoltre un’amministrazione dedicata alla città e alle isole con competenze specifiche e un forte senso di responsabilità civica. Nell’interesse di Venezia e di Mestre vanno rispettate le singole esigenze. Il referendum del 1° dicembre rappresenterà, pertanto, un discrimine fondamentale.

In conclusione, il FAI fa proprio il monito già scolpito sul Palazzo dei Dieci Savi: “chiunque in qualsiasi modo oserà arrecar danno alle acque pubbliche venga condannato come nemico della patria e punito non meno gravemente di chi violasse le sante mura della patria.”

FAI – Fondo Ambiente Italiano