Un mondo migliore

[25 Maggio 2023]

Welcome idiots 

Woody Allen, “Amore e guerra”

 

Al raduno nazionale dei deficienti la tesi che raccoglie i maggiori consensi è quella che imputa la tragedia di questi giorni agli istrici e agli ecologisti.

Qualcuno ci mette dentro anche la burocrazia, che fa sempre brodo.

L’idea guida, se tale la vogliamo generosamente considerare, è che “i Verdi” e i vincoli abbiano impedito di fare quel che andava fatto.

Nessuno è sfiorato dal dubbio che non bisognasse fare quel che è stato rovinosamente fatto.

Per alterare il clima e per rendere il territorio ancor più fragile di come la natura ce lo ha consegnato.

Se vai nella direzione sbagliata continuare a camminare ti allontana ancor più dalla meta.

Sarebbe forse il caso di cambiare strada.

Non possiamo risolvere i problemi con gli stessi schemi di pensiero con cui li abbiamo creati, diceva Einstein.

Si potrebbe cominciare col riconoscere che alla base degli odierni eventi calamitosi c’è un’emergenza climatica cui non è estranea la mano dell’uomo.

Negando il fondamento e irridendo le azioni di contrasto, come faceva solo pochi mesi fa la Premier Meloni a proposito del green deal europeo “Che ci porterà a perdere migliaia di aziende e milioni di posti di lavoro”, la strategia di contenimento dei fenomeni che ci stanno percuotendo assume significati e connotati differenti.

Dobbiamo restare uniti e va bene, ma per fare cosa?

A parte naturalmente i soccorsi, che non c’è nemmeno bisogno di dirlo.

Cosa, se non ci mettiamo d’accordo sulle cause e sui rimedi?

Come, se c’è gente che ancora sciacalleggia sulle contraddizioni del “modello emiliano” , che modello alternativo e men che meno perfetto non lo è più dalla fine della guerra fredda, ma è solamente, e grazie alla sua gente, amministrato un po’ più decentemente di altre contrade.

Non so se il pensiero è unico, che non mi pare proprio, ma il modo di produrre e di consumare che fa contorcere dal dolore la Terra certamente si.

E questa sciagura potrebbe venir buona per parlarne seriamente, senza rinviare a non si sa quando quel che avremmo già dovuto fare da tempo.

Così van le cose nel Belpaese, everybody knows, canta Leonard Cohen, tutti lo sanno.

L’elusione è un’arte.

Non siamo forse un popolo di artisti?

La questione più importante di questo secolo e di quelli a venire, il cambiamento climatico e dunque il destino della Terra e dei suoi inquilini non è ancora al centro degli interessi della politica e, a quanto è dato capire, della gente.

Malgrado gli allarmi della scienza.

Già comprovati dai fatti.

Pur se siamo solo all’inizio di questa brutta storia.

Se anche l’innalzamento delle temperature del pianeta fosse il frutto di un ciclo naturale e il contributo del genere umano fosse “solamente” incrementale, a maggior ragione non sembra il caso di dare una mano ad un processo destinato ad addurre infiniti lutti ai nostri nipoti.

Gettando benzina anziché acqua sulla casa in fiamme.

L’argomento che l’Italia e l’Europa intera concorrono in misura minore al disastro planetario è quel che appare, un espediente.

Il mondo è interconnesso e interconnesse devono essere le nostre azioni.

Tutte gravide di conseguenze.

Prima tu, prima lui, prima loro, è il modo sicuro perché non si muova nessuno.

Ma qualcuno dovrà ben cominciare.

A scalare la montagna.

Now and everywhere, dice Edgar Morin.

Adesso e ovunque dicono i nostri ragazzi .

Se non ora quando e chi se non l’Occidente.

Che più di ogni altro ha beneficiato e dissipato.

Che non ha titolo per recriminare e ha qui l’occasione per accreditare quel primato valoriale che suppone di possedere.

C’è stata una stagione nella quale era possibile sbagliare perché c’era margine e tempo per rimediare.

Ora non più.

È la Terra la nostra prima madre, la madre di tutte le madri, la patria di tutte le patrie.

È da una manciata del suo fango che siamo stati creati.

Dobbiamo esserle grati, rispettarla, amarla.

Serve generosità, coraggio, intelligenza.

Per attraversare il guado serve l’impresa di una generazione, di cui rendere orgogliosi i nostri figli.

Che ci spronano a compierla, come si scuote un uomo addormentato per svegliarlo perché la casa va a fuoco.

Non si capisce la ragione della nascita dell’ecologismo, che è un portato e non un accidente della storia, non si capisce Greta e il suo seguito fra i nostri ragazzi, non si capisce niente di niente se non si parte dalle ragioni profonde, urgenti, giuste per cui tutto questo accade.

Che muovono perfino i confusi, autolesionistici impulsi degli esecratissimi imbrattamuri di Istituzioni già abbastanza imbrattate da dentro.

Forse è un residuo dell’anima anarchica romagnola che mi riporta alla mente le parole di De André quando, a proposito delle banche, diceva che i più pericolosi non sono quelli che le assaltano ma quelli che le dirigono.

La morte, ha scritto Pasolini, non è nel non poter comunicare ma nel non poter più essere compresi.

Questa è la condizione dei nostri giovani che vediamo ripulire le città dal fango.

Di scandaloso in questo frangente della storia c’è solo la sordità alle loro istanze.

L’ambientalismo delle origini ha avuto difetti, ha commesso errori ed eccessi.

Come il femminismo del resto, come ogni movimento che deve ricorrere alla radicalità per oltrepassare il muro dell’indifferenza che si frappone al cambiamento.

Il movimento politico dei Verdi poi, è stato anche maldestramente diretto.

Ma che siano loro la o anche solo una delle cause di questa situazione ha, come diciamo dalle nostre parti, i maroni.

Sono pochi, non hanno mai governato, e dove sono molti, e governano, come in Germania, il territorio è curato un po’ meglio che da noi.

Quando ero amministratore in Regione il rapporto coi Verdi ha conosciuto anche contrasti, ma hanno sempre rappresentato un pungolo dialettico prezioso in un quadro politico complessivamente poco sensibile alle tematiche ecologiche.

Se non ci fossero stati bisognava inventarli.

Non ci hanno mai impedito di fare le scelte giuste.

Anche quando, come per la diga di Ridracoli, erano, sbagliando, contrari.

Nascondere gli errori di chi ha retto le sorti del Paese dietro di loro è ridicolo come attribuire agli animali la responsabilità delle nostre bestialità.

 

di Guido Tampieri

già assessore agricoltura e ambiente dell’Emilia-Romagna