Studio italiano: il cambiamento climatico accelera la velocità dei suoni nell’oceano. E per gli animali marini è male

Balene e altri mammiferi si affidano a un fragile equilibrio di suoni sottomarini e il cambiamento climatico potrebbe alterarlo

[5 Aprile 2022]

Da decenni la temperatura degli oceani sta aumentando, con un’accelerazione ulteriore negli ultimi trent’anni. Gli oceani più caldi hanno ucciso pesci, cancellato aree di riproduzione e sbiancato le barriere coralline, eliminando fonti di cibo essenziali per gli organismi marini e producendo effetti lungo tutta la catena alimentare. Il cambiamento climatico è una minaccia rilevante su scala globale, con impatti sugli ecosistemi e sulla biodiversità oceanica. Una parte considerevole della vita marina dipende dai suoni. I mammiferi marini, in particolare, sfruttano il suono in tutti gli aspetti della loro vita, compresi l’alimentazione e l’accoppiamento. Lo studio “Ocean Sound Propagation in a Changing Climate: Global Sound Speed Changes and Identification of Acoustic Hotspots”, pubblicato recentemente su Earth’s Future da Alice Affatati,Chiara Scaini e Stefano Salon dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) di Trieste, evidenzia che « La fauna marina, in particolare i cetacei, dipende dal suono per tutte le funzioni biologiche. Il cambiamento climatico è probabilmente la più grande sfida antropogenica che l’umanità deve affrontare e sta danneggiando la biodiversità e gli ecosistemi su scala globale».  Per questo il team italiano esplora un impatto poco noto del cambiamento climatico: la propagazione del suono, calcolando il campo globale tridimensionale della velocità del suono sottomarino.

Il “paesaggio sonoro oceanico” è un ecosistema di suoni sottomarini, quello che i ricercatori chiamano una “cacofonia di vibrazioni” che include l’attività degli organismi marini, le onde e lo spezzarsi del ghiaccio marino, il movimento delle navi e l’estrazione di risorse. Gli organismi oceanici sono abituati a questo specifico fluire dell’attività audio. Molti si affidano al delicato paesaggio sonoro per soddisfare le loro esigenze di sopravvivenza, inclusi nutrirsi, trovare compagni, migrare, combattere ed evitare i predatori e avvertire gli altri su di loro.

Il suono viaggia più velocemente nell’acqua più calda, perché le molecole nei fluidi hanno più energia per spostarsi più rapidamente e consentono al suono di passare più velocemente. A queste temperature più elevate, i suoni durano più a lungo prima di svanire. I ricercatori italiani spiegano che «Il calcolo è stato effettuato sulla base delle condizioni presenti (2006–2016) e di uno scenario climatico futuro “business as usual” (Representative Concentration Pathway 8.5), identificando due “hotspot acustici” dove sono previste maggiori variazioni di velocità del suono. I nostri risultati indicano che gli hotspot acustici identificati presenteranno sostanziali variazioni di velocità del suono indotte dai cambiamenti climatici verso la fine del secolo, potenzialmente incidendo sulle attività vitali delle specie nelle aree. Vengono fornite prove dell’impatto di tale variazione sulla trasmissione del suono subacqueo».

Come esempio di specie influenzata da questo fenomeno è stata scelta una specie in via di estinzione: la balena franca nordatlantica (Eubalaena glacialis ) e i ricercatori sottolineano: «Per quanto ne sappiamo, questo è il primo set di dati su scala globale dei cambiamenti della velocità del suono indotti dal clima previsti in uno scenario futuro. Questo studio fornisce un punto di partenza per la ricerca orientata alle politiche per promuovere la conservazione degli ecosistemi marini e, in particolare, dei mammiferi marini in via di estinzione. Inoltre, apre la strada per studiare la possibile combinazione di tali cambiamenti con altre pressioni antropogeniche (ad esempio, il traffico navale) che in futuro potrebbero mettere in pericolo più specie.

Modellando un nuovo “paesaggio sonoro” del futuro, i ricercatori hanno trovato questo effetto di accelerazione, in particolare in due hotspot: l’Atlantico nordoccidentale e il Mare della Groenlandia e temono che questo fenomeno potrebbe contribuire al «Rischio imminente di perdita di biodiversità su scala globale».

Il team di scienziati ha utilizzato proiezioni climatiche basate su uno “scenario ad alte emissioni” che si verificherà se continueremo a emettere gas serra alla stessa velocità di oggi e ha modellato il paesaggio sonoro dei futuri oceani nel 2100, scoprendo che, in questo scenario, nella maggior parte dei mari dovrebbero esserci grandi variazioni del suono entro la fine del secolo, compreso un aumento dell’1% della velocità del suono nel Mar dei Caraibi meridionali, nel Golfo del Messico e nell’Oceano Artico.

Nei  due hotspot acustici, nei quali la velocità media del suono potrebbe aumentare di oltre l’1,5%, o 55 miglia orarie, rispetto alla velocità attuale, che a 15 metri di profondità  è di circa 3.250 miglia orarie nelle regioni polari, e 3.400 miglia orarie nelle aree equatoriali.

Per quanto riguarda gli hotspost, la Affatati, che è una ricercatrice di bioacustica anche al Department of Ocean and naval architectural engineering della Memorial University of Newfoundland and Labrador (Canada), spiega in un’intervista a The Fast Company  che uno «E’ un’area dell’Atlantico nordoccidentale, a est di Terranova, una regione particolare dove si incontrano correnti calde e fredde. Sia in questo punto che nell’altro, il Mare di Groenlandia, la vita marina potrebbe subire cambiamenti sostanziali».

I ricercatori hanno modellato i suoni della balena franca nordatlantica, una specie della quale nel mondo restano 350 individui, e la Affati dice che se questi si uoni emessi dai cetacei perr l’ecolocalizzazione o per tenersi in contatto vengono distorti «Potrebbe avere un impatto sulle loro abitudini alimentari».

E modellando la futura “risposta” della balena franca a un mare più caldo e che ha scoperto che «Il suono a 50 Hz diretto a un’altra balena franca viaggerebbe più lontano e più velocemente in un oceano più caldo». E la cosa non riguarderebbe solo le balene:  i ricercatori dicono che «Gli animali sarebbero colpiti a molti livelli trofici, ntrambi questi hotspot sono aree ad alta biodiversità. Se espulsi dai cambiamenti sonori, gli organismi possono anche decidere di migrare lontano dai loro habitat naturali, con un impatto sull’intera catena alimentare».

Lo studio presuppone che gli animali non sarebbero in grado di cambiare le loro capacità vocali, ma la  Affatati afferma che «E’ possibile che gli animali possano evolversi adattandosi a nuovi paesaggi sonori. Alcuni cetacei modificano le loro frequenze se si trovano di fronte a fondali rumorosi. E uno studio in passato ha mostrato che, in risposta all’aumento della caccia alle balene, le balenottere azzurre hanno abbassato del 31% le frequenze dei loro “canti” dagli anni ’60, poiché devono coprire più spazio a causa del calo delle popolazioni».

Ma i risultati dello studio suggeriscono che anche altri suoni, in particolare quelli causati dall’attività antropica, viaggerebbero più velocemente, rappresentando un’altra minaccia. Potrebbero interferire con i paesaggi sonori introducendo “inquinamento acustico”, mascherando altri suoni che gli animali hanno bisogno di sentire. La Affatati ha usato un’analogia: «Se chiedi a un amico a cena di passarti il sale, se non c’è rumore di fondo, è probabile che ti sentirà, se altri 20 al tavolo stanno chiacchierando, potrebbe non farlo».

Ad essere in aumento è in particolare il rumore prodotto dal traffico commerciale marittimo e nell’hotspot del Mare di Groenlandia, come in ad altre aree artiche, lo scioglimento dei ghiacci sta creando opportunità per nuove rotte commerciali di navigazione. La Affatati  conclude: «Quindi, queste aree sperimenteranno ancora più cambiamenti. Le balene che si immergono in profondità per cacciare possono anche essere confuse dai rumori dei sonar delle navi , che in passato hanno causato embolie, spiaggiamenti ed esposizione agli attacchi di squali. La ricerca del nostro team potrebbe aiutare a informare le politiche di conservazione e gestione sostenibile necessarie per proteggere la biodiversità. Fondamentalmente, se agiamo sul cambiamento climatico raggiungendo gli obiettivi di riduzione delle emissioni, questa futura distorsione del paesaggio sonoro potrebbe non verificarsi. Ma ci sono molte variabili interagenti tra l’attività umana e animale da tenere in considerazione in ulteriori ricerche. Non lo sappiamo. Non sappiamo cosa accadrà tra 100 anni».