Si possono ridurre le emissioni dell’Unione europea del 65% entro il 2030. Quali sono le politiche necessarie

L’Italia deve svolgere un ruolo fondamentale per aumentare il target Ue almeno al 55%

[22 Giugno 2020]

Domani si terrà la riunione dei ministri dell’Ambiente dell’Unione europea per discutere il contributo delle politiche ambientali e climatiche alla ripresa post Covid19  L’obiettivo di riduzione delle emissioni riveduto dell’Ue per il 2030 dovrebbe essere approvato dal Parlamento europeo in ottobre e la sua adozione finale è prevista entro dicembre.

Alla vigilia di questo importante summit, Climact  ha presentato oggi il nuovo rapporto “Increasing the EU’s 2030 emissions reduction target – How to cut EU GHG emissions by 55% or 65% by 2030” che dimostra  come l’Ue possa aumentare i suoi obiettivi climatici di riduzione delle emissioni al 2030 del 55% o addirittura del 65% rispetto ai livelli del 1990 anche escludendo l’uso del suolo, il cambiamento di destinazione d’uso del suolo e la silvicoltura (Lulucf) e le emissioni dei voli e del traffico navale internazionali, in partenza o in arrivo nell’Ue.

Alla fine anche l’Italia – che dovrà rivedere i suoi attuali obiettivi climatici, molto più bassi – si è detta a favore di un taglio delle emissioni tra il 50 e 55% e il nuovo rapporto analizza 3 possibili scenari e dimostra che è «effettivamente possibile ridurre le emissioni di almeno il 55% e anzi sia possibile addirittura arrivare al 65%».

Per l’obiettivo del 55%, esiste una certa flessibilità nelle opzioni da scegliere. Ad esempio, è possibile ridurre del 55% le emissioni grazie alla rapida diffusione di tecnologie già conosciute senza modificare in modo significativo i nostri stili di vita. In alternativa, si potrebbe raggiungere il 55% grazie ad un miglioramento del nostro stile di vita (ad esempio attraverso diete più sane e la riduzione degli spostamenti non necessari) e una diffusione più moderata delle tecnologie.

Invece, la riduzione delle emissioni del 65% entro il 2030 sarebbe possibile con  un’azione rapida sia per la diffusione delle tecnologie che per il miglioramento dello stile di vita. I tagli alle emissioni entro il 2030 potrebbero essere ottenuti con diversi livelli di impegno nei diversi settori: nella produzione dell’energia e nell’impiego della contestata tecnologia di carabon capture and storage (CCS) per le industrie.

Ma Per ottenere una transizione dell’economia verso le emissioni net zero entro il 2050, nessun settore può essere lasciato da parte, e la progettazione delle politiche deve tenere conto delle interconnessioni fra le diverse attività economiche.

Ecco i principali risultati di “Increasing the EU’s 2030 emissions reduction target”.

Settore elettrico: I tassi di diffusione dell’energia solare e eolica dovranno almeno raddoppiare o triplicare entro il 2030. Anche la domanda di gas è almeno dimezzata entro il 2030 (rispetto al livello del 2019) in tutti gli scenari, per cui sarà importante ridurre al minimo qualsiasi investimento in nuove infrastrutture del gas che in futuro diventerebbero stranded assets

Trasporti:      In tutti e tre gli scenari esaminati nel rapporto, i veicoli elettrici dovranno prendere piede più rapidamente, ovvero tra il 60% e il~90% di nuove vendite entro il 2030 o poco dopo, soprattutto perché le auto devono essere costruite per durare sempre più a lungo alla luce di un’economia più circolare.  Questo cambiamento tecnologico richiederà la decarbonizzazione dell’elettricità, aumentandone al contempo la produzione e garantendo un’integrazione intelligente dei settori dei trasporti e dell’energia.  Le misure dal lato della domanda, come una maggiore propensione verso i trasporti pubblici o le biciclette così come un maggiore car sharing, aiuterebbero a ridurre la dipendenza da grandi flotte di auto che necessitano di un significante uso di materie prime.  Aviazione: In uno scenario incentrato sulla tecnologia, le politiche devono sostenere l’intensificazione dell’innovazione sul versante tecnico, sia per quanto riguarda i carburanti che gli aeromobili. Anche se contribuiscono in misura limitata alla riduzione delle emissioni entro il 2030, sono fondamentali per ridurre le emissioni nel settore dei trasporti nel medio termine.

Edilizia: I tassi di ristrutturazione degli edifici dovranno almeno raddoppiare o triplicare entro il 2030, e queste ristrutturazioni dovranno essere eseguite in modo molto più approfondito. Ciò richiederà innovazione per digitalizzare e industrializzare la ristrutturazione delle case su larga scala e a costi ragionevoli.  Allo stesso tempo, la produzione di calore deve essere decarbonizzata sfruttando tutte le alternative in base alle circostanze locali, come le pompe di calore, il solare termico o il teleriscaldamento.

Industria:  Tutti gli scenari dimostrano chiaramente che l’industria dell’Ue deve cogliere le opportunità dell’economia circolare per raggiungere le zero emissioni nette entro, al più tardi, il 2050.  Per ottenere una riduzione delle emissioni in linea con gli scenari analizzati, gli investimenti, la ricerca e lo sviluppo devono aumentare entro il 2030. La transizione è incoraggiata da centinaia di aziende che già fissano obiettivi scientifici per ridurre le loro emissioni dirette e indirette di gas serra, allineando così la loro strategia all’accordo di Parigi e al Green Deal dell’Ue.

Agricoltura, uso del suolo e bioenergia: In tutti e tre gli scenari analizzati, entro il 2030, le emissioni agricole saranno ridotte di almeno il 25% rispetto ai livelli del 2015 (quindi di almeno il 39% rispetto al 1990). Indipendentemente dallo scenario analizzato, le misure da intraprendere riguardano la massima riduzione degli sprechi alimentari, utilizzare il territorio nelle sue diverse funzioni e l’aumento di diete salutari (compresa la riduzione del livello di consumo di carne e della quota di carne proveniente da ruminanti). La domanda di bioenergia nei tre scenari rimane ai livelli della domanda del 2015, e per quanto riguarda la domanda di biocombustibili liquidi diminuisce di almeno il 10% entro il 2030 rispetto ad oggi. Di conseguenza, nessuno degli scenari richiede un aumento delle importazioni di bioenergia. In tutti e tre gli scenari analizzati, le biomasse vengono utilizzate diversamente da oggi, concentrandosi su fonti più sostenibili, costituite da un numero relativamente maggiore di residui provenienti dall’agricoltura e dai rifiuti. In particolare, i terreni dedicati in particolare alle colture bioenergetiche, vengono gradualmente eliminati in tutti gli scenari entro il 2030 o poco dopo.

Il rapporto fa eco alla crescente rabbia in Europa per la mancata corrispondenza tra la scienza e le politiche dei governi che ha portato milioni di giovani a chiedere un’azione più ambiziosa in materia di clima. Ma anche imprese,  sindacati,  ministri e il Parlamento europeo hanno sostenuto un obiettivo di riduzione delle emissioni del 55% per il 2030 – a cui si sono aggiunti questa settimana anche i sindaci di Budapest, Bratislava, Praga, Varsavia, le capitali dei Paesi dei V4. In risposta, la Commissione Europea si è impegnata a ridurre le emissioni del 50-55% entro il 2030 e a dare priorità all’European Green Deal per fare del’Europa il primo continente carbon neutral entro il 2050. Un impegno riconfermato anche durante la crisi del Covid 19 e che è sostenuto dalla stragrande maggioranza dei Paesi dell’Ue.

Però, secondo il rapporto, «Si può fare di più» e diversi esperti italiani concordano che il nostro Paese deve svolgere un ruolo fondamentale per aumentare il target Ue, almeno al 55%.

La presidente di Italian Climate Network, Serena Giacomin, ha detto che «Se davvero il governo italiano vuole esercitare leadership sulle questioni climatiche, auspichiamo possa unirsi al coro di chi, ora anche dai paesi del gruppo Visegrad, chiede maggiore ambizione negli obiettivi europei di riduzione delle emissioni al 2030. Questo report conferma che le possibilità tecniche per accelerare la decarbonizzazione sono già sul tavolo: sta alla politica europea avviare il processo».

Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf Italia, conclude: «Oggi si affronta il rilancio economico e più che mai occorre avere un approccio sistemico per non sprecare gli ingenti finanziamenti, modificare le condizioni che provocano le crisi e trarre tutti i benefici dalla transizione verso un’economia a carbonio zero. Alla luce dell’esperienza con il Covid-19, la decarbonizzazione va accelerata e gli impegni degli Stati pure. L’Europa deve dare segnali forti e stabilire, finalmente, l’innalzamento del target di riduzione delle emissioni. L’Italia può e deve giocare un ruolo propulsivo in tal senso. Stabilire un target di riduzione almeno del 55%  entro il 2030 – il Wwf chiede almeno il 65% – sarebbe un passo avanti, è chiaro a tutti che con il target attuale la Ue non è in linea con le indicazioni della Comunità scientifica per limitare a 1,5° C il riscaldamento globale. Lo studio presentato oggi è molto importante perché non solo ci dice che la riduzione del 55% e anche del 65% sono più che fattibili, ma ci indica concretamente le strade per cambiare sia le tecnologie che le nostre (cattive) abitudini. I decisori politici ne possono trarre indicazioni, particolarmente utili in questo momento di uscita dalla crisi,  sia in Europa che in Italia»