Salute e cambiamento climatico priorità di molti Paesi, ma mancano i fondi per agire

47 Paesi si impegnano a sviluppare sistemi sanitari resilienti al clima e low-carbon

[10 Novembre 2021]

«I Paesi hanno iniziato a dare priorità alla salute nei loro sforzi per proteggere le persone dall’impatto dei cambiamenti climatici, ma solo circa un quarto di quelli recentemente intervistati dall’Organizzazione mondiale della sanità è stato in grado di attuare pienamente i propri piani o strategie nazionali in materia di salute e cambiamento climatico. I paesi segnalano che una mancanza di fondi, l’impatto del Covid-19 e l’insufficiente capacità delle risorse umane sono i principali ostacoli al progresso». E’ quanto emerge dal “2021 WHO health and climate change global survey report”  presentato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) alla COP26 Unfccc in corso a Glasgow che però evidenzia anche una buona notizia; «Oltre tre quarti dei Paesi intervistati hanno sviluppato o stanno attualmente sviluppando piani o strategie nazionali in materia di salute e cambiamento climatico».

Circa l’85% dei Paesi ha ora un focal point per la salute e il cambiamento climatico nei propri ministeri della salute, mentre nel 54% dei Paesi il ministero della salute ha istituito un meccanismo di stakeholder (come una task force o un comitato) su salute e cambiamento climatico. Circa i due terzi dei paesi intervistati hanno condotto una valutazione del cambiamento climatico e della vulnerabilità sanitaria e dell’adattamento o ne stanno attualmente intraprendendo una, mentre praticamente tutti i Paesi (94%) incorporano considerazioni sulla salute nei loro nationally determined contributions (NDC) dell’accordo di Parigi.

Secondo Maria Neira, direttrice ambiente, cambiamento climatico e salute dell’Oms, «Il nuovo sondaggio dell’Oms evidenzia quanti Paesi non sono supportati e non sono preparati ad affrontare gli impatti sulla salute dei cambiamenti climatici. Siamo qui alla COP26 per esortare il mondo a sostenere meglio i Paesi bisognosi e per garantire che insieme facciamo un lavoro migliore per proteggere le persone dalla più grande minaccia per la salute umana che affrontiamo oggi. L’incapacità dei Paesi di proteggere la salute dai cambiamenti climatici è più dannosa per i loro gruppi più svantaggiati, comprese le minoranze etniche, le comunità povere, i migranti e gli sfollati, gli anziani e molte donne e bambini. Gli argomenti sanitari per una maggiore azione climatica sono molto chiari. Ad esempio, se gli attuali livelli di inquinamento atmosferico fossero ridotti  rispettando le linee guida dell’Oms sulla qualità dell’aria, potrebbero essere evitati quasi l’80% dei decessi causati dall’inquinamento atmosferico».

L’indagine dell’Oms rileva che  «I finanziamenti insufficienti continuano a essere il principale ostacolo alla piena attuazione dei piani nazionali per la salute e il cambiamento climatico, citati dal 70% dei paesi (rispetto al 56% nel 2019). I limiti delle risorse umane sono il secondo ostacolo più grande, mentre circa un terzo dei Paesi ha identificato la mancanza di collaborazione intersettoriale come un ostacolo chiave».

Circa la metà dei Paesi riferisce che l’emergenza Covid-19 ha rallentato i progressi nell’affrontare i cambiamenti climatici, deviando personale e risorse sanitarie, e continua a minacciare le capacità delle autorità sanitarie nazionali di pianificare e prepararsi a stress e shock sanitari legati al clima.

Il rapporto rileva anche «Una potenziale opportunità mancata per identificare e ottimizzare i benefici per la salute degli sforzi di adattamento e mitigazione in altri settori, che avrebbero potuto alimentare una ripresa sana e pulita post-Covid-19: determinanti strutturali e sociali della salute, come l’istruzione, equità, genere, pianificazione urbana, alloggi, energia e sistemi di trasporto erano rappresentati in meno della metà dei meccanismi multisettoriali istituiti».

La principale autrice del sondaggio, Tara Neville del dipartimento ambiente, cambiamenti climatici e salute dell’Oms, conclude: «La sfida ora è rimuovere le barriere che impediscono ai Paesi di finalizzare e attuare i piani».

Intanto, «In risposta alla crescente evidenza dell’impatto del cambiamento climatico sulla salute delle persone», a Glasgow un gruppo di 47 Paesi (l’Italia co-presidente della COP26 non c’è) si è impegnato a sviluppare sistemi sanitari resilienti al clima e low-carbon

I 47 governi, che includono alcuni dei Paesi più vulnerabili ai danni alla salute causati dai cambiamenti climatici, nonché alcuni dei maggiori emettitori di carbonio al mondo (Usa, Germania, Regno Unito), si sono impegnati a compiere passi concreti verso la creazione di sistemi sanitari resilienti al clima. 42 di questi Paesi si sono anche impegnati a trasformare i loro sistemi sanitari in modo che siano più sostenibili e low-carbon. 12 hanno fissato una data obiettivo per raggiungere le emissioni net zero entro il 2050.

Questi impeegni sono stati assunti nell’ambito del COP26 Health Program, una partnership tra il Regno Unito, Oms, Climate Champions della United Nations framework convention on climate change (Unfccc)  e ONG come Health Care Without Harm.

Il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha detto che «Il futuro della salute deve essere costruito su sistemi sanitari resilienti agli impatti di epidemie, pandemie e altre emergenze, ma anche agli impatti dei cambiamenti climatici, compresi gli eventi meteorologici estremi e il crescente onere di varie malattie legate all’inquinamento atmosferico e al nostro pianeta che si sta riscaldando. Anche i sistemi sanitari devono essere parte della soluzione, riducendo le emissioni di carbonio. Applaudiamo quei Paesi che si sono impegnati a costruire sistemi sanitari resilienti al clima e low-carbon e speriamo di vederne molti altri seguire il loro esempio nel prossimo futuro».

Oltre agli impegni nazionali, 54 istituzioni di 21 Paesi che rappresentano più di 14.000 ospedali e centri sanitari hanno aderito alla Race to Zero dell’Unfccc e si sono impegnati a raggiungere le emissioni net zero.

Un numero record di leader sanitari sta partecipando alla COP26 e istituzioni che rappresentano oltre 45 milioni di professionisti della salute, i due terzi della forza lavoro sanitaria mondiale, hanno firmato una lettera che esorta i governi a intraprendere un’azione più forte, facendo notare che «Ospedali, cliniche e le comunità di tutto il mondo stanno già rispondendo ai danni alla salute causati dai cambiamenti climatici».