Quali animali resistono meglio ai cambiamenti climatici?

Gli animali che vivono a lungo e producono meno prole sono più resistenti dei piccoli animali con una vita breve

[22 Agosto 2022]

Con l’aumento della temperatura media globale, le condizioni meteorologiche estreme, come siccità prolungate e forti piogge, stanno diventando sempre più comuni e nei prossimi decenni questo potrà solo peggiorare. Lo studio “Life history predicts global population responses to the weather in terrestrial mammals”, pubblicato su eLife dai biologi  John Jackson  e Owen Jones, dell’Interdisciplinary centre for population dynamics della Syddansk Universitet (SDU), Denmark,  e da Christie Le Coeur della Oslos Universitet  punta a rispindere a una domanda cruciale: «Come risponderanno gli ecosistemi del pianeta?»

Jackson  conferma: «Questa è la grande domanda che sta sullo sfondo del nostro studio» e per rispondere a questa domanda i ricercatori norvegesi hanno analizzato i dati sulle fluttuazioni della popolazione di 157 specie di mammiferi di tutto il mondo e li hanno confrontati con i dati meteorologici e climatici del momento in cui sono stati raccolti i dati sugli animali. Per ogni specie analizzata dovevano essere disponibili 10 o più anni di dati.

Lo studio ha fornito ai 3 scienziati un’idea di come le popolazioni di specie animali hanno affrontato i periodi di condizioni meteorologiche estreme: sono diventate più o meno numerose? Hanno avuto più o meno figli? Re Jones sottolinea, «Possiamo vedere uno schema chiaro: in caso di condizioni meteorologiche estreme, gli animali che vivono a lungo e hanno pochi discendenti sono meno vulnerabili rispetto agli animali che vivono per poco tempo e hanno molti discendenti. Esempi sono i longevi lama, pipistrelli ed elefanti, contro topi, opossum e marsupiali rari come il woylie».

Gli animali grandi e longevi sono maggiormente in grado di far fronte a condizioni come la siccità prolungata: «La loro capacità di sopravvivere, riprodursi e allevare la loro prole non è influenzata nella stessa misura dei piccoli animali di breve durata – spiegano alla SDU – Ad esempio, quando le condizioni diventano difficili, possono investire le loro energie in una singola  prole o aspettare semplicemente tempi migliori. D’altra parte, i piccoli roditori di breve durata hanno cambiamenti demografici più estremi a breve termine. In caso di siccità prolungata, ad esempio, gran parte della loro base alimentare – insetti, fiori, frutti –  può scomparire più rapidamente e possono morire di fame perché hanno riserve di grasso limitate. Ma, quando le condizioni migliorano, le popolazioni di questi piccoli mammiferi possono anche espandersi per trarne vantaggio perché, a differenza dei grandi mammiferi, possono produrre molti discendenti».

Jackson conferma: «Questi piccoli mammiferi reagiscono rapidamente alle condizioni meteorologiche estreme e vanno in entrambe le direzioni. La loro vulnerabilità alle condizioni meteorologiche estreme non dovrebbe quindi essere equiparata a un rischio di estinzione. Ci ricorda inoltre che la capacità di una specie animale di resistere ai cambiamenti climatici non deve essere isolata nel valutare la vulnerabilità della specie all’estinzione. La distruzione dell’habitat, il bracconaggio, l’inquinamento e le specie invasive sono fattori che minacciano molte specie animali, in molti casi anche più dei cambiamenti climatici».

Lo studio non fornisce solo una panoramica di come queste 157 specie di mammiferi reagiscono ai cambiamenti climatici qui e ora, Per i ricercatori «Può anche contribuire a una migliore comprensione generale di come gli animali del pianeta risponderanno al cambiamento climatico in corso».

Jones aggiunge: « Ci aspettiamo che i cambiamenti climatici portino in futuro condizioni meteorologiche più estreme. Gli animali dovranno affrontare questo clima estremo come hanno sempre fatto. Quindi, la nostra analisi aiuta a prevedere come le diverse specie animali potrebbero rispondere ai futuri cambiamenti climatici in base alle loro caratteristiche generali, anche se disponiamo di dati limitati sulle loro popolazioni».

Un esempio è proprio il woylie (Bettongia penicillata), un raro marsupiale australiano: una piccola specie della quale i biologi non sanno molto  ma che ha lo stesso stile di vita dei topi: è piccolo, vive per poco tempo e si riproduce rapidamente, quindi,  si può prevedere che, in una situazione simile, risponderà a condizioni meteorologiche estreme come fanno i topi. Jackson fa notare che, «Così, ci sono molte specie animali di cui non sappiamo molto, ma delle quali ora possiamo prevedere la reazione».

I ricercatori sono convinti che «La capacità di diverse specie animali di adattarsi ai cambiamenti climatici sia correlata alla loro strategia di vita, e questo può aiutarci a prevedere i cambiamenti ecologici. Poiché l’idoneità dell’habitat cambia a causa del cambiamento climatico, le specie possono essere costrette a trasferirsi in nuove aree poiché le vecchie aree diventano inospitali. Questi cambiamenti dipendono dalle strategie di vita delle specie e possono avere un grande impatto sul funzionamento dell’ecosistema».