Putin ordina al governo russo di tagliare le emissioni fino al 70%, ma c’è il trucco

Greenpeace Russia: emissioni al 70% rispetto al 1990 vuol dire ridurle solo del 30% e oggi le emissioni sono già la metà di quelle del 1990, prima del crollo dell’Urss

[6 Novembre 2020]

Il presidente Russo Vladimir Putin ha firmato un decreto che ordina al governo russo di cercare di rispettare l’accordo di Parigi del 2015 per combattere il cambiamento climatico, ma ha sottolineato che «Qualsiasi azione deve essere bilanciata con la necessità di garantire un forte sviluppo economico».

La Russia è il quarto più grande emettitore di gas serra al mondo e, nonostante ai vertici dell’Unfccc faccia spesso comunella con le petromonarchie e con gli Usa, ha aderito all’Accordo di Parigi ma evitando finora di dichiarare i suoi obiettivi di emissioni obbligatorie per le compagnie ad alta intensità di carbonio e le eventuali sanzioni.

Nel decreto pubblicato il 4 novembre, che in Russia è un giorno festivo, Putin ha formalmente ordinato al governo di lavorare per una riduzione delle emissioni di gas serra fino al 70% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 e ha sottolineato che «Questo significherebbe anche sfruttare la capacità delle foreste e di altri ecosistemi di assorbire tali gas». Aggiungendo però che «Qualsiasi azione per ridurre le emissioni deve tenere conto della necessità di garantire uno sviluppo socioeconomico costante ed equilibrato» e ha ordinato al governo anche di «Elaborare e ratificare una strategia socioeconomica fino al 2050 che tenga conto di emissioni inferiori».

Una precedente bozza di questa strategia, con obiettivi simili, era stata duramente criticata dalle associazioni ambientaliste perché consentiva di aumentare le emissioni prima di diminuirle». Infatti, in realtà non si tratta di una riduzione del 70%, che sarebbe il 15% in più di quanto approvato dal Consiglio europeo e il 10% in più di quanto chiedono all’Ue le associazioni ambientaliste e gli scienziati, ma il 30% in meno per raggiungere il 70% rispetto al 1990, anno in cui l’inquinantissima industria pesante dell’Unione Sovietica era ancora in funzione.

Ma Greenpeace Russia ha ricordato che Putin in passato aveva espresso dubbi sull’Accordo di Parigi, «affermando che richiederebbe ai paesi di modernizzare l’industria, qualcosa che probabilmente costerà miliardi di dollari alle grandi imprese e incorrerà nella perdita di posti di lavoro, un’eventualità che ha detto doveva essere adeguatamente pianificata».

Gli ambientalisti russi spiegano che «Il decreto fa riferimento alla riduzione entro il 2030 delle emissioni di gas serra al 70% rispetto al livello del 1990 (tenendo conto della massima capacità di assorbimento possibile delle foreste e degli altri ecosistemi) ed è soggetto a uno sviluppo socio-economico sostenibile ed equilibrato della Russia.Ciò significa che le emissioni entro il 2030 non dovrebbero superare il 70% delle emissioni del 1990, che vengono o prese come il 100%.Il Presidente ha inoltre incaricato di sviluppare una Strategia per lo sviluppo socio-economico della Federazione Russa con un basso livello di emissioni di gas serra fino al 2050».

Greenpeace fa notare che «Nel 2018, le emissioni in Russia (tenendo conto dell’uso del suolo, dei cambiamenti nell’uso del suolo e della silvicoltura) sono state pari al 52,4% rispetto al livello del 1990. Nel 2017-2018, le emissioni sono aumentate, aumentando nel 2018 dell’8,9% rispetto al livello del 2016. Cioè, la Russia ultimamente ha aumentato le sue emissioni. E, secondo il decreto odierno, prevede di continuare questa tendenza».

Gli ambientalisti sottolineano che, nella sua versione più ambiziosa, la strategia per sviluppo a basse emissioni di carbonio della Russia fino al 2050, presentata a marzo dal ministero dello sviluppo economico e del commercio,  avrebbe dovuto, entro il 2030,  ridurre del 67% le emissioni di gas serra rispetto a quelle del 1990. Cioè il 3%  in più del “fino al 70%” ordinato da Putin al suo governo.

Greenpeace Russia evidenzia infatti che «Il decreto utilizza la dicitura “assicurare entro il 2030 una riduzione delle emissioni di gas serra fino al 70% rispetto al livello del 1990”, che può essere intesa in due modi: come una riduzione reale del 70% o solo del 30%. Considerando il contributo preliminare determinato a livello nazionale della Russia annunciato in precedenza alla risposta globale al cambiamento climatico, nonché il  progetto di strategia per lo sviluppo a lungo termine della  Russia con basse emissioni di gas serra fino al 2050, stiamo parlando di una riduzione reale delle emissioni solo del 30% rispetto al livello del 1990 entro il 2030».

Nonostante 200mila persone e 36 organizzazioni abbiano chiesto al governo e a Putin di adottare un Green Deal della Russia, il cui obiettivo principale sia quello di raggiungere le emissioni zero entro il 2050 e non più del 40% del livello del 1990 (cioè rispetto al 1990 il livello delle emissioni dovrebbe essere ridotto del 60% ), Putin ha sostanzialmente confermato l’obiettivo del progetto di strategia, riducendolo addirittura del 3%.

«Inoltre – dicono a Greenpeace –  rimane la domanda: come calcolare la capacità di assorbimento delle foreste, se non ci sono informazioni pertinenti e affidabili su di esse nel paese?

Secondo il rapporto recentemente pubblicato dalla Corte dei conti russa, l’attuale inventario forestale nel 2019 copriva solo il 15,6% della superficie forestale ufficiale della Federazione Russa e, in media, i dati dell’inventario forestale risalgono a circa 25 anni fa. Come se non bastasse, gli aggiornamenti dell’inventario forestale sono di scarsa qualità. I materiali del Registro forestale dello Stato (il principale archivio di dati ufficiali sulle foreste russe) si basano su questi dati obsoleti e per Greenpeace Russia «non sono assolutamente adatti per effettuare calcoli e valutazioni seri della capacità di assorbimento delle foreste».

Vasily Yablokov, a capo del progetto climatico di Greenpeace Russia, ha detto che quello di Putin «E’ un obiettivo estremamente debole, poiché è già stato raggiunto: oggi le emissioni della Russia sono la metà del livello del 1990. Stiamo assistendo a un approccio “business as usual”, ovvero una completa inattività climatica. E’ anche scoraggiante che dopo le dichiarazioni di Cina, Giappone e Corea del Sud, e prima dell’Unione Europea e di altri Paesi sul raggiungimento della carbon neutrality, la Russia non stia prendendo le misure necessarie per decarbonizzare l’economia, nonostante le recenti parole del  presidente  sulla gravità del problema del cambiamento climatico».

Comunque, il governo russo ha di fronte una bella sfida, sia per l’immobilismo climatico che lo ha caratterizzato finora, sia perché l’economia russa  dipende fortemente dalla produzione di petrolio e gas e dall’estrazione mineraria. Ma proprio le infrastrutture che servono i grandi giacimenti petroliferi e di gas e le miniere nel nord del Paese sono sempre più a rischio per lo scioglimento del permafrost causato dal riscaldamento globale.

Putin, che per anni ha flirtato con le tesi negazionistiche spingendosi a dire che la Russia ci avrebbe guadagnato con i cambiamenti climatici, ora si è riciclato come difensore dell’ambiente, prima in contrapposizione con il presidente statunitense Donald Trump e, ora che The Donald sembra sia per lasciare la Casa Bianca, fa una mossa insufficiente ed evidentemente propagandistica per non farsi scavalcare del tutto dai giganti economici dell’Asia – Cina, Giappone e Corea del Sud – che ai confini orientali della Russia hanno annunciato ambiziosissimi piani di riduzione delle emissioni di gas serra e per incrementare la green economy e le energie rinnovabili. Inoltre Joe Biden ha detto che, se come sembra, diventerà il presidente degli Usa rientrerà nell’accordo di Parigi dal quale gli Stati Uniti sono usciti proprio il 4 novembre, mentre Putin firmava il suo decreto.

Biden il 4 novembre ha infatti twittato: «Oggi l’amministrazione Trump ha ufficialmente abbandonato l’accordo di Parigi sul clima. Ed esattamente in 77 giorni una amministrazione Biden vi rientrerà».
Il Green Deal of Russia, presentato da Greenpeace insieme agli esperti di RANEPA, HSE e Skolkovo, propone di ridurre entro il 2030 le emissioni di gas serra in Russia di almeno il 60% rispetto ai livelli del 1990, e anche di raggiungere le emissioni zero entro la metà del secolo. Gli ambientalisti concludono: «Questo non solo consentirà alla Russia di rimanere nella trend globale e di contribuire alla corsa globale per sopravvivere alla crisi climatica, ma anche di modernizzare in modo significativo l’economia».