Una crisi che si sta estendendo anche a Costa d’Avorio, Ghana, Togo e Benin

Pericolo estremo per i bambini del Sahel centrale

In Mali, Niger e Brukina Faso milioni di persone ostaggi di conflitti armati e cambiamenti climatici

[20 Marzo 2023]

Il Sahel è da molto tempo una delle regioni più vulnerabili dell’Africa e il crocevia di una migrazione disperata, interna, nei Paesi confinanti e verso l’Europa. Ma le guerre e guerriglie in corso e gli scontri tra eserciti regolari, e milizie jihadiste e mercenari stranieri stanno mettendo a rischio vite e mezzi di sussistenza, interrompendo l’accesso ai servizi e mettendo in estremo pericolo il futuro dei bambini del Sahel centrale.

Il nuovo rapporto “Extreme jeopardy” dell’Unicef denuncia nuovi e brutali sviluppi: «I bambini sono direttamente presi di mira da gruppi armati non statali che operano in vaste aree del Mali e del Burkina Faso, e sempre più in Niger. Centinaia di minori sono stati rapiti nei tre Paesi, molti dei quali ragazze. Dal 2021 gruppi armati non statali distruggono le riserve alimentari in una regione tra le più affamate e malnutrite del pianeta. Alcuni gruppi armati che si oppongono all’istruzione statale bruciano e saccheggiano le scuole e minacciano, rapiscono o uccidono gli insegnanti. Nel frattempo, le operazioni di sicurezza nazionale contro i gruppi armati, hanno portato a numerosi casi di bambini uccisi, feriti e arrestati. Nei tre Paesi molte scuole e ospedali vengono danneggiati o distrutti».

Si tratta di Paesi dove ci sono stati interventi militari occidentali e dove l’Unione europea ha speso una montagna di soldi per armare ed addestrare eserciti che poi si sono impadroniti del potere con colpi di Stato (Mali e Burkina Faso) e che ora hanno strato un’alleanza con i mercenari russi della Wagner, mentre i migranti che avrebbero dovuto fermare con le nostre armi aumentano insieme alla povertà e sempre più giovani disperati vanno a ingrossare le fila jihadiste.

Il 2022 è stato un anno particolarmente violento per i bambini nel Sahel centrale, quasi certamente il più mortale da quando più di dieci anni fa è scoppiata una guerra indipendentista dei tuareg nel nord del Mali che presto è stata sostituita da un califfato islamista e che ha portato a un intervento militare francese.

L’Unicef ricorda che «Nei primi anni della crisi, i gruppi armati hanno concentrato i loro attacchi contro le infrastrutture e il personale di sicurezza, risparmiando in gran parte bambini e civili; ora le loro tattiche suggeriscono che molti mirano a infliggere il massimo di vittime e sofferenze alle comunità. Le parti in conflitto sfruttano le rivalità etniche che mettono le comunità l’una contro l’altra. L’insicurezza pervasiva ha dato origine a gruppi di autodifesa comunitari, compresi alcuni sostenuti dai governi, insieme ad altre milizie che considerano i ragazzi come adulti in grado di portare armi». Le milizie jihadiste vedono in questi gruppi di autodifesa un nemico che impedisce di espandere la loro egemonia e quindi attaccano indistintamente combattenti e civili, compresi i bambini.

Il risultato è che nel Sahel centrale 10 milioni di bambini hanno bisogno di assistenza umanitaria. Nei tre Paesi, il conflitto armato ha costretto quasi 2,7 milioni di persone a lasciare la propria terra per trasferirsi in campi profughi o comunità di accoglienza vulnerabili. Secondo i dati Onu, in Burkina Faso nei primi 9 mesi del 2022 ci sono stati almeno tre volte più bambini uccisi rispetto allo stesso periodo del 2021.

Gruppi armati jihadisti che si oppongono all’istruzione statale e delle ragazze bruciano e saccheggiano le scuole e minacciano, rapiscono o uccidono gli insegnanti. A fine 2022, nel Sahel centrale risultavano chiuse più di 8.300 scuole perché erano state prese di mira direttamente da gruppi armati e gli insegnanti erano fuggiti o perché i genitori erano sfollati o troppo spaventati per mandare i propri figli a scuola. In Burkina Faso ha chiuso più di una scuola su 5, mentre il 30% delle scuole nella regione nigerina di Tillaberi non aprono più a causa dell’insicurezza.

L’unicef sottolinea che «Senza accesso all’istruzione, una generazione di bambini che vivono nel conflitto nell’Africa occidentale e centrale crescerà senza le competenze di cui ha bisogno per raggiungere il proprio potenziale, svolgere appieno il proprio ruolo nelle loro famiglie e comunità e dare un contributo ai loro Paesi e alle loro economie».

E l’Unicef avverte che «L’insicurezza e lo sfollamento si stanno estendendo oltre i confini del Sahel centrale e si stanno diffondendo in comunità remote con scarse infrastrutture e risorse, dove i bambini hanno già un accesso molto limitato ai servizi da cui dipendono per la sopravvivenza e la protezione».

In Burkina Faso, gli attacchi includono il sabotaggio delle reti idriche, tagliando linee elettriche e distruggendo generatori o quadri elettrici nelle stazioni di pompaggio che alimentano i sistemi di approvvigionamento idrico urbano, e danneggiando le pompe manuali dell’acqua e le strutture di stoccaggio. Uomini armati minacciano le donne sparando colpi di avvertimento mentre vanno a raccogliere l’acqua in pozzi e stagni. I punti di raccolta dell’acqua comunitari vengono anche avvelenati con carburante o contaminati con carcasse di animali.

Tutto questo sta accadendo in una delle regioni più colpite dal cambiamento climatico e con una scarsità d’acqua più elevata al mondo». Le ricadute della crisi umanitaria, politica e climatica saheliana stanno mettendo a rischio anche quasi 4 milioni di bambini in quattro Paesi costieri dell’Africa occidentale: Benin, Costa d’Avorio, Ghana e Togo.

Nel Sahel centrale le temperature stanno aumentando di 1,5 volte più velocemente della media globale. L’Unicef spiega che «Le falde acquifere si sono abbassate e i pozzi devono essere perforati fino al doppio della profondità rispetto a dieci anni fa. La crescente urbanizzazione, le superfici in asfalto e cemento e l’inquinamento da plastica impediscono all’acqua di penetrare nel suolo. Allo stesso tempo, le precipitazioni sono diventate più irregolari e intense, causando inondazioni che riducono i raccolti e contaminano le già scarse riserve idriche, condizioni che aggravano malattie come la polmonite. Il clima che cambia sta privando le famiglie dei loro mezzi di sussistenza e, in alcuni casi, della loro stessa vita».

Per l’agenzia Onu per l’infanzia, «Questa crisi richiede urgentemente una risposta umanitaria più forte, ma ha anche bisogno di investimenti flessibili a lungo termine per uno sviluppo sostenibile che contribuisca alla costruzione della pace all’interno di queste comunità, specialmente per i bambini. Affrontare le cause sottostanti, rafforzare i servizi sociali e anticipare le crisi può aiutare i Paesi a costruire società resilienti con una forte coesione sociale che consentano ai bambini di godere dei propri diritti e realizzare il proprio potenziale».

L’Unicef <Esorta i governi del Sahel centrale e dei paesi costieri colpiti, insieme ai partner tecnici e finanziari, a dare la priorità all’ampliamento dell’accesso ai servizi e alla protezione come percorsi verso la pace e la sicurezza. Questo dovrebbe includere il rafforzamento delle capacità della forza lavoro locale che è la prima a soccorrere durante le crisi e che è costantemente in grado di raggiungere i bambini, anche nelle aree difficili da raggiungere. Significa anche sostenere la nutrizione, la salute, la protezione dell’infanzia e l’acqua, i servizi igienico-sanitari a livello di comunità, anche attraverso la preparazione e la formazione alle emergenze, nonché migliorare la qualità e la disponibilità dell’istruzione, della formazione e delle opportunità di generazione di reddito che sono fondamentali per proteggere gli adolescenti. E’ fondamentale prevenire meccanismi dannosi di adattamento e sopravvivenza che includono lo sfruttamento sessuale, il lavoro pericoloso, i matrimoni precoci, la migrazione forzata e il reclutamento nei gruppi armati».

Ma l’Unicef non si limita alle analisi e agli appelli: in Burkina Faso, Mali e Niger ha una rete operativa costituita da quasi 600 operatori che lavorano nei 3 uffici nazionali e nei 12 uffici secondari, anche in alcune delle aree più instabili.

L’Agenzia Onu per l’infanzia sta dando la priorità a una serie di iniziative di sostegno, tra le quali: Garantire la continuità dei servizi. Nel 2022, in collaborazione con i partner locali, l’Unicef Mali ha raggiunto più di 385.000 bambini vaccinati contro il morbillo, mentre in Niger, l’Unicef e i suoi partner hanno fornito cure salvavita a oltre 400.000 bambini gravemente malnutriti. In Burkina Faso, i team di supporto dell’Unicef per l’istruzione e le competenze utili hanno raggiunto più di 740.000 bambini che non andavano a scuola attraverso programmi formali e informali, inclusa l’educazione via radio. Rafforzare la protezione dei bambini colpiti dal conflitto armato. Insieme ai suoi partner, l’Unicef fornisce ai bambini rilasciati dai gruppi armati, o che hanno subito altre violazioni dei loro diritti, assistenza intensiva di mesi e supporto per il reinserimento nelle loro famiglie e comunità. Anche i minori separati e non accompagnati vengono ricongiunti alle loro famiglie o dotati di un’adeguata accoglienza alternativa. Coinvolgere i giovani e dotarli delle competenze per migliorare il benessere, aumentare l’occupabilità e costruire la pace all’interno delle loro comunità. In Benin, ad esempio, più di 4.700 adolescenti che vivono nelle aree di confine settentrionali sono stati formati come educatori tra pari che forniscono informazioni affidabili su matrimoni precoci e gravidanze precoci, molestie sessuali e abusi, insieme a risorse su dove cercare aiuto. Fornitura di prodotti salvavita in aree difficili da raggiungere. Nel 2022, ad esempio, l’Unicef Niger ha raggiunto con forniture di emergenza più di 60.000 persone sfollate a causa dell’insicurezza o delle inondazioni.