L’Oceano Artico è diventato sempre più caldo a partire dall’inizio del secolo scorso

Studio internazionale a guida italiana: sempre più veloce l’atlantificazione dell’Artico

[26 Novembre 2021]

Lo studio “Rapid Atlantification along the Fram Strait at the beginning of the 20th century”, pubblicato su Science Advances da un team ingternazionale di ricercatori guidato da Tommaso Tesi dell’ Istituto di Scienze Polari del  Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Isp)  ha ricostruito la storia recente del riscaldamento alle porte dell’Oceano artico, nello Stretto di Fram tra la Groenlandia e le Svalbard.  Lo studio, realizzato grazie alla Base Dirigibile Italia, un’infrastruttura permanente nell’Artico gestita dal Cnr-Isp, data per la prima volta l’inizio del riscaldamento del più piccolo degli oceani e prevede un ulteriore aumento in futuro a causa del cambiamento climatico.

Al Cnr evidenziano che «L’Oceano artico ha iniziato a riscaldarsi rapidamente all’inizio del XX secolo, decenni prima di quanto finora documentato dalle moderne misurazioni sperimentali» r aggiungono che «La causa è un fenomeno da tempo noto come “atlantificazione”, ossia una progressiva intrusione di acque atlantiche (calde e salate) nel dominio artico (freddo e dolce)».

Tesi fa notare che «L’atlantificazione artica sta progressivamente accelerando, tuttavia, prima del nostro studio non avevamo una visione storica di questo processo, in quanto le osservazioni da satellite sono limitate all’incirca agli ultimi 40 anni. Questo cambiamento delle acque ha preceduto invece il riscaldamento documentato da satelliti e siti osservativi».

L’analisi dei sedimenti raccolti nella parte orientale dello Stretto di Fram si è rivelata una vera e propria macchina del tempo: «Abbiamo analizzato un record sedimentario marino – la nostra ‘macchina del tempo’ – alla ricerca di segni diagnostici dell’atlantificazione, quali il cambiamento di temperatura e salinità – prosegue Tesi – Leggendo le firme chimiche trovate nei microrganismi marini abbiamo constatato come dall’inizio del XX secolo, la temperatura dell’oceano sia aumentata di circa 2 gradi Celsius, mentre il ghiaccio marino si è ritirato e la salinità aumentata. Infatti, quando abbiamo esaminato l’intero arco temporale di 800 anni, i nostri record di temperatura e salinità erano piuttosto costanti, quando siamo arrivati a prendere in esame l’inizio del XX secolo, abbiamo constatato un marcato cambiamento di questi parametri».

Un altro autore dello studio, Francesco Muschitiello del Department of Geography dell’università di Cambridge e del NORCE Norwegian Research Centre, ricorda che «Tutti gli oceani del mondo si stanno riscaldando a causa dei cambiamenti climatici, ma l’Oceano artico, il più piccolo e il più superficiale degli oceani, si sta riscaldando più velocemente di tutti. Il tasso di riscaldamento nell’Artico è più del doppio della media globale, a causa della fusione dei ghiacci marini e terrestri. Abbiamo confrontato i nostri risultati con la circolazione oceanica a latitudini più basse, scoprendo che esiste una forte correlazione con il rallentamento della formazione di acqua densa nel Mare del Labrador (un braccio dell’Oceano atlantico del Nord che si trova fra la penisola del Labrador e la Groenlandia meridionale). In uno scenario di riscaldamento futuro, si prevede che la circolazione profonda in questa regione subpolare diminuirà ulteriormente a causa della fusione della calotta glaciale della Groenlandia. I nostri risultati implicano che potremmo aspettarci un’ulteriore atlantificazione artica in futuro a causa del cambiamento climatico».

I risultati del nuovo studio non sono ancora contemplati nei modelli climatici attuali e questo pone un problema nel delineare i futuri trend e Tesi conclude: «Le simulazioni climatiche generalmente non riproducono questo tipo di riscaldamento nell’Oceano artico, il che significa che c’è una comprensione incompleta dei meccanismi che guidano l’atlantificazione. Ci affidiamo a queste simulazioni per proiettare i futuri cambiamenti climatici, ma la mancanza di segni di un riscaldamento precoce nell’Oceano artico è un pezzo mancante del puzzle».