Lo scioglimento del permafrost sta già avendo pesanti impatti su infrastrutture critiche nell’Artico e in alta montagna

A rischio danni 120.000 edifici, 40.000 km di strade e 9.500 km di gasdotti e oleodotti e aeroporti e piste di atterraggio

[12 Gennaio 2022]

Secondo lo studio “Impacts of permafrost degradation on infrastructure”, pubblicato su Nature Reviews Earth & Environment da un team internazionale di ricercatori, «Il riscaldamento e il disgelo del permafrost ricco di ghiaccio rappresentano una minaccia considerevole per l’integrità delle infrastrutture polari e di alta quota, mettendo a loro volta in pericolo lo sviluppo sostenibile».

Solo nell’area del permafrost artico vivono 5 milioni di persone e il cambiamento climatico sta facendo riscaldare l’Artico da 2 a 4 volte più velocemente rispetto al resto del pianeta. Lo studio analizza l’entità e i costi dei danni alle infrastrutture osservati e previsti legati al degrado del permafrost e i metodi disponibili per mitigare queste conseguenze negative.
Il team di scienziati guidato dal finlandese Jan Hjort dell’Oulun Yioliopisto, ricorda che «Il cambiamento del permafrost impone varie minacce alle infrastrutture, in particolare attraverso il riscaldamento, l’ispessimento dello strato attivo e i rischi legati al disgelo come il termocarsismo e il deperimento di massa. Questi impatti, spesso legati al riscaldamento antropico, sono esacerbati dall’aumento dell’attività umana». 

Le infrastrutture operative sono fondamentali  per lo sviluppo sostenibile delle comunità artiche e degli altipiani, ma la loro integrità è compromessa dal degrado del permafrost. I danni alle infrastrutture osservati sono sostanziali: fino all’80% degli edifici danneggiati in alcune città russe e circa il 30% delle strade nell’altopiano del Qinghai-Tibet, ed è probabile che aumentino con il riscaldamento climatico. Quasi il 70% delle infrastrutture attualmente presenti nell’area del permafrost si trova in zone ad alto potenziale di disgelo del permafrost vicino alla superficie entro il 2050.

Intervistato da BBC News, Hjort ha spiegato che «Sia le costruzioni stesse che il riscaldamento climatico causano il disgelo del permafrost, che minaccia le infrastrutture esistenti e i futuri progetti di costruzione. Immaginatevi  di vivere su un blocco di ghiaccio e di cercare costantemente di mantenerlo congelato. Influisce su tutto, dal tentativo di scavare le fondamenta di una casa, alla costruzione di una strada pianeggiante, fino all’installazione di fognature e sistemi idrici. Storicamente il ghiaccio è rimasto più fresco, ma ora si sta riscaldando velocemente. Si vede dalle fondamenta degli edifici e dalle autostrade che fanno su e giù: si guida su grandi dossi nelle strade».

Una situazione che colpisce ancora più duramente i popoli autoctoni, come i Alaska, dove a causa del modo ineguale in cui il governo degli Stati Uniti ha diviso la terra dopo la colonizzazione nel XiX e XX secolo, i villaggi indigeni ora hanno un territorio limitato e che sta diventando instabile a causa dello scioglimento del permafrost.

Ma anche per i colonizzatori non va meglio: la maggior parte delle città dell’Artico si trova in Russia e il degrado del territorio sta compromettendo la sicurezza alimentare, gli stili di vita tradizionali e l’accessibilità.

Louise Farquharson una geologa dell’università dell’Alaska – Fairbanks che non ha partecipato allo studio, ha detto a BBC News: «Se si pensa all’Artico, l’intera stabilità del territorio dipende dalla soglia di zero gradi Celsius. E mentre la temperatura superficiale si avvicina allo zero, stiamo assistendo a enormi ondate di problemi. In alcune comunità che studio, le condutture idriche si rompono e le case diventano instabili quando il terreno si abbassa. E’ diventato pericoloso giocare all’aperto in alcune aree a causa degli stagni che si formano per l’acqua di disgelo. E’ importante sottolineare che le persone vivono in questi territori da migliaia di anni: non è così semplice dire che le comunità possono riprendersi e trasferirsi».

Nel 2020, il catastrofico impatto del riscaldamento del permafrost è diventato evidente quando un’enorme fuoriuscita di 21.000 tonnellate di diesel, causata dal cedimento delle fondamenta dei serbatoi di stoccaggio di Norilsk Nickel dovuto al disgelo del permafrost, ha causato uno dei peggiori disastri ambientali della Russia, inquinando fiumi e laghi nell’Artico settentrionale.

Secondo lo studio, almeno 120.000 edifici, 40.000 km di strade e 9.500 km di gasdotti e oleodotti, ma anche aeroporti e piste di atterraggio, si trovano nelle aree del permafrost dell’emisfero settentrionale. Si prevede che, con il riscaldamento antropico,  i danni alle infrastrutture continueranno, con il 30-50% delle infrastrutture circumpolari critiche ritenute ad alto rischio entro il 2050. I ricercatori evidenziano che «Le soluzioni ingegneristiche sono in grado di mitigare gli effetti del degrado del permafrost, ma il loro costo economico è spesso elevato». Di conseguenza, i costi delle infrastrutture legati al degrado del permafrost potrebbero salire a decine di miliardi di dollari entro la seconda metà del secolo.

Lo studio conclude evidenziando che «Sono necessari maggiori sforzi per quantificare gli impatti economici e il verificarsi di danni alle infrastrutture legati al permafrost. I progetti di sviluppo futuri dovrebbero condurre valutazioni del rischio infrastrutturale su scala locale e applicare misure di mitigazione per evitare impatti dannosi».