Qui la crisi climatica corre a velocità doppia rispetto alla media globale

L’Italia alle prese con la siccità, l’emergenza nazionale che abbiamo provato a ignorare

«Siccità straordinarie si stanno ripetendo con intervalli di tempo sempre più ravvicinati e le analisi dimostrano come ci vogliano anni per tornare alla normalizzazione dei regimi idrici»

[20 Giugno 2022]

L’acqua è il convitato di pietra della crisi climatica, e in Italia quest’anno iniziamo ad accorgercene anche se il problema parte molto più lontano rispetto alla siccità sperimentata negli ultimi mesi e settimane.

Rispetto al 1880, nel nostro Paese la temperatura media è aumentata di quasi 2,4°C, praticamente il doppio rispetto media mondiale di circa +1,1°C; al contempo oltre il 40% dell’acqua potabile che usiamo viene dispersa ancor prima di arrivare ai nostri rubinetti, a causa di acquedotti colabrodo. Eppure non abbiamo ancora un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, esponendoci a rischi crescenti e – nell’immediato – a un’emergenza nazionale.

«A fronte di una crisi idrica la cui severità si appresta a superare quanto mai registrato dagli inizi del secolo scorso, chiediamo che venga dichiarato al più presto lo stato di emergenza nei territori interessati, tenuto conto del grave pregiudizio degli interessi nazionali – chiede il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, in una lettera inviata al premier Mario Draghi – l’intervento del sistema della Protezione civile per coordinare tutti i soggetti coinvolti, Regioni interessate, Autorità di bacino e Consorzi di bonifica, e cooperare per una gestione unitaria del bilancio idrico. Appare evidente l’urgenza di avviare un grande piano nazionale per gli invasi che Coldiretti propone da tempo. Raccogliamo solo l’11% dell’acqua piovana e potremmo arrivare al 50% evitando così situazioni di crisi come quella che stiamo soffrendo anche quest’anno».

Nel frattempo però la desertificazione avanza, anche in Italia. L’analisi condotta dall’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche su due serie storiche distinte (1990 e 2000) documenta che circa il 70% della superficie della Sicilia presenta un grado medio-alto di vulnerabilità ambientale; seguono: Molise (58%), Puglia (57%), Basilicata (55%). Sei regioni (Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania) presentano una percentuale di territorio a rischio desertificazione,  compresa fra il 30% e il 50%, mentre altre 7 (Calabria, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Veneto e Piemonte) sono fra il 10% ed il 25%.

«Deserto e desertificazione sono termini che spesso vengono confusi – precisa Massimo Gargano, dg di Anbi – Secondo una definizione, la desertificazione è un processo lento ed in qualche modo irreversibile di riduzione o distruzione del potenziale biologico del suolo, legato a diversi fattori come il clima, le proprietà del suolo e soprattutto le attività umane. In Italia, siccità straordinarie si stanno ripetendo con intervalli di tempo sempre più ravvicinati e le analisi dimostrano come ci vogliano anni per tornare alla normalizzazione dei regimi idrici».

Un problema che non riguarda certo solo l’Italia. Come evidenziano dal Wwf, circa 4 miliardi di persone (su 7,8 miliardi di esseri umani sulla Terra) sperimentano già una grave carenza d’acqua per almeno un mese all’anno. Sempre più persone (circa 700 milioni) soffrono periodi di siccità più lunghi che periodi di siccità più brevi rispetto al 1950, mentre la popolazione globale esposta a siccità estrema ed eccezionale aumenterà dal 3% all’8% nel 21° secolo. Con l’Europa meridionale in prima fila.

Negli ultimi anni, l’Europa del sud è diventata infatti fino al 20% più secca: per farvi fronte la priorità, insieme all’adattamento, è la lotta alla crisi climatica da portarsi avanti riducendo le emissioni di gas serra e (dunque) installare nuovi impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

L’alternativa è quella delineata dall’ultimo rapporto Ipcc e sottolineata adesso dal Wwf: nell’Europa meridionale, in caso di un aumento della temperatura globale di 1,5°C e 2°C – ovvero la soglia critica per evitare cambiamenti climatici drammatici quanto irreversibili – la scarsità idrica riguarderebbe comunque, rispettivamente, il 18% e il 54% della popolazione. Anche l’aridità del suolo aumenta con l’aumentare del riscaldamento globale: con un aumento della temperatura di 3°C l’aridità del suolo risulta del 40% superiore rispetto a uno scenario con innalzamento della temperatura a 1,5°C.