Ciafani (Legambiente): «Abbandonare la strada delle fonti fossili»

L’Italia alla disperata caccia di gas, ma spreca fino al 3% del metano in emissioni fuggitive (VIDEO)

Stimate dispersioni di metano fino 3,9 mld mc, tra perdite strutturali e legate alla scarsa manutenzione: oltre il doppio di quanto spera di ottenere il Governo da nuove trivelle

[11 Novembre 2022]

In continuità con le misure messe in campo dal Governo Draghi, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni si sta affannando a cercare nuovi approvvigionamenti di gas fossile, per cercare di uscire da una crisi energetica provocata proprio dalla nostra eccessiva dipendenza dal gas fossile.

L’ultima strategia messa in campo riguarda un nuovo via libera a trivellazioni entro i patri confini, con la speranza – comunicata dal ministro dell’Ambiente Fratin – di trovare nel sottosuolo «una quantità di 15 miliardi di metri cubi sfruttabili nell’arco di 10 anni», ovvero 1,5 mld di mc di gas l’anno.

Nel frattempo però la filiera nazionale del gas fossile e del petrolio è un colabrodo in cui si verificano enormi emissioni di metano in atmosfera, come documentato oggi da Legambiente nella sua campagna C’è puzza di gas, condotta nel corso dell’ultimo mese monitorando vari impianti tramite una termocamera a infrarossi.

«Lungo l’intera filiera del gas fossile e del petrolio sono presenti perdite di metano stimate tra l’1 e il 3% del totale trattato – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – che oltre a rappresentare un nemico per il clima sono un enorme spreco, anche alla luce dell’attuale crisi energetica che viviamo. Sul fronte della politica energetica l’Italia, inoltre, deve abbandonare la strada delle fonti fossili rafforzata dalla ripartenza delle estrazioni di idrocarburi dai fondali marini tra le 9 e le 12 miglia dalla costa varata dal Governo Meloni, e accelerare su rinnovabili, efficienza, reti, accumuli e sulla legge per eliminare i sussidi alle fonti inquinanti che ancora manca all’appello».

Su 25 impianti monitorati tra Sicilia e Basilicata, in ben 13 sono state individuate delle emissioni di metano significative: 15 casi di rilasci diretti (venting) e 68 perdite, per un totale di circa 80 punti di emissione individuati. Emissioni silenziose e non visibili a occhio nudo, causate da una scarsa manutenzione degli impianti, da possibili guasti, ma anche alla pratica del venting (ossia il rilascio volontario e controllato di gas in atmosfera) e che, oltre a rappresentare uno spreco di risorse, costituiscono una minaccia per il clima: il metano è un gas fino a 86 volte più climalterante dell’anidride carbonica per i primi 20 anni dal suo rilascio in atmosfera.

Ma c’è di più: ciò che è stato ripreso ad ottobre da Legambiente, tra la Sicilia e la Basilicata in alcuni siti individuati a campione, va calato in un contesto più ampio, nel quale Wwf Italia – ricordano dal Cino verde – ha stimato nel nostro Paese dispersioni dirette in atmosfera di gas fossile tra i 3,2 e i 3,9 miliardi di metri cubi tra perdite strutturali e legate alla scarsa manutenzione. Oltre il doppio rispetto al quantitativo annuale che il Governo spera di ricavare dal via libera a nuove trivellazioni.

Che fare? In particolare, oltre a chiedere un sistema di monitoraggio, comunicazione, verifica e norme concrete, per Legambiente è fondamentale che venga fatto un rilevamento e una riparazione delle fuoriuscite di metano (Ldar): compagnie e gestori energetici dovrebbero essere obbligati a condurre delle attività di rilevamento e riparazione delle fuoriuscite di metano mensilmente, intervenendo immediatamente ed in maniera efficace su ogni perdita.

Videogallery

  • Sprechi di gas in Italia