L’Imo discute di come ridurre le emissioni di gas serra dei trasporti marittimi

Gli ambientalisti: così è solo greenwashing e nell’Artico l’inquinamento da black carbon peggiorerà

[17 Novembre 2020]

Se l’industria marittima globale fosse un Paese, si collocherebbe al sesto posto nella classifica dei produttori di emissioni di carbonio, sopra la Germania, con 1 miliardo di tonnellate di emissioni all’anno, circa il 3% del totale globale e ieri a Londra è cominciata – e durerà fino al 20 novembre – la riunione del Marine environment protection committee (MEPC) dell’International maritime organization (Imo) che discute delle misure essenziali  per  ridurre  le emissioni di gas serra dalle navi. Il MEPC  dovrebbe adottare   emendamenti all’International convention for the prevention of pollution from ships (Marpol)  per rafforzare in modo significativo i requisiti della “fase 3” dell’Energy Efficiency Design Index (EEDI ),  «Il che significa  – spiega l’Imo – che le nuove navi costruite a partire dal 2022 devono essere significativamente più efficienti dal punto di vista energetico . Tali emendamenti sono stati approvati nella precedente sessione del Comitato ( MEPC 74 ) nel maggio 2019».

Inoltre, il MEPC discuterà i progetti di proposte di modifica della convenzione Marpol: misure a breve termine per ridurre l’intensità di carbonio dei trasporti marittimi con l’obiettivo  dichiarato di «aggiungere ulteriori requisiti di efficienza energetica che si applicherebbero anche alle navi esistenti, introducendo due misure: un nuovo Energy Efficiency Existing Ship Index (EEXI) per tutte le navi e carbon intensity indicator (CII) operativo annuale e il suo rating che si applicherebbe alle navi di 5.000 tonnellate di stazza lorda e superiori».  Progetti di emendamento che sono stati  approvati a ottobre a dall’Intersessional Working Group on Reduction of GHG Emissions from Ships (ISWG-GHG 7) dell’Imo e chem approvati in questa sessione del Comitato, potrebbero essere presentati per l’adozione alla sessione MEPC 76, che si terrà  nel giugno 2021. Il trattato MARPOL richiede che le bozze di emendamenti siano diffuse per un minimo di 6 mesi prima dell’adozione e che solo dopo possono entrare in vigore..

Aprendo il MEPC75, il segretario generale dell’Imo, Kitack Lim, ha invitato i delegati a «Unirsi per raggiungere gli accordi necessari. E’ della massima importanza che l’Imo continui a fornire risultati sull’attuazione della strategia iniziale sui gas serra mediante misure concrete, che garantiranno il raggiungimento dei livelli di ambizione stabiliti nella  strategia iniziale sui gas serra dell’Imo, fornendo un quadro normativo armonizzato a livello globale». La  strategia iniziale, che contiene obiettivi ambiziosi per ridurre le emissioni dei trasporti marittimi, è stata adottata nel 2018.

Lim ha anche invitato il Comitato a discutere una  proposta avanzata dalle organizzazioni del trasporto marittimo per istituire l’International Maritime Research and Development Board e l’Associated Fund: «Questo potrebbe  rappresentare un passo significativo per promuovere e agevolare una maggiore ricerca e sviluppo sui combustibili puliti e sulle tecnologie zero-carbon. L’Imo deve garantire che nessun Paese sia lasciato indietro nella transizione verso la decarbonizzazione del trasporto marittimo internazionale».

La 75esima sessione del MEPC dovrebbe anche adottare progetti di modifica della convenzione  Ballast Water Management (BWM) riguardanti i sistemi di gestione dell’acqua di zavorra e un certificato internazionale di gestione delle acque di zavorra.

La Clean Shipping Coalition dice che «Questa proposta non limiterà, per non parlare di ridurre, il miliardo di tonnellate di gas serra del settore marittimo e l’aumento delle emissioni annuali in questo decennio, lo stesso decennio in cui gli scienziati del clima del mondo affermano che si devono quasi dimezzare le emissioni globali di gas serra per rimanere entro un livello relativamente sicuro di 1,5° C di riscaldamento globale, come stabilito dall’Accordo di Parigi».

John Maggs, presidente della Clean Shipping Coalition, ha invitato i delegati insoddisfatti dell’attuale accordo a respingerlo: «Nessun accordo è meglio di un pessimo accordo “greenwash” che pretende di regolamentare le emissioni di CO2 dello shipping ma in realtà consente loro di continuare a crescere indefinitamente».

Anche la Clean Arctic Alliance denuncia che «A ottobre, il gruppo di lavoro dell’Imo  sulla riduzione delle emissioni di gas serra ha sviluppato una proposta estremamente debole. nota come “J/5.rev1”, che, nella migliore delle ipotesi, taglierenbbe dell’1,3% il normale percorso di crescita del 15% entro il 2030. In breve, a meno che i delegati non rifiutino questo debole accordo, l’Imo sosterrà un piano climatico che vedrà le emissioni delle navi continuare a crescere per diversi decenni, facendo marcia indietro sui propri impegni presi nel 2018 per lottare per un picco a breve termine delle emissioni seguito da riduzioni».

Le emissioni dei trasporti marittimi hanno un impatto diretto sull’Artico, che si sta riscaldando due volte più velocemente di qualsiasi altra parte della Terra a causa del riscaldamento globale. «E’ risaputo  – dicono gli ambientalisti – che ciò che accade nell’Artico non rimane nell’Artico: è probabile che la perdita di ghiaccio marino determini l’instabilità nelle regioni polari e sconvolga i modelli meteorologici mentre lo scioglimento delle calotte glaciali della Groenlandia è destinato a innalzare il livello del mare  nelle città portuali in tutto il mondo».

Il Marine environment protection committee  dell’Imo valuterà, in vista di una possibile approvazione, progetti di emendamento alla MARPOL per introdurre un divieto di utilizzo e trasporto – per utilizzarlo come combustibile –  dell’olio combustibile pesante (HFO) da parte delle navi nelle acque artiche a partire dal 1° luglio 2024. Se approvati, i progetti di emendamento saranno portati all’adozione in  una  sessione MEPC nel 2021.

Ed è proprio su queste ultime misure che si appuntano le critiche della Clean Arctic Alliance, una coalizione di ONG che ha implorato gli Stati membri dell’Imo di «modificare e migliorare la bozza di divieto sull’uso e il trasporto di olio combustibile pesante (HFO) in l’Artico, oppure si rischia di attuare un divieto sulla carta: una regolamentazione debole che lascerà l’Artico esposto a un rischio maggiore di fuoriuscite di petrolio e inquinamento da black carbon da HFO in futuro, con l’aumento del traffico marittimo nella regione».

Sian Prior, Lead Advisor della Clean Arctic Alliance. Ha detto che «Invece di buttarsi a capofitto nel disastro, l’Imo e i suoi Stati membri devono apportare seri emendamenti al progetto di divieto sull’uso e il trasporto di olio combustibile pesante inquinante nell’Artico: se approveranno il divieto così com’è, non varrà la carta su cui è scritto. Gli Stati membri dell’Imo devono rendersi conto che, a meno che non rimuovano o modifichino l’esenzione e le clausole di rinuncia, e anticipino le date di attuazione, il divieto dell’HFO come attualmente elaborato lascerà l’Artico non protetto negli anni a venire. In effetti, è probabile che il volume di HFO utilizzato e trasportato aumenterà, con un conseguente maggior rischio per l’Artico da sversamenti di HFO e inquinamento da black carbon per il prossimo decennio».

Secondo gli ambientalisti, il sottocomitato PPR 7 dell’Imo a febbraio ha redatto un progetto di regolamento che vieta l’uso e il trasporto come carburante di HFO da parte delle navi nell’Artico. ma co scappatoie – sotto forma di esenzioni e deroghe – che porterebbero a un divieto a dell’HFO solo nella metà del 2029,  lasciando  esposto all’inquinamento navale per quasi tutto il decennio appena iniziato.

Secondo la bozza, i 5 Stati costieri artici centrali potranno rilasciare deroghe alle navi battenti la loro bandiera e aggirare così il divieto. Clean Arctic Alliance denuncia che «Il regolamento non è neutrale rispetto alla bandiera e creerà un sistema livelli di protezione e applicazione a due per l’ambiente nell’Artico, insieme a standard più bassi e conseguenze ambientali negative nei mari territoriali dell’Artico e nelle zone economiche esclusive. Questa versione del divieto potrebbe anche potenzialmente portare a un inquinamento transfrontaliero.

Secondo una recente analisi dell’International Council on Clean Transportation, «Come attualmente redatto, quando entrerà in vigore nel luglio 2024 il regolamento ridurrà l’uso di HFO solo del 16% e il trasporto di HFO come carburante solo del 30% e consentirà al 74 % dello shipping nell’Artico di continuare a svolgere le normali attività. Tra il luglio 2024 e il luglio 2029, quando il divieto diventerà pienamente effettivo, è probabile che la quantità di HFO utilizzato e trasportato nell’Artico aumenti con l’aumentare delle spedizioni nell’Artico e man mano che le navi più nuove sostituiranno le navi più vecchie e saranno in grado di trarre vantaggio dall’esenzione o cambiare bandiera e chiedere una deroga per il l divieto».

Il 6 novembre, la Norvegia ha annunciato una proposta per vietare gli HFO in tutte le acque intorno all’arcipelago delle isole artiche delle Svalbard. L’HFO è già stato bandito dalle acque del parco nazionale delle Svalbard dal 2015 ed è stato bandito in tutte le acque antartiche dal 2011.

Ma non è solo il rischio di fuoriuscite di HFO a preoccupare la Clean Arctic Alliance: «Rispetto ai cosiddetti “combustibili alternativi” come il combustibile distillato e il gas naturale liquefatto (GNL), l’olio combustibile pesante è una delle maggiori fonti di emissioni nocive di inquinanti atmosferici, come l’ossido di zolfo e il particolato, compreso il black carbon che, quando viene  emesso e si deposita sulla neve o sul ghiaccio artico ha un effetto sul riscaldamento del clima fino a 5 volte maggiore rispetto a quando viene emesso a latitudini inferiori, come ai tropici».

Uno studio pubblicato recentemente proprio dall’Imo dimostra che «Tra il 2012 e il 2018, a livello globale le emissioni di black carbon dal trasporto marittimo sono aumentate del 12%», mentre l’International Council on Clean Transportation ha rilevato che «Nell’Artico le emissioni di black carbon della flotta marittima artica sono aumentate dell’85% in soli quattro anni, tra il 2015 e il 2019»].

La Clean Arctic Alliance fa notare che «Nonostante i drammatici cambiamenti avvenuti nell’Artico a causa del riscaldamento globale e il rischio per l’Artico derivante dalle emissioni di black carbon dalle navi, tutto questo non sarà affrontato al MEPC 75. L’Imo ha già passato 9 anni a discutere di black carbon ma finora ha fallito nel concordare misure concrete per ridurre le emissioni».

La coalizione di ONG chiede che l’Imo «sviluppi e adotti una risoluzione che stabilisca misure provvisorie raccomandate per ridurre le emissioni di black carbon, prima del completamento del lavoro per identificare e attuare una o più misure di abbattimento del black carbon». Prior aggiunge: «L’Artico sta cambiando sotto i nostri occhi e quei cambiamenti avranno ripercussioni su tutti noi. Il contributo del black carbon al riscaldamento globale, soprattutto quando emesso vicino a neve e ghiaccio, è significativo ed è imperativo che tutte le fonti vengano eliminate rapidamente».

La Clean Arctic Alliance chiede all’Imo e ai suoi Paesi membri di «Ridurre ed eliminare urgentemente le emissioni di black carbon delle navi che operano all’interno o vicino all’Artico. Passando dall’HFO o dai combustibili a bassissimo tenore di zolfo (VLSFO) a combustibili alternativi più puliti, le emissioni di black carbon possono essere ridotte del 30 – 45%. Quindi l’installazione di un efficiente filtro antiparticolato aumenterà la riduzione delle emissioni di black carbon di oltre il 90%».