Le piante delle Alpi sono in fuga dal caldo

La maggioranza delle piante delle Alpi nord orientali italiane si sposta verso quote più alte come risposta ai cambiamenti climatici

[16 Marzo 2023]

Lo studio “Red-listed plants are contracting their elevational range faster than common plants in the European Alps” <, pubblicato su PNAS da  Lorenzo Marini e Costanza Geppert del Dipartimento di agronomia, animali, alimenti, risorse naturali e ambiente dell’università di Padova e da  Alessio Bertolli e Filippo Prosser, botanici della Fondazione Museo Civico di Rovereto, si occupa delle variazioni della distribuzione geografica delle piante alpine in base ai cambiamenti a lungo termine delle temperature e o ha monitorato non solo la presenza, ma anche la tipologia (autoctona comune, autoctona rara e aliena) della flora nelle Alpi Nord-orientali italiane.

Dalla ricerca emerge che «In questi tre decenni vi è stato uno spostamento verso quote più alte delle popolazioni di piante. Eppure la distribuzione delle specie autoctone rare non si è espansa verso l’alto in concomitanza con i cambiamenti climatici, ma si è, anzi, contratta. Infine le piante aliene, invece, si sono diffuse rapidamente a quote più alte spostandosi con la stessa velocità del riscaldamento climatico pur mantenendo la loro presenza anche a valle».

Lo studio dimostra che la flora alpina sta vivendo un profondo mutamento: « Alcune popolazioni di piante, per effetto del cambiamento climatico, sono sottoposte a temperature troppo alte per la loro sopravvivenza – spiegam no i ricercatori – Per questa ragione alcune specie “migrano” a quote più alte, dove si trovano condizioni termiche più fredde. Tuttavia non è solo l’innalzamento della temperatura a sconvolgere la flora alpina, anche l’attività dell’uomo ha un importante impatto poiché a valle si concentrano le attività antropiche e vi è maggiore è una pressione sull’ambiente.Il paesaggio alpino ha subito importanti trasformazioni negli ultimi anni: sono aumentate a valle le aree urbane o agricole e, parallelamente, sono stati abbandonati i prati semi-naturali – non sfruttabili da un’agricoltura sempre più intensiva – a quote intermedie».

Per calcolare la velocità di risalita delle piante, prima di tutto i ricercatori hanno stimato, per ogni specie, la distribuzione di densità (probabilità) in cui si verificava il fenomeno ed evidenziano che «Il margine caldo è stato collocato nel 10% (quantile) della distribuzione, quello freddo nel restante 90%. Lo spostamento è stato misurato raffrontando (in sottrazione) i quantili storici del periodo 1990-2004 da quelli attuali 2005-2019.

Nello studio sono state considerate aliene le specie consolidate introdotte dall’uomo in Europa da un altro continente dopo il XVI secolo e, negli ultimi 30 anni, il Sorghum halepense ha spostato il margine freddo della sua distribuzione verso quote più elevate con una velocità di circa 4 metri l’anno.

Anche le specie comuni autoctone non inserite nella lista rossa Iucn si sono spostate verso quote più elevate, ma i ricercatori fanno notare che «Questo movimento, però, non è stato omogeneo. Un esempio può essere il Bromus erectus che si è spostato di circa 3 metri l’anno al margine freddo e 5 metri l’anno al margine caldo, restringendo, quindi, la sua distribuzione totale. La Pulsatilla montana, specie rara, non ha conquistato quote più elevate ma ha, anzi, retratto la sua distribuzione storica di circa 50 metri».

La Geppert, prima autrice dello studio, sottolinea che «In ecologia è raro poter esaminare dati con una buona risoluzione spaziale e temporale. In questo studio abbiamo potuto analizzare i cambiamenti di distribuzione di più di un milione di record di 1.479 specie alpine in un periodo di trent’anni I valori sono stati registrati con dei rilievi floristici in campo dal team di botanici della Fondazione Museo Civico di Rovereto che ha mappato per più di trent’anni le specie presenti nella provincia di Trento. Dalla nostra analisi sono emersi risultati allarmanti: le piante rare sono in diminuzione».

Marini, coordinatore dello studio, aggiunge: «La rapida perdita delle aree di distribuzione specifica delle piante rare si è verificata in zone in cui le attività umane e le pressioni ambientali sono elevate. Questo ci suggerisce che bisognerebbe proteggere anche alcune aree a valle e non solo le zone d’alta quota più remote. Quello che abbiamo fatto è stato misurare l’abilità a competere, anche con l’uomo, delle specie vegetali. Le piante aliene in condizioni di disturbo – per fertilizzazione, rimozione della vegetazione residente per la costruzione di una casa, una strada o un parcheggio – sono molto veloci a crescere e sfruttare le risorse presenti, sottraendole alle altre specie autoctone. Dal nostro studio è emerso che proprio nelle aree più antropizzate e disturbate le piante aliene sono particolarmente abili a competere con le altre specie».

Prosser e Bertolli, che hanno coordinato i rilievi di campo, concludono: «Sono numerose le specie floristiche minacciate legate agli ambienti agricoli tradizionali e a prati e pascoli – osservano Filippo Le zone aperte rischiano di scomparire poiché nelle aree più acclivi e scomode sono in fase di abbandono, mentre in quelle pianeggianti vicino alle strade sono soggette a sempre più eccessive concimazioni e pascolamenti, che determinano una banalizzazione della componente floristica. Il pericolo è perdere specie davvero uniche e preziose per la biodiversità delle nostre Alpi».