Le ondate di caldo marine sono dovute all’attività umana e sono 20 volte più frequenti

Se non ci poniamo obiettivi climatici ambiziosi, scompariranno alcuni preziosi ecosistemi marini

[1 Ottobre 2020]

Secondo lo studio “High-impact marine heatwaves attributable to human-induced global warming”, pubblicato su Science da Charlotte Laufkötter, Jakob Zscheischler, Thomas Frölicher dell’Oeschger-Zentrums für Klimaforschung (OCCR) dell’Universität Bern, a causa dell’attività antri opica, le ondate di caldo nei mari del mondo sono diventate 20 volte più frequenti, distruggendo gli ecosistemi marini e con conseguenze nefaste sulla pesca.

I ricercatori svizzeri  spiegano che «Quando la temperatura dell’acqua è insolitamente alta per un lungo periodo di tempo in una data regione di misurazione, si parla di ondata di caldo marina. Negli ultimi anni, queste ondate di caldo hanno alterato in modo significativo gli ecosistemi di alto mare e costieri. L’elenco delle conseguenze negative è lungo: le ondate di caldo marine possono portare a un aumento della mortalità di uccelli, pesci e mammiferi marini, alla proliferazione di alghe tossiche e ad una forte riduzione delle risorse alimentari negli oceani. Inoltre, le ondate di caldo  causano lo sbiancamento dei coralli, lo spostamento delle comunità ittiche e contribuiscono potenzialmente alla graduale scomparsa del ghiaccio marino».

Il team guidato dall’oceanologa Laufkötter è ora in grado di dire in che misura il riscaldamento globale indotto dall’uomo abbia influenzato le grandi ondate di caldo marine negli ultimi 10 anni ed evidenzia che «La probabilità che tali eventi siano la conseguenza del riscaldamento globale è aumentata notevolmente». Lo studio  ha dimostrato che le ondate di caldo marine durano molto più a lungo e che negli ultimi 40 anni sono diventate più gravi.

La Laufkötter ricorda che «Le ultime ondate di caldo hanno avuto conseguenze disastrose per gli ecosistemi marini che ora necessitano di un lungo periodo di recupero, se possono riprendersi»

Per la sua ricerca, il team bernese si è basato su misurazioni satellitari della temperatura della superficie del mare effettuate tra il 1981 e il 2017 ed è emerso che «Le 27 grandi ondate di caldo che si sono verificate durante il primo decennio studiato duravano urato in media 32 giorni. Hanno raggiunto temperature massime di 4,8 gradi Celsius superiori alla temperatura media osservata per molti anni». Nell’ultimo decennio studiato, si sono verificati 172 grandi ondate di caldo marine che «sono durate in media 48 giorni e che hanno raggiunto punte di 5,5 gradi sopra la temperatura media osservata per molti anni». Solitamente, le temperature misurate in mare variano molto poco e i ricercatori evidenziano che «Le variazioni di 5,5 gradi nell’arco di diverse settimane su un’area di 1,5 milioni di chilometri quadrati – un’area 35 volte più grande della Svizzera – costituiscono un cambiamento straordinario nelle condizioni di vita degli organismi marini».

I ricercatori dell’università di Berna hanno cercato di cosa fosse la causa principale delle 7 ondate di caldo che hanno avuto il maggiore impatto e, utilizzando studi statistici e simulazioni climatiche, hanno valutato «la misura in cui il riscaldamento globale indotto dall’uomo era responsabile del verificarsi di condizioni meteorologiche e meteorologiche estreme». Gli studi di attribuzione dimostrano che «La frequenza degli eventi estremi è cambiata come risultato delle attività umane».

A causa delle attività antropiche, le grandi ondate di caldo marine sono 20 volte più frequenti che nel passato: «In epoca preindustriale – spiegano ancora gli scienziati svizzeri – comparivano ogni secolo o ogni millennio e in futuro saranno sempre più frequenti con il progredire del riscaldamento globale. Se riusciamo a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi, le ondate di caldo si verificheranno una volta ogni 10 anni o un secolo. Tuttavia, se le temperature aumentano di 3 gradi, i mari del mondo sperimenteranno queste situazioni estreme ogni anno o ogni dieci 10 anni».

La Laufkötter conclude: «Obiettivi ambiziosi sono assolutamente essenziali per ridurre il rischio di ondate di caldo mai viste prima. Questo è l’unico modo in cui possiamo evitare la scomparsa permanente di alcuni preziosi ecosistemi marini».