Le ondate di caldo estremo ignorate dell’Africa

Anche se l’Africa sub-sahariana è un hotspost delle ondate di caldo, praticamente non esistono dati

[16 Luglio 2020]

Secondo lo studio “Reconciling theory with the reality of African heatwaves”, pubblicato su Nature Climate Change da Luke Harrington  e Friederike Otto dell’Environmental Change Institute dell’università di Oxford  «Gli eventi di caldo estremo nell’Africa sub-sahariana stanno rapidamente peggiorando a causa dei cambiamenti climatici, ma i dati suggeriscono che non stanno accadendo». Una mancata registrazione che mette in dubbio l’efficacia degli sforzi globali per combattere i cambiamenti climatici.

Harrington spiega che «I dati ufficiali mostrano che, da oltre 100 anni. nell’Africa sub-sahariana non ci sono stati impatti significativi rispetto alle ondate di caldo, nonostante si tratti letteralmente di un hotspot  per l’attività delle ondate di caldo». Infatti, lo studio ha identificato la quasi assenza di eventi di ondate di caldo nell’Africa sub-sahariana nei database dei disastri e i ricercatori evidenziano che «Questo significa che gli impatti delle ondate di caldo – compresi i decessi dovuti al calore – non sono stati segnalati, mettendo a rischio la popolazione. I piani d’azione per le ondate di caldo e i sistemi di allarme rapido sono preziosi per mitigare gli impatti delle temperature estreme. Ma, senza registri accurati, tale lavoro può essere compromesso».

Harrington aggiunge: «Sia le osservazioni del mondo reale   che la modellizzazione climatica mostrano l’Africa sub-sahariana come un hotspot per l’attività delle ondate di caldo. Ma queste ondate di calore non vengono registrate nei database dei disastri. E’ come se non fossero avvenute, ma sappiamo che ci sono state».

Otto sottolinea che «L’Africa sub-sahariana subirà un impatto sproporzionato a causa del peggioramento delle ondate di caldo, risultante dai cambiamenti climatici. L’attuale mancanza di dati sta danneggiando direttamente la capacità della regione di prepararsi. Mentre i dati e le informazioni da soli non porteranno a una maggiore resilienza, l’assenza di dati rende molto difficile prepararsi agli impatti del caldo estremo, e questo è particolarmente vero per una delle regioni in più rapida evoluzione al mondo».

Il nuovo studio dimostra che negli ultimi 120 anni solo due ondate di caldo nell’Africa sub-sahariana sono state elencate nell’Emergency Events Database (EM-DAT) che è il catalogo più completo degli impatti degli eventi meteorologici estremi a livello globale. Al contrario,  negli ultimi 40 anni sono state elencate 83 ondate di caldo in Europa, eventi che hanno provocato oltre 140.000 morti e circa 12 miliardi di dollari danni. In Europa, i piani di azione per il caldo  vengono attivati ​​quando si prevede che le temperature siano alte per più di tre giorni di fila. Nell’Africa sub-sahariana nel 1992, un periodo di caldo estremo è durato più di 4 mesi. Eppure, di quell’evento non ci sono registrazioni EM-DAT.

Numerosi fattori contribuiscono alla disparità nei tassi di segnalazione delle ondate di calore. Nell’Africa sub-sahariana, ci possono essere scarsità di dati meteorologici, governance più deboli e mancanza di risorse istituzionali. Intanto, i governi europei hanno sviluppato sistemi per segnalare le ondate di caldo in modo sempre più dettagliato, contribuendo a ridurre gli impatti quando si verificano eventi così estremi.

Mohamed Adow, direttore di Power Shift Africa, un think-tank di Nairobi che si occupa di clima ed energia, ha commentato così i risultati dello studio: «C’è un detto filosofico:” Se un albero cade in una foresta e nessuno è in giro per sentirlo, fa rumore? ” Le persone in Africa sono certamente consapevoli del crescente numero di ondate di caldo, ma se non vengono registrate dagli scienziati, sarà molto più difficile per le voci africane essere ascoltate nel dibattito sul clima. Nonostante sia il continente più colpito dalla crisi climatica, le voci africane sono già emarginate. La mancanza di dati scientifici lo sottolinea solo. E’ fondamentale che le ondate di caldo  africane vengano  registrate, per indirizzare l’azione sia dei governi africani che dei leader internazionali. L’Africa è il canarino nella miniera di carbone quando si tratta di cambiamenti climatici. Ma se non sappiamo davvero quanto sta soffrendo il canarino, non va bene nemmeno per il canarino o per il resto del mondo».