Una realtà studiata per la prima volta in dettaglio grazie anche a ricercatori italiani

Le acque più calde provenienti dall’Atlantico stanno sciogliendo i ghiacci dell’Artico

Le regioni più direttamente interessate sono quelle dei mari di Barents e di Kara, e dei mari di Groenlandia, Islanda e Norvegia

[20 Agosto 2019]

Nell’ultimo mese i ghiacci dell’Artico hanno toccato un nuovo record negativo, infrangendo quello del luglio 2012: la copertura del ghiaccio marino è arrivata al 19,8% sotto la media, e non c’è da stupirsi. Come testimoniano i dati Noaa luglio 2019 è il mese più caldo mai registrato al mondo, e rappresenta al contempo il 415° mese consecutivo con temperature globali superiori alla media: un surriscaldamento accelerato del pianeta che dunque, sull’onda dei cambiamenti climatici, prosegue dal 1985 ma con impatti diversificati sul territorio. L’Artico rientra tra le aree più fragili, e allo scioglimento dei suoi ghiacci concorrono più fattori: tra le cause ci sono acque più calde che dal Nord Atlantico muovono verso di loro, come documenta in dettaglio un nuovo studio realizzato da un team di ricercatori europei, tra cui Dorotea Iovino e Alessio Bellucci, ricercatori del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc).

«Con il progetto Primavera, che rappresenta la parte europea e il ‘cervello’ di uno sforzo internazionale (HighResMIP, che partecipa al Coupled Model Intercomparison Project 6, in supporto dell’IPCC), è stato possibile – spiega Bellucci – analizzare per la prima volta in modo sistematico l’impatto della risoluzione dei modelli climatici (ovvero, la loro capacità di rappresentare fenomeni a scale via via più raffinate) su diversi processi cruciali per la dinamica del clima globale».

Nello studio Impact of model resolution on Arctic sea ice and North Atlantic Ocean heat transport, pubblicato su Climate Dynamics, si documenta infatti che la perdita sempre più veloce di ghiaccio marino nell’Artico è in parte dettata dal crescente apporto di calore determinato dalle correnti marine che dall’oceano Atlantico trasportano acque più calde verso le alte latitudini. «Sappiamo –  continua Bellucci – che il trasporto di acque più calde provenienti dall’Atlantico è uno dei fattori responsabili della riduzione dei ghiacci artici osservata negli ultimi decenni. Grazie all’analisi coordinata di esperimenti condotti con 5 diversi modelli (tra cui il modello del CMCC), utilizzando un protocollo sperimentale concordato, è stato possibile studiare per la prima volta nel dettaglio l’impatto della risoluzione dei modelli sulla rappresentazione dell’interazione tra ghiaccio marino e circolazione oceanica. In tale contesto, si è visto, in particolare, che il grado di realismo nella rappresentazione dei processi oceanici gioca un ruolo primario, mentre il ruolo della risoluzione dei processi atmosferici appare più incerto».

Adesso possiamo dunque comprendere meglio il rapporto tra oceano, ghiaccio e clima, e in particolare di quei fenomeni che governano il cambiamento climatico nell’Artico: i risultati dello studio evidenziano chiaramente come l’estensione e lo spessore del ghiaccio si riducano fortemente all’aumentare dell’apporto di acque calde dall’Atlantico, specialmente a nord di 60°N. Le regioni dell’Artico che appaiono più direttamente interessate dal fenomeno sono quelle dei mari di Barents e di Kara, e dei mari di Groenlandia, Islanda e Norvegia (settore Atlantico del Mar Glaciale Artico), che per primi ricevono questo afflusso di acque calde dall’Atlantico.