La risposta alla crisi climatica in Africa non corrisponde all’entità della sfida

Martha Ama Akyaa Pobee: «Non possiamo sperare di raggiungere una pace duratura se non raggiungiamo i nostri obiettivi climatici»

[13 Ottobre 2022]

Durante un dibattito organizzato dal Gabon al Consiglio di sicurezza dell’Onu sul rafforzamento della risposta agli impatti dei cambiamenti climatici sulla pace e la sicurezza in Africa, la segretaria generale aggiunto per l’Africa, Martha Ama Akyaa Pobee ha evidenziato che «L’emergenza climatica è un pericolo per la pace. E sebbene non vi sia un legame diretto tra cambiamento climatico e conflitto, il cambiamento climatico esacerba i rischi esistenti e ne crea di nuovi».

La Pobee ha ricordato che «L’Africa, il continente con le emissioni totali di gas serra più basse, vede temperature in aumento più velocemente della media globale. L’Africa è in prima linea nella crisi in corso.

Da Dakar a Gibuti, la desertificazione e il degrado del suolo portano alla competizione per le risorse ed erodono i mezzi di sussistenza e la sicurezza alimentare per milioni di persone. Nel grande Corno d’Africa, una devastante siccità costringe le famiglie ad allontanarsi dalle proprie case. Nel Sahel i conflitti per le risorse si stanno intensificando. Gli estremisti violenti li stanno sfruttando abilmente per i propri fini. Per sostenere il continente africano nell’affrontare l’impatto del cambiamento climatico sulla pace e la sicurezza, dobbiamo agire su più fronti. Non possiamo più permetterci il business as usual. Indubbiamente, abbiamo bisogno di un’azione ambiziosa per il clima e di accelerare l’attuazione dell’Accordo di Parigi. Guardiamo alla COP27 a Sharm el-Sheikh a novembre, una COP africana e focalizzata sull’Africa, per impegni significativi da parte dei maggiori emettitori. Non possiamo sperare di raggiungere una pace duratura se non raggiungiamo i nostri obiettivi climatici».

Per la segretaria generale aggiunto Onu per l’Africa, ci sono tre priorità d’azione: «Primo, dobbiamo aumentare la nostra capacità di analisi del rischio e integrare la lente climatica nei nostri sforzi di prevenzione dei conflitti, pacificazione e costruzione della pace. Questo richiede più dati e migliori. Con l’aiuto dei partner per l’innovazione, stiamo attingendo a nuovi strumenti per comprendere meglio le proiezioni e le tendenze climatiche, al fine di rafforzare la nostra capacità di analisi e di allerta precoce.

In Africa centrale, ad esempio, stiamo lavorando per sviluppare un satellite-powered dashboard per fornire nuove informazioni sulla disponibilità di acqua e avere una migliore comprensione dell’intersezione tra transumanza, cambiamento climatico e conflitto.Questo tipo di lavoro non sarebbe possibile senza i consulenti per il clima, la pace e la sicurezza schierati nelle regioni vulnerabili dal punto di vista climatico per aumentare la capacità delle missioni sul campo delle Nazioni Unite. Sia la nostra analisi che il nostro impegno che ne deriva devono diventare più focalizzati a livello regionale. Il cambiamento climatico non conosce confini. Le sue implicazioni per la pace e la sicurezza tendono ad essere più importanti nelle aree di confine, che richiedono la condivisione transfrontaliera delle risorse o la mobilità umana. Tuttavia, gli sforzi di costruzione della pace esistenti sono spesso interamente basati su singoli Paesi piuttosto che riflettere questa dimensione regionale. E’ ora di cambiarlo. In Africa centrale il nostro ufficio regionale, l’UNOCA, all’inizio di quest’anno ha completato una valutazione delle implicazioni del cambiamento climatico per la pace e la sicurezza in tutta la regione. Tra le sue raccomandazioni, la valutazione ha sottolineato la necessità di una collaborazione sistematica, cooperazione e partenariato sulla sicurezza climatica a livello subregionale. A tal fine, sono necessari sforzi per sviluppare una visione subregionale condivisa e un quadro di governance per istituzionalizzare risposte e interventi congiunti nella subregione a breve, medio e lungo termine. L’ufficio sta ora lavorando con i partner per sostenere lo sviluppo di una strategia subregionale sul cambiamento climatico da parte dell’ Economic Community of Central African States. E in Africa occidentale, l’Ufficio delle Nazioni Unite per l’Africa occidentale e il Sahel sta lavorando a stretto contatto con l’Economic Community of West African States sulle buone pratiche per prevenire i conflitti tra pastori e allevatori a livello regionale, anche attraverso la riforma della proprietà fondiaria e la comunicazione pubblica».

Il secondo punto prevede che le attività dell’Onu e degli Stati africani per garantire pace e sicurezza mettano al centro le persone: «Dobbiamo imparare da coloro che sperimentano quotidianamente le conseguenze del cambiamento climatico e sfruttare la loro esperienza per sviluppare strategie efficaci di mitigazione del cambiamento climatico e adattamento – ha sottolineato la Pobee – Le donne sono particolarmente vulnerabili agli impatti climatici. Ma sono anche agenti essenziali del cambiamento. Spesso possiedono conoscenze uniche che possono aiutare a ridurre le tensioni e rafforzare la coesione sociale, portando a risultati di pace più sostenibili a beneficio delle persone. In Niger, ad esempio, il Peacebuilding Fund del Segretario Generale ha sostenuto i comitati territoriali locali accompagnati da donne mediatrici che hanno aiutato a risolvere i conflitti comunitari legati all’uso del suolo e alla gestione delle risorse naturali. Anche i giovani sono attori chiave che guidano azioni innovative per il clima e la costruzione della pace. Vediamo il loro attivismo in tutta l’Africa e abbiamo ascoltato la loro testimonianza in quest’Aula. Le azioni che intraprendiamo oggi per affrontare i legami tra cambiamento climatico, pace e sicurezza daranno forma al loro futuro».

La terza priorità è quella di cogliere le opportunità per l’azione climatica e la costruzione della pace perché si rafforzino a vicenda. La Pobee ha ricordato che il segretario generale dell’Onu, António Guterres, lo ha sottolineato più volte: «La costruzione della pace e l’azione climatica condividono molti degli stessi obiettivi, vale a dire società resilienti, giuste e inclusive. Politiche coerenti fanno bene al clima e alla pace. A questo proposito, l’Ufficio delle Nazioni Unite per l’Africa occidentale e il Sahel sta ampliando la propria capacità di fornire consulenza ai partner sulle strategie di mitigazione climatica e di adattamento sensibili ai conflitti. Questo impegno aiuterà a sviluppare i meccanismi per garantire che gli investimenti nell’adattamento e nella resilienza raggiungano le persone più vulnerabili e colpite dai conflitti. Anche il Peacebuilding Fund sta adottando sempre più una lente climatica: dal 2017 il Fondo ha investito oltre 85 milioni di dollari in oltre 40 progetti sensibili al clima.  Un esame dei progetti del Fondo attualmente in corso fornirà indicazioni preziose per gli sforzi futuri».

La segretaria generale Onu aggiunta per l’Africa ha concluso: «Fondamentali per questa ambiziosa agenda sono i partenariati multidimensionali che collegano il lavoro delle Nazioni Unite, delle organizzazioni regionali, degli Stati membri, delle istituzioni finanziarie internazionali, della società civile, del settore privato, nonché dei ricercatori internazionali e locali. Le Nazioni Unite si impegnano ad ampliare le partnership esistenti ea crearne di nuove. Abbiamo istituito, all’interno del nostro sistema, il Climate Security Mechanism – un’iniziativa congiunta tra il Department of Political and Peacebuilding Affairs, il Department of Peace Operations, l’United Nations Environment Programme e l’United Nations  Development Programme – per affrontare in modo più sistematico i rischi per il clima, la pace e la sicurezza. Portare avanti un impegno di collaborazione internazionale è un’impresa significativa. Richiederà a tutti noi di lavorare insieme, in modi nuovi e senza precedenti.  Guardiamo ai paesi e alle regioni colpiti per guidarci in questi sforzi. La leadership dell’Africa è essenziale. La nostra risposta oggi non corrisponde all’entità della sfida che stiamo affrontando. Agiamo più velocemente. Attendiamo con impazienza ulteriori partnerships i e collaborazioni a tutti i livelli».

Parlando dei rischi del cambiamento climatico per gli Stati africani, anche Tanguy Gahouma, ex presidente del gruppo africano di negoziatori sui cambiamenti climatici, ha  fatto notare «La prevalenza delle forze di pace Onu che ora operano in aree ad alto rischio climatico. Inoltre, mentre l’economia africana può beneficiare sia delle abbondanti risorse naturali del continente che della sua fascia demografica giovanile, gli Stati continuano a rimanere marginali nel commercio e nella finanza globale».

Patrick Youssef, direttore regionale per l’Africa dell’International Committee of the Red Cross, ha ricordato che, «Per quanto i soccorritori in prima linea siano importanti per affrontare le minacce climatiche, non ci si può aspettare che gli operatori umanitari siano anche operatori di pace. Mentre il danno ambientale rimane una “vittima silenziosa” della guerra, suggerisco di mettere il conflitto sotto una lente per le interazioni in contesti colpiti dal clima».

il ministro degli esteri del Gabon, Michaël Moussa Adamo, che ha presieduto il meeting, ha messo in evidenza «Gli ostacoli nell’assicurare finanziamenti per il popolo. Gli impatti sul clima e i conflitti che spesso ne derivano pongono pesanti oneri sui bilanci nazionali già stressati» e ha avvertito che «Le guerre future non si combatteranno per il petrolio e l’oro, ma per l’accesso all’acqua e al cibo. Le minacce climatiche in un’area minacciano le altre, anche i Paesi che hanno un’abbondante copertura di foresta pluviale».