La finanza globale continua a sostenere i combustibili fossili. Re:Common e Greenpeace: Generali e Intesa seguano l’esempio di Unicredit

E nel Regno Unito 3 ONG chiedono a governo e Banca d’Inghilterra di non finanziare più le industrie fossili

[25 Febbraio 2021]

Secondo la ricerca “Financial Backers of Global Coal”, pubblicata oggi da Urgewald, Re:Common e altre 27 ONG internazionali, «A cinque anni dall’Accordo di Parigi sul clima, il supporto della finanza globale al settore del carbone non è affatto diminuito e, ad oggi, ammonta a più di mille miliardi di dollari».

La ricerca, aggiornata a gennaio 2021, è la prima in assoluto che tenta di analizzare l’esposizione di banche commerciali e investitori nei confronti dell’industria del carbone ed esamina i flussi finanziari destinati alle 934 società del settore del carbone presenti sulla Global Coal Exit List.

Re:Common e Greenpeace Italia sottolineano che i dati del nostro Paese sono parzialmente in controtendenza: «L’esposizione al carbone dei principali attori quali UniCredit, Assicurazioni Generali e Intesa Sanpaolo inizia a diminuire, dopo aver toccato il suo apice nel 2019. La posizione di avanguardia spetta a Unicredit che, di recente, ha deciso di adottare una politica che entro il 2028 dovrebbe progressivamente azzerare qualsiasi finanziamento a progetti e società coinvolte nel business del carbone. Generali prosegue nel suo disinvestimento dall’industria carbonifera, sulla scia degli impegni presi nel 2018. Una fuoriuscita dal settore che procede tuttavia troppo a rilento, perché gli investimenti nel settore ammontano ancora a più di 200 milioni di dollari, di cui il 10% in ČEZ e PGE, società che stanno ostacolando la transizione energetica rispettivamente in Repubblica Ceca e Polonia. Nonostante la ricerca si focalizzi solamente sugli investimenti, bisogna anche tenere in considerazione i contratti assicurativi ancora in essere stipulati dal Leone di Trieste con le due società, che aggravano ulteriormente la sua posizione. Sorprendentemente, tra il 2019 e il 2020 Intesa Sanpaolo ha diminuito i prestiti al carbone di circa il 70%, nonostante una delle policy settoriali più deboli in Europa. Un risultato importante, ottenuto grazie alla pressione esercitata nell’ultimo anno da Greenpeace e Re:Common».

Per Re:Common «E’ ora che Intesa sostenga questi passi con l’adozione di una policy sul carbone robusta come quella di UniCredit. E’ l’unica maniera per evitare che il sostegno al carbone torni a crescere in futuro, e anzi diminuisca costantemente fino ad azzerarsi entro il 2030».

Le due organizzazioni ricordano che «Se la Conferenza sul clima di Glasgow del 2020 si fosse tenuta regolarmente – è stata rinviata al 2021 per l’emergenza pandemica – avrebbe visto la finanza globale tra i principali imputati per la crisi climatica in corso. Il 17% degli oltre mille miliardi investiti è imputabile ai colossi statunitensi Vanguard e BlackRock e, tra azioni e bond, gli Stati Uniti pesano per più della metà degli investimenti globali, circa 602 miliardi di dollari. Anche le banche commerciali non hanno fatto certo di meglio e nel biennio successivo al report IPCC del 2018 hanno erogato 315 miliardi di dollari all’industria del carbone. In prima fila tre istituti di credito giapponesi: Mizuho (22 mld), Sumitomo Mitsui (21 mld), Mistubishi UFJ (18 mld)».

Greenpeace Italia conclude: «Nell’anno della COP26, co-presieduta dall’Italia, e del G20 di Roma, la finanza italiana non può tirarsi indietro e deve dare un chiaro segnale. Gli occhi del mondo saranno puntati sul nostro Paese in materia di clima, ambiente e transizione ecologica».

E proprio nel Paese che ospiterà la Cop26 Unfccc, il Regno Unito, Positive Money, SumOfUs e 350.org hanno consegnato al  cancelliere britannico: Rishi Sunak e al governatore della Banca d’Inghilterra Andrew Bailey la petizione “Tell the Bank of England to cut off the money pipeline to filthy fossil fuels #GreenTheBoE”, firmata da quasi 65.000 persone,  che esorta Sunak ad assicurarsi che la Banca d’Inghilterra e le banche che regolamenta smettano di finanziare la crisi climatica.

Hannah Dewhirst, di Positive Money, ha evidenziato che «La Banca d’Inghilterra e il sistema finanziario che regolamenta stanno attualmente finanziando un disastro climatico catastrofico, che vedrà ancora una volta la gente comune in Gran Bretagna e in tutto il mondo pagare il prezzo della sconsideratezza dei banchieri. La quantità di denaro che, dall’accordo di Parigi nel 2015, le banche britanniche hanno riversato nell’energia sporca sarebbe sufficiente per alimentare tre volte con energie rinnovabili ogni casa del Regno Unito. In questo bilancio, Rishi Sunak ha un’enorme per fare in modo che la Banca d’Inghilterra agisca nell’interesse di tutti. Bloccando il flusso di miliardi verso i combustibili fossili sporchi e investendo invece in progetti ecologici per la creazione di posti di lavoro, possiamo garantire che la Gran Bretagna dia l’esempio in vista del vertice sul clima della COP26 a Glasgow questo novembre».

Il cancelliere della Corona, che la prossima settimana presenterà il bilancio del Fregno Unito, dovrebbe  apportare aggiornamenti molto attesi al mandato della Banca d’Inghilterra per includere una maggiore attenzione al clima. Al momento non è chiaro esattamente come sarà questo cambiamento di mandato, ma gli attivisti chiedono che la Banca d’Inghilterra smetta di sovvenzionare le industrie più sporche attraverso le sue politiche, come il suo programma di acquisto di obbligazioni societarie da 20 miliardi di sterline, che  porterebbe a un riscaldamento di 3,5° C e che prevede di acquistare debito emesso da multinazionali petrolifere del calibro di Shell e BP. Le Tre ONG dicono che la Banca d’Inghilterra dovrebbe utilizzare il suo kit di strumenti normativi per impedire alle banche britanniche di versare miliardi di sterline in progetti di combustibili fossili e che invece diovrebbe lavorare col ministero del Tesoro per sostenere gli investimenti in progetti sostenibili, per creare posti di lavoro puliti, contribuendo a finanziare una National Infrastructure Bank e introducendo incentivi verdi al suo Term Funding Scheme, che fornisce finanziamenti più economici a istituti di credito.

La petizione fa seguito a una lettera inviata a Sunak a novembre da 125 esperti  che delineava tre modifiche chiave agli schemi esistenti della Bank of England per consentire alla banca centrale britannica di sostenere una ripresa pot-Civid più equa e più green. La Banca d’Inghilterra può svolgere un ruolo fondamentale nel garantire che centinaia di miliardi di sterline vengano spostati dai combustibili fossili alla transizione verde, ma è in ritardo rispetto alle banche centrali di altri Paesi,  come Svizzera e Svezia, che hanno iniziato a escludere le attività non sostenibili dalle loro operazioni di politica monetaria che modellano il mercato.

La scorsa settimana, in vista della in vista della COP26 Unfccc,  i parlamentari dell’Environmental Audit Committee (EAC), presieduto dai conservatori, hanno chiesto al governo di aggiungere obiettivi per il clima e la natura al mandato della Banca d’Inghilterra, per consentire alla Banca di adottare misure per allineare i suoi corporate bond  high-carbon  all’obiettivo di 1.5° C dell’accordo di Parigi.

Secondo Anna Vickerstaff, di 350.org, «Le banche britanniche sono le peggiori in Europa per il finanziamento dei combustibili fossili, con Barclays e HSBC che da sole, da quando il Regno Unito ha firmato l’accordo di Parigi nel 2015, hanno versato oltre 145 miliardi di sterline in progetti di energia sporca. Le banche che operano nel Regno Unito stanno alimentando la crisi climatica finanziando i fossili, alimentando progetti dall’Argentina al Mozambico, progetti che calpestano i diritti degli indigeni, distruggono i mezzi di sussistenza e danneggiano irreparabilmente le comunità. La Banca d’Inghilterra deve tagliare il flusso di finanziamenti ai combustibili fossili e incanalare i fondi verso la ricostruzione di un’economia che funzioni per le persone, non per gli inquinatori. Ciò significa rafforzare il settore sanitario e assistenziale, fornire un programma di investimenti audace e ambizioso per affrontare la disuguaglianza e garantire un ambiente pulito come diritto umano fondamentale».

Eoin Dubsky, di SumOfUs, ha dconcluso: «In quanto organismo che sovrintende al nostro sistema bancario e monetario, la banca centrale britannica ha un ruolo cruciale da svolgere nel garantire che siamo in grado di finanziare una ripresa verde equa da questa crisi. La Banca d’Inghilterra e le banche che regola stanno finanziando un riscaldamento globale catastrofico di oltre 3,5° C, di gran lunga superiore al limite di sicurezza di 1,5° C che il Regno Unito si è impegnato a raggiungere attraverso l’accordo di Parigi. Se vuole davvero prendere sul serio la leadership del Regno Unito, Sunak deve assicurarsi che la Banca d’Inghilterra stia mettendo ordine in casa nostra prima del vertice sul clima della COP26 che ospiteremo a novembre».