In Italia è emergenza climatica, Wwf: serve una politica di adattamento strutturata con un piano di investimenti a lungo termine

Greenpeace e Coordinamento no hub del gas: siamo alle tragedie climatiche, bloccare subito le nuove opere "fossili"

[23 Maggio 2023]

Mentre la premier Gorgia Meloni si fa fotografare nel fango in camicia veerde e stivali di gomma a stringere le mani degli alluvionati romagnoli, mentre i suoi ministri ritirano fuori dal cilindro strampalate teorie negazioniste climatiche per giustificare altre colate di cemento, mentre i soldi del PNRR rischiano di affondare nel limaccioso dilettantismo ministeriale della destra e il vicepremier Salvini parla a vanvera di lontre,  il Wwf avverte che «L’ennesima, tragica, alluvione, abbattutasi ancora una volta in Emilia-Romagna, dopo le intense precipitazioni di questi ultimi giorni, dovrebbe spingere le istituzioni, a tutti i livelli, a varare una seria e strutturata politica di adattamento del al cambiamento climatico con una puntuale e corretta manutenzione del territorio».  E ricorda agli smemorati ministri di Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e centristi che «Gli scenari climatici disegnati dagli scienziati ci dicono che fenomeni come quello che si è abbattuto sulla Romagna saranno sempre più frequenti e intensi: il nostro territorio è troppo fragile e non siamo preparati all’aumento esponenziale del rischio. Accanto all’adattamento è indispensabile accelerare l’abbattimento delle emissioni perché di fronte all’escalation di intensità, portata e frequenza dei fenomeni, non ci sarebbe adattamento che tenga».

Il costo di questa politica inadeguata e che ignora la scienza e accusa gli ambientalisti è già notevole e il Panda lo riassume impietosamente: «Dal dopoguerra ad oggi sono stati spesi, secondo alcune stime, oltre 160 miliardi di euro per riparare i danni di alluvioni e frane  e attualmente abbiamo almeno 41.000 chilometri quadrati di aree a pericolosità idraulica e a rischio alluvioni, un territorio vasto quanto l’Emilia-Romagna e l’Umbria messe insieme. Tra le Regioni più a rischio c’è proprio l’Emilia-Romagna con 4.316 chilometri quadrati. Nonostante questo, lo Stato, le Regioni e i Comuni continuano a consentire un consumo di suolo senza freni». Le accuse dei ministri meloniani contro gli ambientalisti che impedirebbero di fare infrastrutture e case sono smentite dall’ISPRA  – cioè dell’Ente scientifico di cui si avvale il governo – che nel suo ultimo report del 2022 scrive: «Con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno. Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato».

Il Wwf  ribatte alla politica accusatrice mettendola sotto accusa: «Fino ad oggi, però, si è proceduto solo con inutili provvedimenti di emergenza e con le nomine di commissari: commissari regionali straordinari alla siccità, Commissario straordinario nazionale alla siccità, commissari al dissesto idrogeologico, Commissario al servizio idrico, alla depurazione. L’incapacità e la mancanza di volontà delle nostre istituzioni di gestire in modo efficace, unitario e a livello di bacino idrografico, come previsto dalle direttive europee (“Acque” e  “Alluvioni”), è sintetizzata tutta in questa politica “commissariale”, emergenziale e soprattutto inefficace, visto anche quanto sta accadendo».

Secondo quanto detto dall’ISPRA nel 2020, basandosi sui dati della Piattaforma ReNDIS, le risorse necessarie ad affrontare il dissesto idrogeologico sarebbero intorno ai 26 miliardi di euro, una previsione che però sembra molto sottostimata rispetto a quanto indicato nel 2013 dal ministero dell’ambiente che parlava di almeno 40 miliardi per i successivi 10 anni  come budget necessario alla messa in sicurezza del nostro Paese. Il Wwf fa notare che «Servono quindi tante risorse da utilizzare bene e secondo i principi dei Piani di gestione delle acque e dei Piani alluvione, predisposti dalle Autorità di distretto, e secondo gli impegni previsti dalla Strategia europea per la biodiversità che prevede la riqualificazione e la riconnessione di 25.000 km in Europa. In Italia dovremmo quindi impegnarci per almeno 1.500 chilometri di fiumi da rinaturalizzare entro quella data».

Mentre ministri, sottosegretari e capetti di Partito parlano a vanvera di dighe e nuovo cemento per trattenere gli effetti di un cambiamento climatico che ha reso rapidamente obsolete le difese precedenti e messo sott’acqua autostrade e rotatorie, il Panda fa notare che «Le risorse economiche ad oggi stanziate sono del tutto insufficienta far fronte alle esigenze di difesa del suolo e corretta manutenzione del territorio: nel Ddl di bilancio 2023 alla protezione e difesa del suolo e alla tutela dell’assetto idrogeologico si sono destinati per il prossimo anno appena 600 milioni di euro. Mentre è sulla gestione dell’emergenza che l’Italia continua ad investire di più, destinando quasi 722 milioni di euro complessivamente al coordinamento del Sistema di Protezione Civile e alla Protezione Civile di Primo Intervento. La Protezione civile è uno dei servizi più efficienti dello Stato che riesce ad intervenire in modo tempestivo, ma è sbagliato investire più in gestione emergenziale che in prevenzione. Basta quindi Piani nazionali straordinari, Commissari e infrastrutture “strategiche”. Il WWF ritiene fondamentale tornare a una pianificazione ordinaria per far fronte a questa situazione straordinariamente ripetitiva». E in particolare ritiene indispensabile:  Impedire che vi siano ancora vittime in queste situazioni: ad oggi l’ultima alluvione ha causato 14 morti.  Troppo spesso le persone non hanno la percezione di vivere in zone a rischio. È urgente predisporre un piano di informazione ed educazione al rischio: le persone devono essere avvisate in tempo, puntualmente e devono sapere cosa fare, come muoversi, dove andare. Ridare centralità alle Autorità di bacino distrettuale per applicare fino in fondo e correttamente i Piani di gestione Acque e i Piani alluvioni e conferire ai segretari delle Autorità poteri sostitutivi nei confronti dei Governatori regionali e degli enti che non riescono a spendere in tempo gli stanziamenti devoluti per la difesa del suolo. In Emilia-Romagna, tra il 2015 e il 2022, la Regione ha speso 190 milioni di euro per casse di espansione, ma nove opere sono ancora in fase di costruzione, mentre due sono ancora da finanziare: in totale ne funzionano 12 sulle 23 previste.   Avviare in tutta Italia progetti di rinaturazione dei fiumi, sull’esempio del progetto di rinaturazione del Po inserito nel PNRR per 357 milioni di euro su proposta di WWF e ANEPLA di Confindustria. È indispensabile avviare quegli “interventi integrati per ridurre il rischio idrogeologico e per il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d’acqua e la tutela degli ecosistemi e della biodiversità, promuovendo in via prioritaria gli interventi di tutela e recupero degli ecosistemi e della biodiversità”, che le Regioni avrebbero dovuto proporre e realizzare fin dal 2014. Aumentare la dotazione finanziaria annuale per la difesa del suolo e la rinaturazione, possibilmente utilizzando, i fondi del PNRR; Approvare immediatamente il Piano di adattamento al cambiamento climatico con misure effettive da attuare subito; Promuovere un impegno dei comuni ad avviare piani di drenaggio urbano sostenibile per contribuire a una gestione sostenibile della risorsa idrica;  Approvare la legge sul consumo del suolo accantonata da oltre 10 anni e ora assolutamente indispensabile.

Chiara Campione di Greenpeace parla di una tragedia annunciata da 50 anni: «Il dolore per le vittime dell’alluvione in Emilia-Romagna – per i morti, le sofferenze e i danni materiali e morali alla vita quotidiana di decine di migliaia di persone – si appesantisce per la rabbia di un evento ampiamente annunciato. Non si tratta solo dell’allerta meteo (che c’è stata e anche tempestiva), ma del fatto che nel corso dell’ultimo mezzo secolo fenomeni climatici sempre più estremi come questi sono stati previsti, descritti, scientificamente dimostrati. E ignorati». 

Come ha detto Mauro Rossi, ricercatore CNR-IRPI: «Esiste un collegamento tra quanto sta accadendo in queste ore in Emilia-Romagna e le conseguenze del cambiamento climatico». E per la Campione  la nostra responsabilità è duplice: «Abbiamo giocato col clima e straziato in nostri territori con cemento e interventi invasivi. Purtroppo, eventi estremi come quello in corso rischiano di diventare la normalità se non affrontiamo con urgenza le cause della crisi climatica. Non siamo di fronte a semplici episodi di maltempo, ma a vere e proprie tragedie alimentate dal riscaldamento del Pianeta. E ci sono dei responsabili. Continuare a estrarre e bruciare gas e petrolio è un crimine che aggraverà sempre di più l’emergenza climatica, con la perdita di vite umane, la distruzione ambientale, e gravi impatti economici e sociali. Per questo dobbiamo subito mettere fine all’era dei combustibili fossili».

Nel suo blog, Antonello Pasini, fisico del clima del CNR, ha scritto che «Oggi il riscaldamento globale di origine antropica ha fatto mutare non solo le temperature medie, ma anche la circolazione [atmosferica, ndr] nel nostro Mediterraneo». Risultato: fenomeni più intensi e più localizzati, inattesi “cicloni mediterranei».

La Campione apre un altro capitolo dolorosissimo per Giorgia Meloni che negli ultimi mesi ha fatto la pizzista dell’hub italiano del gas in giro per il mondo: «A cos’altro dobbiamo assistere per cambiare strada? La politica sarà in grado di svincolarsi dagli enormi interessi dei padroni delle fonti fossili come ENI, che nei prossimi anni intende mettere in atto un piano – a nostro parere criminale – per aumentare le estrazioni di gas e petrolio, mettendosi finalmente dalla parte dei cittadini? Proprio in Emilia-Romagna, a Ravenna, sta per arrivare una nave rigassificatore e si prospetta, tra qualche anno, l’arrivo di una seconda. I nostri rappresentanti politici hanno chiaro il ruolo del metano nell’alimentare i cambiamenti climatici? Dopo l’inferno climatico che si è scatenato in Emilia Romagna, continueranno a bersi la bufala del gas fossile “amico del clima” mentre corriamo verso il baratro?»

Un allarme condiviso anche dal Coordinamento no hub del gas: «Le drammatiche conseguenze della crisi climatica in atto sono ormai tragicamente evidenti ma nessuno tra ministri e gran parte della classe politica ne trae le dovute conseguenze, ossia che bisogna smetterla con nuove opere fossili come i rigassificatori di Piombino e Ravenna e il nuovo enorme gasdotto della Linea Adriatica tra Sulmona e Minerbio in Emilia Romagna».

Intervistato da Lucia Annunziata il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetici, Gilberto Pichetto Fratin, ha detto che per quanto riguarda la crisi climatica: “La situazione è in enorme cambiamento e lo abbiamo sotto mano. L’impegno da parte nostra a ridurre le emissioni, anche se il peso dell’Italia è meno dell’1% dobbiamo fare la nostra parte». Poi ha partecipato a un convegno del destra-centro che ha tentato di dare la colpa del cataclisma in Emilia-Romagna agli ambientalisti cattivi, o da loft come aveva infelicemente detto qualche giorno prima.

Il Coordinamento no hub del gas ha commentato: «Ci chiediamo se sia lo stesso ministro che promuove queste e altre nuove opere fossili e addirittura propugna il sogno di trasformare l’Italia in un “hub del gas” dell’Europa per i prossimi decenni nonostante il tracollo dei consumi in atto! Nel frattempo centinaia di progetti di rinnovabili sono fermi al ministero che presiede. Queste affermazioni la dicono lunga sul senso di responsabilità di questa classe dirigente che meno di un mese fa festeggiava in pompa magna l’entrata in funzione del rigassificatore di Piombino e 6 mesi fa, con in testa proprio il presidente della Regione Emilia-Romagna Bonaccini, approvava il rigassificatore di Ravenna. Queste opere dovrebbero essere considerate come una iattura e fermate immediatamente perché sono contro tutte le indicazioni degli scienziati del clima: indirizzano l’Italia verso un futuro fossile, un Paese sempre più fragile proprio a causa di queste scelte sbagliate».

Il Coordinamento no hub del gas conclude: «Il nostro pensiero va alle popolazioni colpite dalla crisi climatica e ai nostri amici romagnoli della Campagna Per il Clima Fuori dal Fossile che stanno vivendo l’incubo dell’alluvione dopo aver manifestato contro le opere fossili proprio a Ravenna lo scorso 6 maggio. E’ sconcertante che davanti a questo ennesimo dramma, che segue in meno di un anno quelli della Marmolada, di Ischia e delle Marche, non vi sia un immediato e concreto ravvedimento operoso».